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21 GRAMMI

Pubblicato il 6 gennaio 2004 da Mazzino Montinari


21 GRAMMI

È meglio dirlo subito senza esitare. Il gioco a incastri che ha costruito Alejandro Gonzàlez Iñàrritu con 21 grammi è perfetto, troppo perfetto. E per quanto paradossale possa sembrare, questa compiutezza di natura matematica può rappresentare un difetto. Iñàrritu dietro la macchina da presa si è posto al di sopra del mondo, ha osservato dall’alto l’imponderabilità delle vicende umane e, infine, compiaciuto della sua posizione privilegiata ha rimontato pezzo dopo pezzo una realtà che dapprima si era mostrata in frantumi. Nel realizzare questo mosaico, come ha sottolineato Roberto Pisoni, viene a mancare il “respiro” tra un’immagine e l’altra. È un film da vedere in apnea e nel quale non è dato il dialogo con gli spettatori, trascinati in un giro vorticoso di situazioni che progressivamente procedono verso l’unità della storia. A questo punto, concesso del terreno al “detrattore”, si può tentare di accerchiarlo come i russi fecero con i tedeschi.
Iñàrritu con 21 grammi ha saputo esibire in modo profondo la nostra esistenza che mai si rende comprensibile al presente se non ad un livello superficiale, e che forse resta oscura anche quando si cerca di darne una memoria. 21 grammi non poteva essere montato in modo lineare, perché se è la nostra vita ad essere messa in mostra, allora essa non si dà mai al presente, non ha un ordine cronologico. Quello di Iñàrritu non è un esercizio di stile, non è il classico gioco ad effetto per spiazzare lo spettatore. E poco importa che nella visione manchi il respiro, poiché è l’atto stesso di risalire al senso universale dell’esistenza che toglie il fiato.
E poi per una volta bisognerebbe fare più attenzione ai personaggi e non al loro creatore. Stretti nella morsa di un passato che ormai si è dato e dal quale non si torna indietro, e di un futuro incerto e immerso nelle tenebre, i tre protagonisti - Sean Penn, Naomi Watts e Benicio Del Toro - vagano in un tempo indecifrabile che nel momento stesso in cui sembra essere afferrabile e ordinabile, si dissolve immediatamente. Avanti e indietro, indietro e avanti, nel disperato tentativo di risalire la corrente, di cogliere il senso di quei miseri 21 grammi, il peso dell’anima. Alla fine del gioco, ci accorgiamo che le particolari intenzioni dei tre personaggi poco contavano perché nel mondo non erano soli. E così accade che improvvisamente dopo un tragico incidente d’auto, un ex carcerato torni negli inferi, un padre di famiglia muoia e un uomo risorga e inizi ad amare ma solo per perire nuovamente. Non era necessario che tutto ciò accadesse, ma è accaduto. È la nostra esistenza infinitamente aperta al possibile, che si consuma tra passato e futuro, cercando disperatamente un senso per ciò che di volta in volta compiamo, irrevocabile se guardiamo indietro e imprevedibile se pensiamo alle conseguenze future. Questo perché la nostra vita è sempre tra gli altri. Non siamo mai soli.
Come nel vecchio gioco del telefono senza fili, si pronuncia una parola - proprio quella parola - eppure nessuno garantisce che verrà compresa e chissà alla fine quale altro suono e significato verranno fuori. E’ il nostro stare inesorabilmente in uno stato di radicale contingenza e fragilità, tuttavia è anche la nostra libertà di prendere una direzione - la nostra direzione - tra i molteplici sentieri che ci si prospettano davanti.
Prendere o lasciare, è la nostra vita.

[gennaio 2004]

Cast & Credits:

regia: Alejandro Gonzàlez Iñàrritu; sceneggiatura: Guillermo Arriaga; fotografia: Rodrigo Prieto; montaggio: Stephen Mirrione; musica: Gustavo Santoalalla; interpreti: Sean Penn, Benicio Del Toro, Naomi Watts, Charlotte Gainsbourg, Danny Huston, Clea DuVall, Marc Musso, David Chattam; produzione: Alejandro Gonzàlez Iñàrritu, Ted Hope, Robert Salerno per This is That Production e Y Productions; origine: USA 2003; durata: 125’; web info: www.bimfilm.com

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