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A.C.A.B.

Pubblicato il 27 gennaio 2012 da Simone Isola
VOTO:


A.C.A.B.

C’era attesa per A.C.A.B. Nel marasma di commedie vacanziere e buoniste in molti si aspettavano un pugno nello stomaco, una doccia fredda che ci portasse verso sentimenti diversi, magari più dolorosi. Dopo i successi della serie televisiva di Romanzo criminale, Stefano Sollima approda al cinema con un film crudo e avvincente, tratto dal controverso omonimo romanzo di Carlo Bonini. A.C.A.B mette in scena il cortocircuito odio-solitudine-violenza che scatta nelle viscere di una Roma inconsapevolmente cosmopolita, dove la crisi porta inevitabilmente all’intolleranza e alla disperazione. E disperati sono Cobra (Pierfrancesco Favino), Mazinga (Marco Giallini) e Negro (Filippo Nigro), tre celerini che vivono il proprio lavoro con una dedizione assoluta, quasi mistica. Sono i guardiani di una legge difesa spesso con la violenza e che con violenza viene infranta nei contesti più diversi. Le loro esistenze sono imprigionate in gabbie fatte di onnipotenza e miserie familiari, “raid” da giustizieri e l’impotenza di chi in fondo sa di essere solo pedina di un sistema. Seguono un culto nostalgico del fascismo, fatto di topos come coraggio, azione, intraprendenza, ordine. Coprono le infrazioni reciproche in virtù di un senso di appartenenza ad un gruppo, ad una squadra. La giovane “spina” Adriano viene avvinto da un codice di comportamento forse non scritto ma che va imparato in fretta per entrare nel corpo. E sullo sfondo ci sono sfratti, occupazioni, criminalità, razzismo, le miserie di una società in crisi che scivola verso una violenza cieca e senza futuro. Bastavano già questi elementi a dare al contesto una veridicità sufficiente. Sollima forse è andato oltre, gettando nella trama i fatti di cronaca di questi anni: il G8 di Genova, la fine di Giovanna Reggiani stuprata a Tor di Quinto, la morte dell’ispettore Raciti fuori lo stadio di Catania, l’uccisione del tifoso Gabriele Sandri. Elementi forse superflui, poco genuini, che aggiungono poco ad una trama che non ha bisogno di richiami diretti alla nostra storia. Basta aprire i giornali, respirare il clima che si vive realmente nella città.

Sia chiaro, A.C.A.B. non pone una riflessione: preferisce mostrare, non dimostrare. Un’impostazione che in Italia genera regolarmente la polemica dei “panni sporchi" da non lavare in pubblico. In molti si interrogheranno sulla verosimiglianza del film. Qualcuno si sentirà tirato in causa, forse. Per fortuna esiste anche un cinema che mostra aspetti oscuri della nostra società, che ci sbatte in faccia le storture e i drammi. Sta a noi leggere questa violenza, superarla o rimanerne indifferenti. E’ il moralismo applicato al cinema, uno dei malcostumi che concorrono all’arretratezza culturale del nostro Paese: quello di giudicare un film come una creazione a scopo educativo. Così la nostra società si copre naso, occhi ed orecchie per non vedere il marcio che la compone e si ritrova vittima di un odio che in questi ultimi decenni ha inequivocamente cullato. E’ un sentimento, l’odio, che riempie un vuoto che le tradizionali istituzioni, Stato e Famiglia, non riescono neanche lontanamente a colmare. Un gas tossico che Mazinga, Cobra e Negro respirano a pieni polmoni, allontanandoli dagli affetti, dai figli, dalle famiglie. Li ritroviamo alla fine davanti allo Stadio Olimpico, stretti tra loro, pronti a colpire. Tutti sono contro tutti in modo cieco, a volte incomprensibile. Rumeni contro “negri”, ultras contro poliziotti. Ma c’è anche chi si trova lì solo perché alla ricerca di un lavoro onesto. E lentamente comprende di essersi avventurato in un vicolo cieco. Ma il suo è un percorso duro, doloroso, come quello che ci aspetta nei prossimi anni. Comunque la vogliate mettere, A.C.A.B è un film da vedere. Assolutamente.


CAST & CREDITS

Regia: Stefano Sollima;sceneggiatura: Daniele Cesarano, Barbara Petronio, Leonardo Valenti (tratto dall’opera letteraria “A.C.A.B.” di Carlo Bonini, edita da Giulio Einaudi Editore); montaggio: Patrizio Marone; fotografia: Paolo Carnera; suono: Gilberto Martinelli. Interpreti: Pierfrancesco Favino (Cobra), Filippo Nigro (Negro), Marco Giallini (Mazinga), Andrea Sartoretti (Carletto), Domenico Diele (Adriano). Origine: Italia, 2012. Durata: 112min. Produzione: Cattleya, in collaborazione con Rai Cinema; Distribuzione: 01.


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