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A matita? Omar Galliani

Pubblicato il 9 maggio 2019 da Stefano Colagiovanni


A matita? Omar Galliani

Dentro la tela...

Dove trova rifugio un artista? Semplice: nella sua arte. A matita? Omar Galliani, docu-film diretto da Fulvio Wetzl affida alla voce bassa e lievemente rauca del pittore emiliano Omar Galliani, il racconto diretto del suo stesso mondo, attraverso un vero e proprio tour in punta di piedi tra le opere in mostra nelle sale del Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia, dei Musei civici di Reggio Emilia e delle Gallerie d’Italia a Milano.

Analizzare A matita? Omar Galliani presuppone la ricerca di una chiave di lettura ben precisa e indissolubilmente legata alla firma autoriale di Wetzl: il regista non abbandona l’artista alla mercé della macchina da presa, affidandogli unicamente il compito di raccontare se stesso e la sua arte, ma lo affianca in un percorso di svolgimento narrativo ponderato. Mentre Galliani tesse l’arazzo dipinto dal proprio estro, Wetzl si immerge nelle opere del pittore emiliano, quasi fino a sfocare l’inquadratura, ricercando dettagli minuscoli, magari distaccandosi dal mondo che lo circonda; poi c’é il pittore, che segue il regista – e viceversa - grazie a un montaggio alternato che alimenta come benzina sul fuoco un flusso quasi interminabile di spiegazioni e allusioni, confronti e riflessioni. La forza magnetica di A matita? Omar Galliani risiede proprio in questa univocità di intenti, nella commistione ideale di creare arte e raccontare l’arte, di creare arte con l’arte.

Così come al figlio di Wetzl pare incredibile che Galliani riesca a incidere tratti e sinuose venature su una tavola di pioppo con il solo utilizzo di una matita, il docu-film non nasconde allo spettatore le difficoltà di corrispondere la giusta forma a un’idea, un’intuizione volatile e futile come può essere parlare e spigare la propria vena artistica; ma Galliani è un vulcano e la matita la sua lava e la macchina da presa di Wetzl ne cattura con calma e il giusto respiro volontà e dedizione, il profilo materiale dell’uomo e quello inafferrabile dell’artista che si riconosce nei suoi dipinti e con essi prova a spiegare il suo mondo. Riuscendoci? Dipende da chi guarda, dopotutto…

Galliani è un maestro dell’arte contemporanea e la sua poetica appare a tratti enigmatica e onirica, ma la macchina da presa di Wetzl lo segue senza arrendersi, provando a ricercare nelle espressioni del volto del pittore quei fremiti volti alla creazione: la regia è sospesa, ma viva, pulsante, attenta non solo alle tele di Galliani, ma ai corridoi e alle pareti dei locali allestiti, allo scambio di battute tra i vari interlocutori, al vuoto che necessita di essere riempito con le immagini e le immagini per Wetzl sono i dipinti di Galliani.

È nell’utilizzo dei materiali e nella capacità di modellarli che il Galliani-pittore si sovrappone al Wetzl-regista: colori e strumenti hanno lo stesso impatto sulla tela che la macchina da presa ha sull’immagine reale, perché “arte” è solo una parola che serve a chi ne fa uso di raccontare se stesso, anche se nel mezzo c’è la vita di qualcun altro. Che sia cinema o pittura, l’artista resta tale quando cattura il mondo con i suoi occhi.


(A matita? Omar Galliani); Regia: Fulvio Wetzl; sceneggiatura: Fulvio Wetzl; fotografia: Riccardo De Felice, Fulvio Wetzl; montaggio: Fulvio Wetzl; musica: Andrea Nicoli; interpreti: Omar Galliani, Laura Intilia, Michelangelo Galliani, Giovanni Wetzl, Michela Tabaton-Osbourne, Federico Bonioni, Andrea Rossi, Allievi dell’Accademia di Brera.; produzione: W & B, Archivio Omar Galliani; origine: Italia, 2018; durata: 80’


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