A Trento la Grande Guerra nel laboratorio di analisi cinematografica ’Sala di comando’

La mostra La Grande Guerra sul grande schermo (Trento, Gallerie di Piedicastello, fino al 14 giugno 2015) racconta il lungo rapporto tra cinema e Prima Guerra Mondiale dallo scoppio del conflitto fino ai giorni nostri, attraverso un’imponente selezione di materiali filmici e iconografici. A metà del percorso espositivo, allestito all’interno di una galleria dismessa lunga oltre 300 metri, il visitatore arriva alla sezione Sala di comando, curata da Micol Cossali e Valentina Miorandi del Collettivo Azioni Multimediali: una serie di installazioni interattive che funge allo stesso tempo da snodo teorico dedicato all’analisi del linguaggio cinematografico e da momento di passaggio tra i film contemporanei alla Grande Guerra e la produzione successiva.
Uno degli interrogativi che fin dalle prime sale accompagnano il visitatore è proprio come e cosa guardare nei numerosi filmati d’archivio provenienti dalle principali cineteche italiane ed estere. Nonostante fossero passati appena poco più di vent’anni dalla prima proiezione cinematografica, la percezione della potenza e dell’impatto che le riprese potevano esercitare sull’opinione pubblica fu subito molto chiara agli Stati maggiori degli eserciti coinvolti nel conflitto, tant’è che la presenza delle macchine da presa venne prontamente regolamentata e ingabbiata affinché agli operatori non fosse possibile riprendere quanto succedeva in prima linea. Parallelamente si decise di sfruttare il potenziale emotivo del racconto cinematografico per diffondere idee e valori funzionali alla retorica del sacrificio per la patria.
È in questa cornice che l’analisi del linguaggio cinematografico diventa uno strumento indispensabile per comprendere in che modo ogni ripresa sia sempre il frutto di precise scelte politiche, che si traducono nella sostanza stessa di ogni ripresa: le cineprese, le inquadrature, la colorazione delle immagini e l’audio che accompagna le sequenze. Sala di comando mette a fuoco queste componenti e le analizza grazie a una serie di installazioni interattive che chiamano in causa direttamente i visitatori.
La prima installazione, Punti di vista, è dunque dedicata all’inquadratura e alla sua funzione discriminante: avvicinandosi a due touch-screen i visitatori possono spostare i margini di una ripresa di una parata militare e riconfigurare la porzione di spazio inquadrata. Il secondo pannello è dedicato alle analogie tra i dispositivi di ripresa e le armi, una parentela anche linguistica che emerge in modo particolarmente chiaro nella terminologia inglese della ripresa cinematografica (girare = to shoot) e nelle analogie formali che accomunano armi e macchine da presa, come nel caso del fucile fotografico di Marey. Si passa poi alla sonorizzazione delle immagini, per cui indossando delle cuffie auricolari è possibile osservare quanto cambi la percezione della medesima ripresa di una battaglia se ascoltata con quattro diverse colonne sonore, che includono la ricostruzione dell’audio originale della scena che stiamo osservando, un brano di diario di un combattente, un discorso del generale Diaz e per finire un brano sinfonico. L’ultima installazione è dedicata alla colorazione delle pellicole, pratica largamente diffusa nel cinema delle origini, che consentiva appunto di caratterizzare le diverse sequenze a seconda dello stato d’animo che si intendeva suggerire allo spettatore.
Sala di comando è un piccolo laboratorio di analisi cinematografica, in cui è possibile sperimentare direttamente le possibilità espressive e retoriche del cinema e liberarsi, almeno in parte, del mito dell’oggettività della ripresa cinematografica e di ogni immagine in generale.
La mostra è stata resa possibile grazie al sostegno della Provincia autonoma di Trento e alle collaborazioni avviate con partner di livello nazionale ed internazionale: Cineteca del Friuli, Cineteca Nazionale, Istituto Luce, Museo Nazionale del Cinema di Torino e Rai storia.

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