X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Agua e Sal

Pubblicato il 19 dicembre 2002 da Fabrizio Croce


Agua e Sal

Cercare disperatamente di essere appartati e venir spinti, come da una forza centrifuga, verso il centro dove inevitabilmente ci sono gli altri. è questo il movimento che Teresa Villaverde sembra voler far compiere ad Ana, la sua protagonista, dopo averle fatto scegliere un volontario esilio in un piccolo villaggio portoghese della costa. E al movimento coincide l’emozione che in questo caso si manifesta come costante inquietudine e senso di minaccia, rimpianto per una perdita e per un abbandono e il terrore che la possibilità che tutto ciò possa ripetersi. Ma per toccare questo punto, per sfondare la parete della visione e penetrare nel senso profondo delle immagini oltrepassando l’intuizione di ciò che si sta verificando sullo schermo, la Villaverde chiede allo spettatore di seguire un percorso accidentato, ermetico, fatto di silenzi umanissimi e di suoni e luci provenienti dal suggestivo ed evocativo paesaggio circostante. Un paesaggio che entra in perfetta sintonia con il paesaggio del volto di Galatea Ranzi, chiuso nella sua durezza e nella contemplazione del proprio dolore ma anche capace di aperture e strappi verso l’esterno. Ed è qui che il film comincia a fallare, negli incontri con i caratteri chiamati a riempire quel vuoto panorama esistenziale. Risulta dunque assai stonata la figura di Maria de Medeiros nel ruolo delll’amica rompiscatole, che con il suo chiacchiericcio e la sua eccentricità farebbe da contraltare alla severità di Ana. E la vicenda dei due ragazzi del luogo che non possono amarsi a causa delle rispettive famiglie, sembra posticcia e messa lì quasi per dare più nerbo all’anemica struttura narrativa, così come l’enigmatico vagabondo del mare che dovrebbe incarnare la liberazione di Ana dai ruoli convenzionali di madre, moglie e amante. A dare il colpo di grazia all’incipit antonioniano ci pensa l’intreccio borghese - con tanto di marito, amante e figlia contesa - che intorpidisce la facoltà di sentire le immagini e di poter guardare al di là, oltre l’orizzonte.

[dicembre 2002]

Regia: Teresa Villaverde; sceneggiatura: Teresa Villaverde; fotografia: Emmanuel Machuel; montaggio: Andree Davanture; suono: Nuro Carvalho, Joel Rangon; scenografia: Ana Louro; costumi: Isabel Quadros; interpreti: Galatea Ranzi, Joaquim de Almeida, Alexandre Pinto, Clara Jost, Maria de Medeiros, Ana Moreira; produzione: Paulo Branco, Alexandre Oliveira; distribuzione: Teodorafilm; origine: Portogallo 2001;

Enregistrer au format PDF