Al Cinema Trevi di Roma l’anteprima del documentario ’Scandalo in sala’, di Murri e Rosati

Presso il Cinema Trevi- Cineteca Nazionale di Roma (Vicolo del Puttarello, 25,) si tiene nelle giornate di sabato 11 e domenica 12 ottobre, la rassegna "L’Italia si racconta", che ospita 10 documentari. Tra questi, domenica 12 ottobre alle ore 21.30, la preview del documentario Scandalo in sala, di Serafino Murri e Alexandra Rosati realizzato per Cinecittà Luce e di imminente uscita.
Così i due registi raccontano il documentario:
Viviamo in un’era post-televisiva. Dopo trent’anni di lavorio dei mass media per la costruzione di un consenso conformista dell’opinione pubblica, a sparigliare le carte è subentrata la Rete di Internet. I “nativi digitali” sembrano immuni all’immagine televisiva che per trent’anni ha dominato la nostra cultura nazionale.
È innanzitutto a queste generazioni che è rivolto il racconto di un’Italia in cui il cinema era per il Potere qualcosa di insidioso, capace di turbare la morale comune, di mettere in crisi le sue certezze, e di attentare alla normalità. Il cinema è una spugna che assorbe nelle sue immagini tutti i fermenti sociali, i problemi e le tensioni del proprio tempo. È il potere seduttivo del cinema a scatenare lo scandalo e il sentimento di turbamento della morale pubblica. La sua persuasione sul pubblico è emotiva e non ideologica. Se una tesi politica si pu controbattere, un’emozione al momento giusto pu cambiare la visione di uno spettatore più di mille comizi. Il cinema italiano dagli anni ’40 agli anni ’70 ha prodotto film che hanno avuto la forza di dissacrare totem e tabù del senso comune, rivendicando libertà espressive, e provocando scandalo.
“Scandalo in sala” racconta la storia di quei film che si sono scontrati con il Potere istituzionale, con quello religioso e con l’opinione pubblica di un Paese lacerato da conflitti, tensioni sociali e trame oscure, ma anche la storia di coloro che dall’alto delle istituzioni li hanno avversati in nome della pubblica moralità: da Andreotti a Scelba al magistrato-insabbiatore piduista Carmelo Spagnuolo, fino all’avvento di Silvio Berlusconi, che in luogo di opporre un braccio di ferro a un certo cinema, lo “compra” fino ad annullarne gradualmente il potenziale “eversivo”. Dopo la sua discesa in campo politica, in un regime di duopolio televisivo, sarà inopinatamente la legge 122 ratificata dal ministro ex comunista Veltroni a dare il colpo di grazia a un’industria un tempo seconda nel mondo e prima in Europa, consegnandola a un sistema di finanziamento televisivo che di fatto diventa l’esercizio di un controllo sostanziale su forme e contenuti dei film. Una situazione al limite dell’autocensura, il cui solo antidoto in direzione di un’indipendenza produttiva e ideologica sembra essere l’autarchia, come dimostra il caso di Nanni Moretti, “mosca bianca” del cinema italiano.
Attraverso i ricordi e lo sguardo di Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Nanni Moretti, Wilma Labate, Marco Tullio Giordana, Vittorio Taviani e Francesca De Sapio, ma anche l’analisi critica di Alberto Crespi e Monsignor Dario E. Viganò, ripercorriamo quarant’anni di storia del Paese e di “attentati” cinematografici all’immagine dell’Italia stabilita dal Potere: da “Totò e Carolina” a “La dolce vita” fino a “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, passando per “I Pugni in tasca”, “Ultimo tango a Parigi” e “Todo Modo”. Censure, crociate giornalistiche e religiose da parte delle “due chiese” (come le definiva Pasolini) della DC e del PCI, processi penali, provvedimenti esemplari. Un percorso parallelo a sconvolgenti eventi storici come il ’68 e gli Anni di Piombo, fino al berlusconismo e all’era del Grande Disimpegno, dove la Rete pu rappresentare l’occasione di un “ritrovamento” di un cinema che aveva la capacità di sconvolgere l’opinione pubblica e l’inconscio collettivo, mettendo a repentaglio il “buon senso” di una nazione.
Per maggiori informazioni:
www.fondazionecsc.it/news.js...

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