Andrea Cosentino: primi passi sulla luna, metateatralità allo stato puro

Una stanza scura, che fa pensare ad una scatola, ospita una consolle con la bandiera Americana. Siamo a teatro, esattamente all’Argot Studio di Roma, eppure ciò che stiamo per vedere non è uno spettacolo.
Andrea Cosentino fa qualcosa che ha a che fare con la “satira”, ma da intendere con l’accezione che la parola aveva nella lingua latina di “satura lanx”, nome di una pietanza mista e colorata, con cui si indicava infatti un genere letterario che includesse gli argomenti più disparati, dalla politica, alla cultura, alle tradizioni di un popolo e molto altro. Tutti “ingredienti” che andavano a comporre un’unica opera.
Il nostro narrautore ci propone un frammento del teatro di narrazione in piena evoluzione, e tutto ciò che egli ha inserito in questo non-spettacolo è talmente nuovo ed originale, tanto che ancora non gli si è trovata una definizione adeguata. Forse l’avrebbe coniata per noi il celebre critico Nico Garrone, venuto a mancare da quasi un anno e che Cosentino ha teneramente ricordato in questo suo lungo racconto. Nell’epoca dell’individualismo più ostentato e dei vari “Grandi fratelli” e programmi simili, improntati a mettere a nudo le vite private della gente, Andrea Cosentino non fa solo un passo in avanti, ma un vero e proprio salto di qualità, occupandosi dell’ego e portandolo all’eccesso del suo svelarsi, attraverso un elogio di “se stesso morto”, fatto da se stesso in vita. Con questo ovviamente l’attore non solo aggiunge qualcosa al teatro di narrazione, ma porta un’innovazione di grande spessore nel mondo intellettuale e artistico, perché si interessa dell’io in maniera diversa rispetto a come viene fatto oggi, andando a scavare nell’intimo e cercando qualcosa che faccia riflettere su noi stessi, sulla vita e sulla differenza tra ciò che davvero conta e cosa invece è futile.
Ogni essere umano desidererebbe poter avere anche il controllo sulla propria morte e Cosentino ci ha dimostrato che attraverso il teatro questo è possibile, evidenziando la poliedricità di questo mezzo di comunicazione così straordinario. Inoltre in questo spettacolo si parla di famiglia e l’attore trasmette il senso dell’amore vero e di valori che ultimamente sembra si siano un po’ persi. Il teatro spiegato a teatro, un racconto che fa da contenitore a tutte quelle che sono le forme di comunicazione artistiche, che qui vengono stravolte. Egli parla del cinema, attingendo ai film 2001: A Space Odyssey di Kubrik e Into the wild di Sean Penn, utilizza “la maschera” per saltare da un personaggio all’altro, le Barbie per autocitarsi e celebrare il cinquantenario della celebre bambola, fa riferiemento alla storia per documentare sul primo uomo che ha messo piede sulla luna, Neil Armstrong, e poi ad un certo punto è la biografia ad irrompere in scena e allora l’attenzione cresce, si sta incollati a quell’immagine di un uomo che parla della sua famiglia e di sua figlia.
All’improvviso tutta la tensione viene rotta dalla verità che si infrange nella finzione, frantumandola in mille pezzi, quei frammenti restano come incollati nell’aria e si confondono con la realtà, formando un collage che imprigiona le anime e non le abbandona più, ma forse era tutto uno scherzo o un falso allarme e così la realtà torna suggestivamente ad interagire con la finzione.
Si ride e si piange, sentimenti contrastanti che suscitano una “schizofrenia emozionale”, la quale però non allontana dalla realtà come fa il disturbo psichico, ma anzi avvicina a questa e rende maggiormente coscienti. La musica è in perfetta armonia con i diversi racconti del nostro regista, canzoni che incorniciano i contenuti in maniera coinvolgente. Tanti segni diversi, tanti pezzi di un unico puzzle e ciò che resta è la sensazione di esser stati capiti per la prima volta, di aver visto il mondo che si sta vivendo, dal di fuori, come se si fosse davanti ad uno specchio, ci si sente come se per la prima volta ci si trovasse avvolti dalla post-modernità, che invece ancora si fa fatica a sentire come propria condizione. Siamo di fronte ad un paradosso, non c’è spettacolo, la tragedia è accennata e presto smentita, eppure alla fine di tutto ci si sente purificati. Del resto oggi per realizzare ciò che avveniva nella Grecia antica servono dei mezzi differenti, che a quanto pare si stanno trovando. Oggi il teatro non è supportato come dovrebbe, ma per fortuna l’evoluzione che lo investe sin dal principio, non lo abbandona, esso continua a crescere e a rinnovarsi, grazie a personalità eccentriche e creative come Andrea Cosentino. Egli ha messo il suo “mattoncino” nell’infinita struttura teatrale, regalando agli spettatori quella speranza dello “show must go on”, che non abbandona le scene neanche nei momenti peggiori.
(Primi passi sulla luna); Regia: Andrea Cosentino; indicazioni di Regia:Andrea Virgilio Franceschi; drammaturgia: Andrea Cosentino; collaborazione artistica: Valentina Giacchetti; interprete: Andrea Cosentino ;teatro e date spettacolo: dal 7 al 24 gennaio 2010, teatro Argot
