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Aspirante vedovo

Pubblicato il 7 novembre 2013 da Francesca Polici
VOTO:


Aspirante vedovo

Se a rivestire i panni del povero Alberto Nardi, un piccolo ed incapace imprenditore sposato a una donna in carriera tanto potente quanto priva di scrupoli, era una volta il sublime Alberto Sordi, oggi lo ritroviamo sotto le vesti del comico Fabio De Luigi, nell’ultimo film di Massimo Venier, Aspirante vedovo. Ad accompagnare il noto comico è un’abile Luciana Littizzetto nel perfido personaggio della moglie, ispirandosi al ruolo che fu di Franca Valeri. A fare da sfondo alla pellicola non è più un’Italia in trasformazione in preda all’euforia economica e all’ossessione consumistica, ma un paese colpito dalla più grave crisi della storia d’Europa in mano a sciacalli e speculatori. Peccato però che dietro la macchina da presa non si muova più il maestro della gloriosa Commedia all’italiana Dino Risi ma soltanto un buon artigiano come Venier, così come i vari Sonego e Continenza siano sostituiti da ottimi mestieranti della scrittura, che nonostante la loro esperienza decennale, in questo caso non mostrano di certo l’acume dei loro predecessori. Che sarebbe stato impossibile fare un paragone con la memorabile opera di Risi era cosa nota agli stessi autori, inutile dunque dilungarsi con un improbabile paragone. Ma Aspirante vedovo non ha certamente tale ambizione, non si propone come una sorta di remake de Il vedovo, ma si autodefinisce “liberamente tratto” da quest’ultimo, un pretesto per mettere a confronto l’Italia del boom con quella d’oggi, per raccontarla con risate a denti stretti. In parte questo tentativo appare un buon modo per riscattare il cinema italiano, più precisamente quel genere tanto caro al nostro stivale quale la commedia, un genere che pare aver perduto le sue radici irrimediabilmente, che non sa più tenersi in vita senza banalità e volgarità al suo fianco. Per questo l’intento è quasi nobile, piuttosto che creare e produrre una facile commedia dagli incassi sicuri, si è scelto di azzardare una commedia cinica e grottesca. Aimè però, se alto era l’intento, il risultato finale ne è profondamente distante. L’opera ultima di Venier di fatto, è una pellicola evidentemente non riuscita, che arranca e fatica a trovare la sua identità; nessun aspetto comico o amaro, cinico o riflessivo emerge dai nastri. Pur contenendo dei momenti apparentemente molto buoni in cui si palesano atteggiamenti italioti che hanno caratterizzano questa disgraziata Seconda Repubblica, tutto rimane in superficie. A tratti si accendono i riflettori su quelle figure che da troppi anni inquinano e violentano il bel paese, fra imprenditori e clericali, eppure la luce emanata è sempre troppo flebile, incapace di metterli a fuoco. Non si entra mai nel vivo di alcun aspetto sociale, nulla viene marcato o approfondito, tutto resta vagamente accennato, come se Venier non avesse il coraggio di andare a fondo e sferrare il colpo finale. Apprezzabile il lavoro di confezione, dall’edificazione dell’impianto estetico alle interpretazioni attoriali, peccato che il tutto non riesca ad appoggiarsi su una solida sceneggiatura. Altro che risate a denti stretti, nemmeno l’ombra di un sorriso. Il risultato è un prodotto debole e alquanto confuso.


CAST & CREDITS

Aspirante vedovo; Regia: Massimo Venier; sceneggiatura: Ugo Chiti, Michele Pellegrini, Massimo Venier; fotografia: Vittorio Omodei Zorini; montaggio: Claudio Di Mauro; interpreti: Fabio DE Luigi, Luciana Littizzetto, Alessandro Besentini, Francesco Brandi; produzione:Beppe Caschetto per IBC MOVIE, Paolo Del Brocco per RAI CINEMA; distribuzione: 01 DISTRIBUTION


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