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Asterix e Obelix - Missione Cleopatra

Pubblicato il 22 agosto 2002 da Alessandro Izzi


Asterix e Obelix - Missione Cleopatra

Trarre un film da un fumetto è un’operazione che obbliga sempre gli autori che vi si cimentano a scendere a patti con un discorso teorico prima ancora che spettacolare. Fino a che punto, infatti, il linguaggio cinematografico riesce a restituire le dinamiche della striscia o della vignetta? Fino a che punto la staticità dello “stop-frame” del fumetto può trovare riscontro nella dinamica estremamente movimentata (specie al giorno d’oggi) delle sequenze sempre più veloci di un film? E, del resto, come può la stessa retorica della vignetta, costituita com’è da una ben calcolata messa in quadro di segni grafici che rimandano ad un mondo fatto solo di immagini (spesso private addirittura dello stesso colore) e parole, trovare un riscontro nel caotico e polifonico mondo dell’immagine/suono/tempo cinematografica? A ben vedere, fumetto e cinema finiscono per avere una sola cosa in comune: una sostanziale bidimensionalità nella restituzione grafica della realtà. Per il resto le regole che della celluloide e quelle della carta e dell’inchiostro sono totalmente diverse, per certi aspetti opposte le une alle altre. Di fronte a questa inconciliabilità di intenti ci sono state, a breve distanza l’una dall’altra, due diverse ipotesi di lavoro: la prima formulata in America con la realizzazione di Spider-man di Sam Raimi, la seconda, è questa realizzazione francese di Asterix e Obelix Missione Cleopatra. L’alternativa americana (quella paradossalmente più autoriale e filologica) parte, incredibilmente, da un’esasperazione della dimensione cinetica dell’immagine cinematografica. Di fronte al congelamento temporale che ha luogo nella vignetta, dove il racconto procede per successione di momenti immobili (e attraverso le necessarie ellissi temporali tra un quadro e l’altro), Raimi non ha avuto remore a condurre fino agli estremi della tollerabilità i movimenti che hanno luogo all’interno di quel quadro che è l’inquadratura cinematografica. In questo modo, però, quei movimenti, divenuti iperealistici ed ipertrofici perdono ogni connotazione realistica per diventare incredibilmente fumettistici. Il tempo accelerato al massimo livello, paradossalmente tende all’immobilità, e l’elaborazione digitale delle immagini (nono solo nelle corse tra i grattacieli di New York, ma anche nei primi piani e nelle situazione di contorno) garantisce una persistenza dell’impressione di irrealtà. Raimi, paradossalmente arriva al fumetto passando per il Cinema. Chabat al contrario, cercando di rispettare la dinamica delle strisce del fumetto originale, cerca di cogliere il valore del fumetto mediante due procedimenti applicati contemporaneamente: per prima cosa dissemina il racconto di persistenti ellissi costringendolo ad avanzare quasi a singhiozzo, in secondo luogo arricchisce il racconto di tutta una serie di situazioni collaterali e del tutto autonome al contesto della storia (la gag di Cellularis quando non “prende”, per esempio). Il cinema viene, quindi, piegato a rispettare i tempi e le dinamiche della striscia di vignette con i suoi soprassalti assurdi dalla logica indecifrabile e delirante. In questo modo, però, gran parte del graffiante effetto comico delle strisce di Goscinny e Uderzo si perde, purtroppo, quasi del tutto perché le possibilità del mezzo cinematografico finiscono per diventare eccessive per la piatta e semplice riproposizione del fumetto. Per questo i momenti più felici (pochi, ad essere sinceri) sono proprio quelli più apertamente cinematografici come il simpatico inserto del documentario sulla vita delle aragoste (in una brillante imitazione di un 16 mm che disegna una vignetta nel quadro dello schermo) o quando il regista gioca con un montaggio palesemente cinematografico lo stupore di persone e gatti di fronte alla pretesa della regina). In tali momenti, infatti, il cinema cessa di imitare il fumetto per assumerne la logica distorta. Il film che passerà alla storia come il film più costoso fin qui realizzato dall’industria francese, mostra ad ogni piè sospinto la quantità di soldi che sono stati necessari per la sua realizzazione. Ma si tratta, è il caso di dirlo, di soldi molto mal spesi perché alla lunga il gioco annoia gli adulti ed intriga solo superficialmente i bambini già fan del fumetto.

Regia: Alain Chabat; sceneggiatura: Alain Chabat; fotografia: Laurent Dailland; montaggio: Stéphane Pereira; musica: Philippe Chany; interpreti: Monica Bellucci , Gérard Depardieu , Christian Clavier , Jamel Debbouze , Claude Rich , Gérard Darmon , Alain Chabat , Isabelle Nanty; produzione: Katharina/Renn Production, TF1 Films Production, Chez Wam; origine: Francia, 2001

[Agosto 2002]

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