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Bad Luck Banging or Loony Porn

Pubblicato il 3 marzo 2021 da Matteo Galli

VOTO:

Bad Luck Banging or Loony Porn

Anche nella seconda giornata (delle cinque complessive) i film in concorso sono tre. Il primo di cui ci occupiamo si annuncia come uno dei più originali dell’intera selezione, fin dal titolo che in rumeno suona Babardeală cu bucluc sau porno balamuc e in inglese Bad Luck Banging or Loony Porn, dunque qualcosa come “Scopata iellata ovvero un pazzo porno”. La vicenda consta di un prologo e di tre parti. Il prologo è per l’appunto un porno: un alquanto esplicito home movie che inquadra due persone mascherate ma evidentemente riconoscibili, mentre praticano un atto sessuale con diverse varianti e molta passione. Il breve porno dura tre minuti e come sapremo più avanti finirà per sbaglio in rete.

Dopodiché ha inizio il film vero e proprio, con dei titoli di testa su fondo fucsia, caratteri da vaudeville e musichetta di Boby Lapointe (Eh! Toto) e un sottotitolo che suona, tradotto, “sketch per un film popolare” e una citazione in esergo tratta dal Mahabharata, allo spettatore decidere in che direzione orientarsi, anche se – diciamolo fin da adesso – il sospetto che ci troviamo di fronte a un’operazione post-moderna sorge spontaneo: film popolare e cultura alta, mito. Ma le sollecitazioni sono ben lungi da finire qui.

La prima parte s’intitola in rumeno Strada cu sens unic, in italiano Strada a senso unico e fin dal titolo si richiama a Walter Benjamin. Ma non tanto al Benjamin aforistico/post-impressionistico di quel testo (Einbahnstraße)quanto piuttosto al Benjamin teorico – sulla scorta di Baudelaire e dei passages parigini – della flânerie, poiché i trentadue splendidi minuti che seguono non descrivono altro che una lunghissima passeggiata della protagonista del porno, una passeggiata che la porta ad attraversare Bucarest, sospesa fra rovine post-sovietiche, innovazione architettonica e globalizzazione, con una particolare attenzione nei confronti delle insegne, antiche e recenti, di cui sono costellati gli edifici della città, delle scritte e dei murales, W. G. Sebald sarebbe stato felicissimo. L’occhio della macchina da presa, memore di Vertov, si ritrova spesso a perdere di vista la donna, soffermandosi su alcuni dettagli che conferiscono al film un andamento marcatamente documentario.

Al minuto 36 ha inizio la seconda parte del film, questa ancora più della precedente marcatamente saggistica che s’intitola in rumeno Mic dictionar de anedocte, semne si minuni, ovvero Piccolo dizionario di aneddoti, segni e meraviglie. La seconda parte (l’avrebbe potuta girare Alexander Kluge per la commistione di stili, il continuo ricorso a parti documentarie e ad “ingenue” ricostruzioni semi-animate) riporta, come promesso dal titolo, un dizionario ora serissimo ora decisamente grottesco, in ordine rigorosamente alfabetico, degli orrori della Romania (ma forse non solo della Romania) del presente e del passato, un Gruselkabinett, volto a testimoniare, fra le tantissime cose, l’opportunismo dei militari, il fascismo neanche troppo strisciante della popolazione, la connivenza della chiesa, il maschilismo, la violenza, la pornografia neanche troppo strisciante, il negazionismo più bieco. La seconda parte, quando si arriva alla lettera “Z”, come “zen” si conclude e il film ha raggiunto i 62 minuti.

Ne restano una quarantina, tutti riservati alla terza parte, introdotta come le altre due dal medesimo siparietto fucsia, titoli vaudeville e Boby Lapointe. La terza parte s’intitola Practica si apropourile (sitcom) ovvero Pratica e approcci (sitcom). La terza parte si svolge tutta nel cortile della scuola dove come insegnante di storia lavora Emi (Katia Pascariu), la protagonista del porno, la protagonista della passeggiata. La preside ha indetto un incontro con i genitori degli alunni per decidere cosa fare dell’insegnante. La sitcom di cui al sottotitolo è una specie di court movie in cui riemergono, esaltate all’ennesima potenza, le contraddizioni della società rumena (non solo rumena), l’incomunicabilità totale fra chi fra quei genitori è titolare di un oltranzismo cieco e becero e chi invece quando prende la parola condisce i propri interventi di citazioni colte, dalla psicanalisi alla sociologia, dalla pedagogia alla letteratura. Due mondi agli antipodi che alla fine votano spaccandosi letteralmente in due. Radu Jude per concludere il suo apologo propone anche tre finali giocosi e no, che non riveleremo, data la scabrosità del tema chissà che il film non arrivi anche in Italia. Si tratta di un film molto originale, molto cerebrale, molto colto (la lista delle citazioni nei titoli di coda è lunghissima, ma giusto per esplicitare fin da subito il “tono” del film nella stanza dove viene girato il porno, erroneamente finito in rete, fa bella mostra di sé alla parete il manifesto di Touch me not che qualche anno vinse l’Orso d’Oro a Berlino), forse costruito come un anticlimax. La prima parte stupenda, la seconda parte molto interessante seppur forse troppo didascalica. La terza parte un po’ ripetitiva e troppo farsesca. Comunque: tanto di cappello a Radu Jude che già nel 2012 quando a Berlino aveva presentato Aferim! ci era parso un regista tutt’altro che banale. Dimenticavo: è il primo film, fra quelli visti fin qui alla Berlinale online, dove tutti portano la maschera. Una delle tante.


CAST & CREDITS

(Babardeala cu bucluc sau porno balamuc); Regia: Radu Jude sceneggiatura:Radu Jude; fotografia: Marius Panduru; montaggio: Cătălin Cristuțiu; interpreti: Katia Pascariu (Emi), Claudia Ieremia (preside), Olimpia Mălai; (signora Lucia), Nicodim Ungureanu (tenente Gheorghescu), Alexandru Potocean (Marius Buzdrugovici), Andi Vasluianu (sig. Otopeanu); produzione: microFilm, Bucarest; origine: Romania, Lussemburgo, Croazia, Repubblica Ceca 2021; durata: 106’.


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