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Ben Affleck torna a vincere

Pubblicato il 11 maggio 2020 da Nicola Calocero
VOTO:


Ben Affleck torna a vincere

The Way Back in italiano Tornare a vincere era destinato ad uscire in sala in queste settimane. Ed avrebbe meritato anche una giusta visibilità. Se siete interessati a vedere l’interpretazione più matura della carriera di Ben Affleck è comunque facilmente e comodamente recuperabile sulle varie piattaforme on demand.

Il film diretto da Gavin O’Connor su sceneggiatura dello stesso regista newyorkese insieme a Brad Ingelsby, si inserisce a pieno titolo, ed in buona posizione di classifica, nel campionato "riscatto del genere sportivo". Un modello di riferimento narrativo dove gli americani riescono sempre a dosare perfettamente l’elemento epico con le sfumature melò di personaggi più o meno irrisolti. Perché, quando raccontano lo sport, partono sempre dalla celebrazione di una tradizione che riflette valori sociali e familiari per innescare un processo di catarsi che si realizza attraverso la disciplina e la motivazione personale. Elementi che ritroviamo, senza retorica (quasi sempre il peccato veniale di tali opere), anche in questo film che identifica nella caratterizzazione del protagonista, e nella solida interpretazione proposta da Ben Affleck, la pietra d’angolo di una elegia sulla pallacanestro. Uno sport che nelle ultime settimane ha acquistato in Italia una visibilità maggiore del solito, anche attraverso la serie Netflix dedicata a Michael Jordan e ai suoi Chicago Bulls. La squadra dei sogni degli anni Novanta, lo stesso periodo da cui il protagonista di questo film sembra non essersi ancora affrancato del tutto: un mondo da cui non è riuscito ancora a chiudere i propri conti personali.

Jack Cunningham (Affleck) è una promessa non mantenuta dello sport liceale. Quei campioni che bruciano le tappe da ragazzi ma che non riescono a controllare, crescendo, il dono del proprio talento. Ne abbiamo purtroppo dozzine di esempi davanti, in tutte le discipline. Gli viene offerto così di ritornare nel suo liceo di un tempo, proprio per allenare la sua vecchia squadra. Che oggi è composta da una decina di quindicenni sfigati e vegeta da quasi trent’anni nella bassa classifica del campionato regionale delle scuole cattoliche. Da quando appunto è uscito di scena lui: il talento più impressionante che abbia calcato il parquet di quella scuola, e del cui ricordo vivono da sempre. Quando il protagonista viene convocato ad inizio film dal sacerdote rettore, che appunto gli offrirà di allenare i ragazzi, la macchina da presa indugia a mostrare i cimeli di quella Golden age vissuta all’inizio degli anni Novanta proprio grazie alla presenza di questo top player in campo. Chi ama la pallacanestro in quella scena si emozionerà ancora di più. Vediamo in bella mostra infatti, incorniciata tra le foto e le coppe, anche la maglia di Ben Affleck con il numero 24. Un numero estremamente iconico, il numero di Kobe Bryant. Sicuramente un omaggio al campione più forte di questo inizio secolo che ci ha lasciato drammaticamente lo scorso gennaio. Interessante diventa quindi a questo punto calare una storia così evocativa all’interno di una scuola cattolica. Uno sfondo ideale per rendere ancora più ricche le sfumature complesse di questa vicenda che nell’autodistruzione e nella redenzione identifica i suoi due fuochi principali. La vita del nostro è stata piena di prove che lo hanno annullato attraverso una pesante dipendenza dall’alcool e diventare il mentore per dei ragazzi che devono scrivere ancora i capitoli più importanti della loro vita, rappresenta la sfida più complessa da affrontare per chi come lui, in fondo, non è mai cresciuto.

Chi ama il genere ha individuato già una serie di situazioni ricorrenti, che comunque si inseriscono con sapiente orologeria nell’intreccio. In meno di due ore il film riesce compiutamente a tratteggiare, in parallelo, sia il romanzo di formazione dei ragazzi sia il racconto della crisi di mezza età del protagonista. Non si spaventi, però, il pubblico femminile (ammesso ma non concesso che non ami la pallacanestro): non manca una componente rosa presentata in maniera non banale e l’elemento sportivo, ben dosato, ha il pregio di valorizzare e non di appesantire mai il racconto.

Pur trattandosi di ragazzi le riprese delle partite sono comunque girate con estrema tecnica e sapienza. Si privilegia una dimensione più teatrale rispetto alle solite riprese sportive molto ritmate, quasi in stile videoclip, che hanno segnato per troppo tempo il modello di riferimento e che sembrano -per fortuna- non andare più tanto di moda.

Un film perfetto quindi, quello che una volta si chiamava il film da vedere in famiglia, in una sere di queste settimane faticose, per trovare la giusta motivazione per ritornare anche noi presto a vincere.

CAST&CREDITS

The Way Back (Tornare a vincere); Regia: Gavin O’Connor; sceneggiatura: Brad Ingelsby, Gavin O’Connor; fotografia: Eduard Grau; montaggio: David Rosenbloom; musica: Rob Simonsen; interpreti: Ben Affleck, Al Madrigal, Brandon Wilson, Fernando Luis Vega, Janina Gavankar, Charles Lott Jr., Will Ropp, Melvin Gregg, Michaela Watkins; produzione: Warner Bros., BRON Creative, Jennifer Todd Pictures, Mayhem Pictures, Film Tribe; distribuzione: Warner Bros.; origine: USA, 2020; durata: 108’.

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