Berlino/NAPOLI11 - WAS IST TANZ?

Berlino - 4.11. - Negli ultimi giorni è andato in scena alla Tanzfabrik di Berlin lo spettacolo sulla danza, più che DI danza, ideato dalla coreografa Livia Patrizi, “Was ist Tanz” - una sola data gli è stata dedicata invece nel festival, conclusosi a Napoli il 16.10, "Scena Internazionale". La Patrizi si è posta, nel corso di una lunga carriera che l’ha vista prima studiare e andare in scena con Pina Bausch, poi su varie scene tedesche e internazionali, la domanda urgente che cosa sia la danza oggi, quando i generi tendono a fondersi e spesso purtroppo a confondersi: con acutezza la coreografa osserva infatti che ormai, anche quando un artista consuma del cibo sulla scena stando perfettamente fermo, da parte degli addetti ai lavori si è cominciato, funestamente, a dare a questo la definizione passepartout di “teatrodanza”. Poiché invece la situazione è complessa, e soprattutto il pubblico delle scene dovrebbe imparare a capire e discernere, è partito il progetto artistico italo -tedesco con otto coreografi sfociato nello spettacolo in scena a novembre. Ma lo spettacolo ha tutt’altro che l’aspetto di una conferenza e l’asetticità del lavoro accademico come da questa descrizione potrebbe sembrare. Molto di più è una dichiarazione d’amore per la creazione specificamente coreografica. In 11 minuti infatti ogni danzatore può esprimere il senso di questa arte, un atto che automaticamente implica la tensione e l’aspirazione ideale insita in chi ha scelto la carriera artistica. Inoltre, la concentrazione in poche “prese di posizione” (per lo più non verbali, o altrimenti, se lo sono, al massimo per 4 minuti in ogni brano) di ciò che si presenta come “essenza” di un’arte impone una intensità espressiva raramente visibile sulla scena. Esiste naturalmente una varietà di risposte e una discrepanza negli atteggiamenti: mentre per un paio di coreografi si rischia il didascalismo, la tendenza all’illustrazione pura e semplice a scapito della densità o forse della profondità (e dare la “didascalia” verbalmente di ciò che si danza al pubblico non è mai proficuo per l’azione scenica, al contrario ne minaccia l’aura), per altri siamo di fronte a peformances di grande potenza, proprio perché intenzionalmente “definizioni definitive della danza”. Vediamo per esempio Detlev Alexander danzare come un Icaro: c’è nella qualità del suo stile un aspetto uranio, oltremondano, o se si vuole librato in una sorta di stratosfera, mentre le sue stesse parole, amplificate dal microfono, descrivono processi concettuali a volte sofisticatissimi (tra di essi sono testi di grandi “fondatori” dell’arte: Laban, ancora Bausch). E nello stesso tempo una contemplatività ascetica di rara bellezza, che ci fa percepire come l’atto del coreografare vada ad attingere allo strato più profondo, più raffinato della psiche - lo abbiamo già saputo, ma questa performance ce lo mostra corporeamente. “Dance” (i testi sono purtroppo in inglese per scopi di comprensibilità) è qualcosa che sta dentro i nostri tendini e le ossa, dentro il midollo più intimo dell’essere umano, quindi come l’anima?, e “wants to be awakened”. Interessantissimo anche l’”esperimento” di Susanne Linke, una esperta anche delle tecniche della danza che quindi è in grado come pochi di conoscere, e trasmettere, che cosa sia la “presenza”, coreografica o scenica non importa (Linke danza sulla scena con o senza presenza scenica, e sta al pubblico distinguere l’una dall’altra): un insegnamento che farebbe molto bene a molto teatro contemporaneo, dimentico già perfino della lezione grotowskiana, in tutto compatibile col pensiero della Linke. J.-M. Le Bon è invece ovviamente su altri versanti: le sue azioni vengono costantemente commentate da “titoli” come “tenerezza” “dolcezza” ecc., che ci fanno dubitare del senso del lavoro sulla scena, nel momento in cui esso ha bisogno della parola come nella classica lezione frontale. Comunque: gran successo di pubblico sia in Italia sia a Berlino, dove l’opinione pubblica è stata sensibilizzata dalla messa in opera di un progetto coinvolgente il ministero dell’istruzione e il Comune della città: portare l’insegnamento della danza in tutti gli istituti superiori come materia parificata alle altre. Il progetto ha già impegnato molta forza lavoro, di coreografi residenti a Berlino, e ha riscosso una grande accoglienza presso gli adolescenti e le loro famiglie. [novembre]
ideazione e drammaturgia: Livia Patrizi
con: Detlev Alexander, Jean Marc Lebon, Susanne Linke, Olivia Maridjan-Koop, Adalisa Menghini, Livia Patrizi, Anna Redi, Mark Sieczkarek; disegno luci: Klaus Dust; suono: Katelijine Philips Lebon
