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Birds of prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn

Pubblicato il 10 febbraio 2020 da Giulia Genovese
VOTO:


Birds of prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn

«I diamanti sono i migliori amici delle donne».
Lorelei Lee (Marilyn Monroe) – Gli uomini preferiscono le bionde

Con la vittoria di Joker alla 76esima Mostra del cinema di Venezia e le consequenziali 11 nomination agli Oscar, anche i cinecomic DC hanno guadagnato maggiore credibilità da parte della critica mondiale – se mai ne avessero avuto bisogno – allungando il passo verso le produzioni Marvel; da sempre sovrastimate dalla stampa e dal pubblico e consacrate, anch’esse, dallo straordinario successo di Black Panther – vincitore di tre Academy Awards, lo scorso anno. Così, a quattro anni di distanza da Suicide Squad (Si; No) – reunion dei villains dello studio di Batman, firmata da David Ayer (End of Watch – Tolleranza Zero) – arriva al cinema Birds of prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn – dedicato, interamente, all’omonima psichiatra di Gotham City; divenuta, poi, la partner sentimentale e criminale del Joker. La moda del Girl Power è, ormai, sempre più imperante – anche sul grande schermo – e dopo film come Annientamento e il female reboot Ghostbusters – solo per citare alcuni esempi – la regista Cathy Yan (Dead pigs), alla sua opera seconda, e la sceneggiatrice Christina Hodson (Bumblebee) non puntano lo spotlight sulla sola Harley Quinn – che ritroviamo single, a seguito della rottura con il fidanzato storico – ma osano di più; contornandola di altre quattro donne differenti e quintuplicando il punto di vista femminile.

«Harley Quinn. Cacciatrice di taglie. Dogsitter. Mercenaria...»

This is a man’s world è il nome del famosissimo brano di James Brown che, non a caso, viene cantato da Jurnee Smollett-Bell (The great debaters – Il potere della parola) – nei panni di Black Canary – e si fa simbolo del contesto sociale – cinematografico e reale – dominato dal sesso forte. Con tale premessa, Birds of prey segna, dunque, "la fantasmagorica rinascita" – o, più precisamente, "la fantabulosa emancipazione", stando al titolo originale – di Harley Quinn – «Per la prima volta, sono tutta sola», dice, in voce fuori campo – e inizia, vivacemente, con un prologo in animazione 2D; capace di evidenziare, in modo ancor più netto, l’aspetto cartoonesco e fanciullesco del personaggio. La candidata a 2 Oscar Margot Robbie (Tonya) torna a indossarne, a pannello, le psichedeliche vesti, in una performance davvero accattivante. La sua Harley – aka Harleen Frances Quinzel – alterna momenti di pura follia – testimoniati dallo sguardo espressivo dell’attrice, con gli occhi che sembrano quasi uscirle dalle orbite – ad attimi goliardici, teneri e persino infantili, a tratti – accentuati dalla perfetta voce sottile e dalla risata acuta di Robbie – che rappresentano la perdita di stabilità mentale e la relativa regressione all’età adolescenziale. Quando non deve occuparsi di faccende legate al crimine – ora che ha chiuso con quelle sentimentali – Harley dedica il proprio tempo a una iena chiamata Bruce – «in ore di quel figo di Wayne», ipse dixit – accudita come animale domestico, guarda cartoni animati in tv – uno dei suoi preferiti pare essere I misteri di Silvestro e Titti – e non può fare a meno dei toast con uova e formaggio (scaduto) della bottega di un simpatico signore dai tratti orientali – il quale lei afferma essere il suo unico amico. Attorno a lei, roteano – come pianeti intorno a un sole multicolore – tre donne e una ragazzina altrettanto toste, indomabili e sopra le righe: Renee Montoya, commissario di polizia omosessuale, con indosso una t-shirt dallo slogan piuttosto esplicativo – ovvero, «Ho rasato le mie palle per questo» – che ha il volto di Rosie Perez (Fearless – Senza paura); Dinah Lance, cantante di un losco locale, soprannominata Canarino Nero e interpretata da Jurnee Smollett-Bell; Helena Bertinelli – impersonata da Mary Elizabeth Winstead (10 Cloverfield Lane) – una giovane discendente di famiglia mafiosa, intenzionata a vendicare l’omicidio del padre e alla disperata ricerca di un giusto nome da killer da pronunciare con sfacciata convinzione e, infine, Cassandra Cain – l’esordiente in un lungometraggio, Ella Jay Basco (Grey’s anatomy): un’orfanella asiatica – adottata da due genitori, già, desiderosi di sbarazzarsene – che si diverte a fare la ladruncola di strada e vede Harley al pari di un modello ideale da raggiungere nella vita da adulta. A fare, ovviamente, da contraltare a questo quintetto di "uccelli rapaci" dalle pungenti piume di cristallo, entra in scena Romain Sionis – alter ego, Black Mask: eccentrico lestofante pieno di sé – collezionista di opere d’arte tribali e cineserie, con l’hobby dell’agopuntura – interpretato dal vincitore di un Golden Globe Ewan McGregor (Moulin Rouge!) – inaspettatamente efficace, in ruolo insolito con il quale è, comunque, capace di tener testa all’attrice principale. Chris Messina (American life) completa, poi, l’ensemble, nella parte di Victor Zsasz: braccio destro di Sionis e pluriomicida, che vanta i successi del mestiere con una rete di tagli da coltello sul petto villoso – uno per ogni essere umano spedito all’altro mondo.

«Un arlecchino non è nulla senza un padrone».

Birds of prey non è un cinecomic intrinsecamente puro nella propria essenza e lo script di Hodson sposta, leggermente, il registro tradizionale del genere verso quelli dello spy ed heist movie. Il fil rouge che fa da collante alla vicenda e ai personaggi è un oggetto dal valore inestimabile a cui molti danno la caccia: un diamante del quale Black Mask vuole appropriarsi, per avere un totale potere su Gotham e i suoi cittadini. «I diamanti sono i migliori amici delle donne», cinguettava – in totale onestà – Marilyn Monroe ne Gli uomini preferiscono le bionde e, a conferma di ciò, anche Harley sogna di averne uno tutto per sé; tanto da immaginarsi nella stessa scena musicale del cult di Howard Hawks, al posto della biondissima icona hollywoodiana. Yan riprende, quindi, la medesima sequenza – omaggiandola, in forma parodica e burlesca – con una Robbie similmente bionda e perfettamente a suo agio nel cantare le medesime note – in mezzo a uno stuolo di uomini – come emblematica ereditiera del lascito della diva di A qualcuno piace caldo. Il film – oltre ad essere valorizzato, visivamente, dalla fotografia di Matthew Libatique (Il cigno nero) e dalla scenografia di K.K. Barrett (Marie Antoinette), che gli conferiscono sfumature quasi burtoniane – evita di prendersi troppo sul serio; mantenendo un’accezione fumettistica – in positivo – e tenendo fede all’intento femminista del concept basilare. Una scommessa vinta, un’esplosione policromatica e un cocktail pieno d’azione, adrenalina e intelligente ironia. Difficilmente rimarrete sobri.


(Birds of prey and the fantabulous emancipation of one Harley Quinn); Regia: Cathy Yan; sceneggiatura: Christina Hodson; fotografia: Matthew Libatique; montaggio: Jay Cassidy, Evan Schiff; musica: Daniel Pemberton; interpreti: Margot Robbie, Mary Elizabeth Winstead, Jurnee Smollett-Bell, Rosie Perez, Chris Messina, Ella Jay Basco, Ali Wong, Ewan McGregor; produzione: Clubhouse Pictures (II), DC Entertainment, Kroll & Co. Entertainment, LuckyChap Entertainment; distribuzione: Warner Bros. Pictures; origine: USA, 2020; durata: (esempio) 109’; webinfo: https://www.warnerbros.it/scheda-fi...


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