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Blind Detective

Pubblicato il 23 maggio 2013 da Giovanni Spagnoletti

VOTO:

Blind Detective

Che sia una personalità multipla, un problema fisico o un handicap, il detective protagonista delle ultime pellicola di Johnnie To è sempre caratterizzato da una apparente debolezza, che si rivela in realtà uno straordinario punto di forza. Il Mad detective del 2007 tanto quanto il Johnny Hallyday di Vendicami sono infatti legati al protagonista di Blind detective proprio da questa caratteristica comune. L’ispettore Johnston è diventato cieco a causa di una malattia degenerativa, ignorata per il troppo lavoro. Da quel momento però l’acuirsi dei suoi altri sensi gli ha donato l’incredibile capacità di rivivere, quasi in prima persona, i movimenti e le azioni dei criminali a cui da la caccia.

Sembra volersi divertire con i limiti umani trasformandoli in virtù cinematografiche Johnnie To. Grazie infatti all’escamotage di un protagonista non vedente il regista può moltiplicare la narrazione, creando, all’interno della pellicola, inserti onirici, completamente diversi dal resto della narrazione eppure perfettamente integrati in essa. Bastano infatti pochi indizi, un odore, un segno lasciato sul pavimento a Johnston per trovarsi, magicamente, faccia a faccia con la vittima, nel momento esatto in cui veniva uccisa. D’improvviso così i toni divertiti di Blind detective si trasformano, la fotografia si fa cupa e fosca, le atmosfere quasi da horror. L’interrogatorio a cui l’investigatore cieco sottopone i fantasmi delle vittime apre e chiude continue parentesi all’interno della pellicola, che, proprio grazie alla soluzione narrativa trovata, non stonano con lo scorrere fluido del film. Ciò che ne nasce è un melting pot di generi e forme, un patwork di anime e cinema, dimostrazione dell’abilità tecnica di To, ma anche della grande capacità del cinema Made in Hong Kong di ibridare i propri topoi. Accanto alle tinte gialle del poliziesco vengono così mescolate quelle bluastre dell’horror e quelle pastello di una commedia slapstick. Johnston oltre ad esser un detective dalle straordinarie doti intuitive, è anche un non vedente a tratti imbranato, le cui movenze ricordano quelle del divertentissimo Jackie Chan.

Continuando nel suo alacre lavoro di contaminazione Johnnie To aggiunge un tassello importante alla sua filmografia con Blind Detective. Quasi fosse stata costruita a tavolino per conciliare le caratteristiche dei generi più fortunati del cinema orientali di questi ultimi anni la pellicola si piega di scena in scena alle esigenze del momento, senza perdere la propria compattezza interna. Un obiettivo arduo, raggiungibile solo grazie alla abilità del regista e del protagonista Andy Lau, simbolo stesso di questo cinema, goffo ed elegante al tempo stesso, spietato eppure incapace. Sorprendentemente il lavoro instancabile del regista di Hong Kong, la cui produttività appare quasi da record, non sembra inficiare sulla sua capacità di costruire racconti avvincenti e appassionati. Evidentemente, anche per Johnnie To, i limiti umani non sono un gran problema.


CAST & CREDITS

(Man tam); Regia: Johnnie To; Sceneggiatura: Ka Fai Wai, Nai Hoi Yau, Ryker Chan, Xi Yu; fotografia: Cheng Siu Keung; montaggio: David Richardson, Allen Leung; interpreti: Andy Lau, Sammi Cheng; origine: Hong Kong, Cina, 2013;  durata: 129’


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