Bride wars - La mia migliore nemica

Bride wars inizia con un breve prologo introduttivo nel quale, attraverso l’occhio indiscreto della macchina da presa, vengono mostrate al pubblico due dolci e giovani bambine impegnate nella messa in scena del loro gioco preferito: la simulazione di una cerimonia nuziale. Attraverso questa parentesi iniziale il regista vuole introdurre, oltre alle protagoniste della vicenda ancora nascoste in corpi di adolescenti, il tema portante dell’intera opera, ovvero il matrimonio e tutto ciò che ruota attorno ad esso. Ma quello che le piccole Emma e Liv mettono in scena non è un semplice matrimonio bensì, come in ogni gioco che si rispetti, qualcosa di assolutamente regale, una cerimonia da favola, uno di quei rituali da sogno in cui tutto funziona in maniera perfetta. Nel chiuso di una soffitta si consuma il sogno ad occhi aperti di due ragazzine che, malgrado i vestiti rabberciati, i gioielli di plastica e l’ambientazione nuziale posticcia, già si vedono immerse nella fantastica cornice dell’hotel Plaza di New York a godere dei rispettivi matrimoni, da amiche inseparabili e complici perfette. E’ un impegno nei confronti del pubblico quello lanciato nell’intro. Il desiderio di veder realizzato il sogno delle due fanciulle fornisce infatti l’assist ad una storia che ora ha la possibilità di svilupparsi e compiersi definitivamente.
Chiusa parentesi. Un salto brusco trasporta lo spettatore nella contemporaneità di una New York solare e, come al solito, dinamica. La versione adolescenziale delle protagoniste lascia finalmente spazio alla fisicità, all’allegria e alla freschezza della coppia Hudson-Hathaway, attrici sempre più brave e capaci di confrontarsi con ruoli di ogni tipo. Come quelli di Liv ed Emma, ad esempio, le due giovani protagoniste che, a distanza di anni da quei giochi infantili, ritroviamo ormai prossime alla completa maturità e, quel che più conta, ancora unite da una sincera amicizia. Un legame forte quello delle due giovani donne, al cui interno vive ancora la magia di un sogno condiviso, pensato in tempi remoti e mai abbandonato. Non basta infatti una radicale diversità di carattere, uno stile di vita opposto ed una situazione sentimentale senza punti di contatto a mettere in crisi una amicizia radicata ed indistruttibile, capace di durare nel tempo e superare ogni tipo di difficoltà. Serve qualcosa di più drammatico oppure qualcosa che vada a colpire il punto debole sia di Liv che di Emma. E proprio quando più nulla sembra scalfire questa solidità e tutto sembra andare nella direzione giusta, uno scherzo del destino, involontario quanto drammatico, piomba sulla scena con l’obiettivo di minare definitivamente l’armonia tra le due giovani protagoniste e compromettere seriamente la realizzazione del sogno di una vita. Per un errore dell’agenzia organizzativa infatti, il tanto atteso matrimonio di Liv ed Emma, finisce per essere fissato nel medesimo giorno, in due sale attigue dell’hotel Plaza. Un errore irreparabile insomma che costringerà una delle due a rinunciare al proprio sogno per assistere e presenziare a quello dell’altra.
Ma chi riuscirà a farsi da parte? La bella ed arrivista Liv, avvocato di successo, molto decisa e con un carattere altrettanto combattivo o la apparentemente dolce Emma, umile e generosa insegnante sempre disponibile con gli altri e molto poco con se stessa? E’ questo in sostanza il dilemma essenziale del film. Il nodo centrale attorno al quale, da questo momento in poi, si sviluppano gli eventi fondamentali della storia e si anima la battaglia tra le due giovani aspiranti spose. Quello che nasce è uno scontro tra due “animali” disposti a tutto, anche accantonare anni di amicizia così solida, pur di vedersi realizzate nell’immaginario da sempre sperato. Dispetti, ripicche, scherzi e umiliazioni, tutti elementi di una guerra da combattersi su ogni fronte per tentare di sconfiggere l’avversaria ed assicurarsi gli onori della ribalta. L’escalation improvvisa di eventi crea un ritmo interno all’opera sfrenato, sulla scia del quale lo spettatore vive una condizione di continuo fermento emotivo, condito, come se non bastasse, da un livello di comicità assolutamente elevato. E’ incredibile vedere come un film inizialmente indecifrabile e apparentemente inconcludente possa rianimarsi in maniera così decisa di fronte ad una sinfonia di avvenimenti altamente esilaranti e spassosi. Il merito nell’occasione è da attribuirsi quasi totalmente alla sorprendente interpretazione fornita da Anne Hathaway e Kate Hudson, mattatrici assolute di una pellicola che non si segnala per particolari qualità di scrittura o per una messa in scena innovativa. E’ più che altro una commedia di situazioni molto concentrata sulla performance recitativa e molto poco sulla qualità complessiva dell’opera. Gli sketch che compongono il mosaico di Bride wars non sono originali e probabilmente non vogliono nemmeno esserlo. Ciò che conta è l’apparenza di fronte al pubblico, il messaggio frizzante e leggero che l’istintività delle due attrici riesce a trasmettere in ogni singola immagine del film. Anche gli attori secondari contribuiscono alla creazione di questo spirito effervescente, grazie a dei contrappunti recitativi sempre puntuali e dei tempi comici molto ben calibrati. Sintomo questo di un alchimia speciale creatasi sul set, visibile ad occhio nudo e decisiva ai fini della riuscita di un film altrimenti prossimo alla sterilità. Per questo va dato merito al regista Winick di aver sfruttato al meglio le potenzialità del proprio cast, mettendo probabilmente in ombra se stesso e lasciando che per il bene della commedia stessa, il film fosse completato dal lavoro dell’attore. Non una commedia basata sulla composizione sofisticata quindi, non elaborata sulla base di una sceneggiatura articolata, su una scrittura arguta, irriverente, sull’utilizzo del doppio senso e di una forma particolarmente anticonformista, ma una commedia completamente affidata al volto, al gesto, alla freddura, allo spiazzamento dell’interlocutore e soprattutto basata sulla sorpresa, continuamente richiamata, ricercata e sfruttata in corso d’opera. Il risultato finale contrariamente alle aspettative è gradevole e la visione confortata da una comicità leggera, di certo non indimenticabile ma con buone possibilità di alleviare un po’ di tempo allo spettatore.
(Bride wars); Regia: Gary Winick; soggetto: Greg DePaul; sceneggiatura: Greg DePaul, Casey Wilson & June Diane Raphael; fotografia: Frederick Elmes; montaggio: Susan Littenberg Hagler; musiche: Edward Shearmur; scenografia: Dan Leigh; costumi: Karen Patch; interpreti: Kate Hudson (Liv), Anne Hathaway (Emma), Bryan Greenberg (Nate), Chris Pratt (Fletcher), Steve Howey (Daniel); produzione: New Regency, Birdie, Riche Ludwig; distribuzione: 20th Century Fox; origine: USA; durata: 89’; webinfo: Sito italiano
