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BUSH SELON LE MONDE: NON SOLO FAHRENHEIT

Pubblicato il 20 settembre 2004 da Giovanna Quercia


BUSH SELON LE MONDE: NON SOLO FAHRENHEIT

Sembrerà strano, ma Fahrenheit 9/11, oggetto in patria di un tentativo di oscuramento, ha a sua volta contribuito ad oscurare le sorti di un altro film-documentario, apparentemente sulla stessa lunghezza d’onda nell’agguerrita denuncia del clan Bush. La vittima di Moore è Le monde selon Bush del regista francese William Karel, costruito intorno ai libri-inchiesta di Eric Laurent La guerre des Bush e Le monde secret de Bush. Rigorosamente costruito attraverso le testimonianze incrociate di personaggi assolutamente addentro a quel vasto esercito di corporazioni, multinazionali e servizi segreti che ruotano intorno alla Casa Bianca e ne determinano in gran parte le politiche (dare un’occhiata all’elenco a lato), il film di Karel, prodotto dal canale tv France 2, perfetto complemento del più sensazionalistico e demagogico Fahrenheit 9/11, è stato escluso da Cannes per motivi diplomatici: “Non più di film anti-Bush”, si è sentito rispondere il produttore da Thiérry Frémaux, delegato generale del Festival. Peccato. Perché la fortuna del film sarebbe stata sensibilmente facilitata da un passaggio nella vetrina internazionale della Croisette. Al momento, invece, solo una massiccia uscita in Francia (messa in onda televisiva, distribuzione in DVD e sala cinematografica in meno di un mese) e qualche sparuta vendita all’estero: negli States neanche a parlarne. Le monde selon Bush è un documento molto credibile e approfondito sul micidiale cocktail di religione ideologizzata e interessi affaristici in nome del quale Bush, Cheney, Wolfowitz e Rumsfeld, con vertici di spregiudicatezza mai attinti da un’amministrazione americana, ritengono lecito ignorare rapporti dettagliati della CIA, tagliare i ponti con le Nazioni Unite (la testimonianza di Hans Blix, prima screditato quindi messo fuori gioco, è tra le più sconvolgenti), intrattenere rapporti pericolosi con l’Arabia Saudita nonostante le evidenti implicazioni negli attacchi dell’11 settembre. E tutto questo è valorizzato non solo dall’indubbia abilità narrativa celata dietro il “montaggio invisibile” di Karel, ma anche dal fatto che sono persone direttamente informate dei fatti a raccontarcelo, con tanto di nomi, cognomi e ricostruzioni circostanziate; ascoltiamo ad esempio David Frum, cui dobbiamo la celebre teoria dell’”Asse del male”, l’influentissimo e diabolico Richard Perle, persone con incarichi di spicco nella CIA come Robert Steele e James Woolsey, reaganiani preoccupati per la deriva neocons, etc. Repubblicani pentiti? Qualcuno, forse, in ogni caso non certo “pericolosi” oppositori politici del presidente. Per questo Le monde selon Bush è forse più convincente del film di Michael Moore e meriterebbe, come Fahrenheit, di essere conosciuto dagli americani. Tanto più che nei due film, pur nella evidente diversità di impostazione e toni, si avverte la medesima urgenza e lo stesso fine più o meno dichiarato: avere un effetto immediato sull’opinione pubblica, aumentare la consapevolezza del pericolo cui ci espone tutti la permanenza di Bush al potere, impedirne in ultima analisi la rielezione. Non ci si trova di fronte a due classici documentari di denuncia, due esperienze di controinformazione destinate ad un pubblico di nicchia, magari quello che è già d’accordo con le tesi sostenute, e nemmeno a due esempi classici di cinema politico, nel senso di smascheramento dei meccanismi del Sistema, così come avveniva nel film engagé anni ’60-’70. Che la cosa piaccia oppure no (e spesso non piace, si vedano le frequenti accuse di grossolanità rimediate da Fahrenheit, ad esempio sui “Cahiérs du cinéma” e anche all’interno della stessa “Close-up”), in questo caso è diverso. Siamo di fronte a strumenti di battaglia politica. Certo Michael Moore, grazie anche al suo stato di personaggio pubblico - si direbbe sia lui il vero avversario di Bush, altro che lo smunto Kerry! - calca molto più la mano ricorrendo a facili trucchi dimostrativi (se gli unici due marines intervistati in Iraq sono dei coglioni esaltati non vuol dire che siano tutti così) e proseguendo la sua battaglia con altri mezzi improvvisandosi ad esempio inviato speciale di “USA Today” alla convention repubblicana, mentre gli europei Karel e Laurent si sono limitati a parlare attraverso libri e film, tuttavia in entrambi i film trapela la sensazione che la posta in gioco è molto alta e che bisogna intervenire. Subito. Dopo le presidenziali di novembre sarà troppo tardi.

[settembre 2004]

regia: William Karel, sceneggiatura: William Karel e Eric Laurent da La guerre des Bush e Le monde secret de Bush produzione: Flachfilm/France 2, origine: Francia 2004 durata: 93’, persone intervistate: , Norman MAILER, scrittore, Robert STEELE, CIA, operazioni clandestine Michael LEDEEN, ex consigliere di Reagan, James ROBINSON, tele-predicatore, Robert BAER, CIA, operazioni clandestine David FRUM, consigliere del presidente (redattore discorsi presidenziali), Charles LEWIS, direttore Centro per l’integrità pubblica, Jim HOAGLAND, Washington Post Joseph Trento, storico, Sam GWYNNE, giornalista, direttore Texas Monthly, Ed McATEER, Coalizione Cristiana, Arnaud de BORCHGRAVE, Washington Times, Stanley HOFFMANN, Università di Harvard, James WOOSLEY, ex direttore CIA, Richard PERLE, consigliere del presidente, General William ODOM, ex direttore National Security Agency, Anthony BLINKEN, portavoce del partito democratico, David CORN, giornalista The Nation e Fox TV, Hans BLIX, capo ispettore ONU Javier PEREZ de CUELLAR, ex Segretario Generale ONU Colin POWELL, Segretario di Stato, Joseph WILSON, diplomatico Pr. VIET DINH, autore del Patriot Act (Ministero della Giustizia), Frank CARLUCCI, ex vice-direttore CIA, ex Segretario alla Difesa di Reagan, Gruppo Carlyle Laurent MURAWIEC, analista RAND corporation, David KAY, capo ispettore CI

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