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Chicken Little-Amici per le penne

Pubblicato il 6 dicembre 2005 da Fabrizio Croce


Chicken Little-Amici per le penne

Sembra che quest’anno l’animazione targata Walt Disney abbia trovato il suo punto di forza nella rappresentazione delle debolezze e delle imperfezioni di certi piccoli personaggi chiamati ad essere i nuovi eroi dell’immaginario infantile. Con Chicken Little, infatti, pare conclusa la lunga ricerca sin qui intrapresa di figure originali da contrapporre a quegli eroi "macho" di certo cinema d’azione che è così adorato da bambini sempre più cinici e assuefati alla rappresentazione della violenza. Sembra, insomma, si sia trovata quella risposta/invettiva a lungo cercata a tutti quei monelli che preferiscono all’anacronistico moralismo e alle vicende edificanti dei cartoni di un tempo, le avventure di certi personaggi "bad". Il tutto sembra avvenire tanto a livello produttivo quanto dal punto di vista delle storie e della maniera di raccontarle: (si pensi al recente Valiant, indiscutibilmente disneyano nello spirito seppur di origine britannica).
L’abilità della Disney, che infatti è tornata a sbancare i botteghini, non è stata solo quella di sfruttare le potenzialità spettacolari dell’animazione 3D - cosa del resto già rodata con successo nelle produzioni Pixar - ma anche il tornare ad insistere sui vecchi principi che hanno sempre attraversato il suo cinema e la sua filosofia: quell’atteggiamento leggero di trasgressività, provocazione e accento sarcastico, citazionista e dissacratorio che ormai, a partire dal successo planetario di Shrek, sta pervadendo tutto il cinema d’animazione occidentale, trasformando un’esigenza narrativa ed espressiva in una stanca macchina commerciale: in una coazione a ripetere di un circuito che gira su se stesso senza più il guizzo di un’idea o un lampo di poesia.
La storia del pulcino che, vedendosi cadere un pezzo di ghianda in testa, lo scambia per un pezzo di cielo e cerca disperatamente di convincere la comunità del suo pollaio di un pericolo incombente a cui nessuno vuole credere, poteva essere un’idea permeata di poesia e magia, ma più che farlo passare per una Cassandra pennuta, per un folle visionario, gli sceneggiatori scelgono di puntare su un’elementare situazione di stampo pedagogico, con il conflitto base verso il padre che non vuole credere ad un figlio così imbranato e “sfigato”, pur amandolo, si intende, moltissimo.
Insomma, non c’è nessuna trasfigurazione simbolica o fantastica della vicenda e dei personaggi in una dimensione più magica e misteriosa, nessun treno immaginario che conduce nel terreno del fantastico dove è possibile riconoiscersi perdendosi dentro i propri sogni,e non dov’è il sogno ad abbassarsi ad un livello di riconoscibilità e di identificazione che svilisce l’immaginazione ed il pensiero. Manca la sostanza della fiaba,un elemento portante e che rendeva unici ed irripetibili i lungometraggi della tradizione disneyana dove si insinuavano tematiche davvero scottanti e provocatorie - la sessualità,ad esempio, o la dinamica dei rapporti sociali,la seduzione del male rappresentato in maniera molto più attraente rispetto al bene - e dove si lavorava per sottrazione e misura e non per accumulazione e definizione meccanica.
Quando cade realmente un pezzo di cielo ed inizia la minaccia dell’invasione aliena si è direttamente proiettati verso la conclusione, il riscatto a cui è destinato Chiken Little in primis nei confronti del padre,in modo che tutti i bambini possano identificarsi in questo catartico processo di riconoscimento, senza sbadamenti e tentennamenti. Gli stessi riferimenti alla cultura pop nella colonna sonora pur pregevoli (It’s the end of the world dei R.E.M.) e le abbondanti citazioni cinematografiche con in testa il primo e l’ultimo Spielberg (E.T., La guerra dei mondi) servono a rassicurare, a dare l’illusione di partecipare ad un grande rito collettivo che forse termina quando si arriva a pagare il biglietto alla cassa, prima che il proiettore si accenda e sveli che questo sogno è stato già fatto.

[Dicembre 2005]

(Chiken Little)

Regia: Mark Dindal; Sceneggiatura:Steve Bencich,Ron J.Friedman,Ron Anderson; Musica:John Debney; Personaggi e doppiatori: Chiken Little(Zach Braff),Foxy Loxy(Amy Sedaris),Alba Papera(Joan Cusak),Aldo Cotechino(Garry Marshall),Sindaco Tacchino(Don Knotts),Pesce fuor d’acqua(Dan Molina); Produzione: Randy Fullmer per Walt dinsey Pictures; Distribuzione: Buena Vista; Origine: Usa,2005

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