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Close-up numero 26

Pubblicato il 14 luglio 2010 da Redazione Close-up


Close-up numero 26

L’apparire dei film 3D in questo nuovo scorcio di secolo sembra un fatto inevitabile pensando allo sviluppo del cinema spettacolare hollywoodiano, sempre più indirizzato all’intrattenimento totale, a uno spettacolo avvolgente per lo spettatore, il tutto reso possibile dall’evolversi della tecnologia digitale.
Una delle caratteristiche di questa tecnologia sta proprio nel continuo espandersi delle sue possibilità e quindi applicazioni, uno sguardo perennemente rivolto al futuro (basti pensare agli annuali ritrovi di Steve Jobs o alla sfida a distanza di vari personaggi come Lucas, Spielberg, Zemeckis e Jackson, solo per citare i più famosi, per stupire il pubblico applicando nuovi software, creando nuovi effetti spingendo sempre più il cinema verso la pura invenzione, la pittura, l’animazione). Il digitale ha disseminato i suoi prodotti e le sue applicazioni nelle nostre case, nelle nostre città, si supera costantemente nel produrre tool e software sempre più raffinati e invasivi. E il cinema ovviamente accetta la sfida: ecco allora che dopo il Dolby Surround, il THX (e quindi lo sfondamento dimensionale prodotto dall’altissima definizione sonora che crea un vero e proprio campo tridimensionale intorno allo spettatore), dopo le applicazioni della computer grafica improntate a superare i confini tra realistico e pittorico per creare pure visioni, allora lo sfondamento dell’immagine stessa che si protrae nello spazio della sala si dà come imprescindibile. Dopo i tentativi IMax e degli schermi ultra giganti, curvi, dopo le esperienze visive sempre più coinvolgenti e avvolgenti che hanno creato quel “cinema luna park” di cui parla attentamente Laurent Jullier, lo spazio diventa davvero un punto di arrivo, un luogo da esplorare.

* dall’introduzione di Maria Elena Gutierrez, Simone Arcagni


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