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Continuare a resistere ancora

Pubblicato il 25 aprile 2007 da Alessia Spagnoli


Continuare a resistere ancora

Ricominciare a raccontare la Realtà. Magari, proprio a partire dalla Storia. Oggi, 25 Aprile, ci piace pensare che sia ancora possibile. Che sia possibile tornare a guardare il presente attraverso la lente privilegiata del passato, anche in un Paese senza ’memoria storica’ come il nostro. Più ci si allontana e più il campo visivo si allarga. Esiste un testimone di quei giorni, anzi: si tratta in verità di un vero e proprio protagonista della Liberazione, tornato finalmente, dopo anni di ‘oscurantismo’ a fare il suo mestiere. C’era chi voleva metterlo a riposo forzato. Ma no, lui, Enzo Biagi, non ha mai chiesto il lusso del pre-pensionamento.
Preceduto e introdotto dall’amabile, agile talk-show Che Tempo che Fa, che già aveva ospitato, ai tempi, le riflessioni amare di questo decennale dipendente del servizio pubblico, allontanato a viva forza dalle sue mansioni, e che aveva attirato al conduttore del programma la solita accusa ignorante di far politica, invece che satira. Ma Fazio è un ’peso leggero’. Nulla di male: significa semplicemente che la categoria è diversa, e, che proprio in virtù di questo dato di fatto, non esiste confronto possibile. A ciascuno i suoi match e i suoi ring.
Rotocalco Televisivo. Già il titolo dello spazio che Biagi si è volutamente ritagliato, suona ironico, a chi si senta affogare solo al pensiero del marasma di format incentrati sui gossip. La riflessione e l’approfondimento, si riappropriano finalmente dei loro spazi (anche) televisivi? Che la tv, dal canto suo, abbia smesso, infine, di anestetizzare le menti? Non ci si illuda. Tuttavia, ultimamente, si registrano timidi segnali in direzione di un utilizzo più militante del piccolo schermo e che, forse, si possa tornare a parlare anche del ’Paese Reale’ oggi. Anche questo, disperiamo che la politica torni a farlo, in prima persona.
C’è il rischio concreto che le coscienze si assopiscano. Ora che il ’Grande Nemico della Libertà’ è stato sconfitto, c’è davvero il serio pericolo che, per lo meno una larga fetta dell’elettorato di sinistra, possa ritenersi sereno e soddisfatto. Biagi torna ed è come un fiume in piena: esordisce togliendosi naturalmente qualche sassolino dalla scarpa. Ma lo fa con classe, servendosi di ironia puntuta, senza fare nomi o ’proclami’. La sua ’furia di raccontare’ necessita di una puntata pilota lunga, che si concentra su ciò che preme di più al suo autore. La prossimità dell’anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo non pare davvero un caso.

Biagi rivela una realtà sconvolgente, per chi non abbia consapevolezza o pratica proprio col dato contingente: siamo in guerra. Una guerra invisibile, mimetizzata, dove gli abusi del potere vengono sapientemente occultati e spacciati per altro. Ed ecco allora le dichiarazioni forti di Vittorio Foa. ’Oggi bisogna resistere anzitutto alla sonnolenza’. Lo dice un vecchio partigiano, vecchio, ma dalla tempra ancora assai vigorosa. Dalle sue parole e da quelle di Tina Anselmi, dal lavoro di Biagi, emerge una ’strana’ disposizione di fiducia nei confronti dei giovani. Loro sì, ricorderanno certamente come ci si sentiva. A sintonizzarsi su altri canali, o a seguire le notizie dei tg, pare che i ragazzi siano altrettanti mostri spaventosi.
Dalla complessità del programma, che mette insieme interviste e reportages, emergono continui fili rossi e rimandi interni: tra passato e presente, tra Nord e Sud, tra vecchi e giovani, come dicevamo. Uno dei tratti più ricorrenti e sconfortanti, in Italia, ad esempio, riguarda il fatto che ’Da noi, si ammira il furbo, non il retto’, così dichiara l’ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo. In questa ammissione sconfortante, riverberano le parole di Roberto Saviano, l’intervista simbolica con cui Biagi sceglie di aprire il suo programma. L’autore di Gomorra ricorda il momento eclatante della cattura del giovane boss Cosimo Di Lauro, e parla degli atteggiamenti da divo assunti dal camorrista, che tanto colpirono l’immaginazione dei ragazzi di Napoli (tanto da farlo diventare il desktop più diffuso sui telefonini). Il modello vincente per i tanti giovani senza molte speranze è quello del successo facile, che porta donne, fama e ricchezza. Quello che li spinge ad invidiare oggi uno come Fabrizio Corona, ad esempio, e nonostante l’epilogo poco allegro della sua parabola personale. Saviano racconta a Biagi di Brandon Lee, cita testi di Bob Marley, versi di canzoni di cantanti hip-pop locali. Chiunque ricordi le sue interviste a personaggi come Pasolini o Primo Levi (poi omaggiato nel corso del programma), non può non intenerirsi a vedere il decano dei giornalisti italiani non recedere di un passo dalla necessaria disposizione all’umiltà che dovrebbe guidare sempre l’operato di un cronista: Biagi ascolta con vivo interesse - glielo si legge in volto - il giovane ventottenne, e non ha paura di mostrare che sta apprendendo nozioni sconosciute.
Ma finora, chi era andato ad intervistarlo, Roberto Saviano? Come fa ad imporsi piuttosto un ragazzo come questo, nella mente dei giovani, se questi non sanno neppure chi sia. Oppure lo ritengono un traditore e una spia. Più facile sollevare agli altari della cronaca qualche cantante sanremese: smuove meno polvere. E questa, rifluirà puntualmente sotto al tappeto.
Saviano, l’autore del caso editoriale Gomorra, è un ragazzo di oggi, come loro. E’ uno che, in nome della verità, ha abdicato alla sua libertà personale, tanto che oggi vive sotto scorta.
Si diceva dell’inizio programmatico di Rotocalco Televisivo. Si andrà avanti, nell’ora e mezza di trasmissione, affrontanto temi come l’anniversario del 25 aprile, le storie minute degli sfrattati romani, in cui italiani si mischiano ad extracomunitari, o di tutti quei giornalisti caduti nell’adempimento del loro dovere. Armati soltanto di videocamera e di desiderio di osservare e capire, prima e, poi, di raccontare, per testimoniare. Anche qui, Biagi sembra rivendicare altre piccole soddisfazioni personali.
Poi si concede un ulteriore lusso, quello di parlare di un ricordo personale di giovinezza e racconta di un giovane parroco, don Fornasini, anni 29, assassinato dalle SS a Marzabotto, perché testimone di azioni nefande commesse dai nazisti. Rimarrà giovane per sempre. Ed è dunque coetaneo di Saviano.
No, non è proprio un caso che Biagi dedichi la sua puntata zero al vasto tema della Libertà. In tutte le sue manifestazioni e forme. E proponga i diversi eroismi possibili, recenti o affidati al ricordo storico. C’è sempre bisogno di quel tipo di eroismo concreto del quotidiano, del coraggio dei normali.
E non ha paura di chiudere con l’ultima, amarissima verità: ’In Italia è più importante chi conosci, che chi sei’.
Eppure Biagi testimonia col suo esempio retto, con la sua professionalità integerrima, che in alcuni momenti è necessario non piacere ai potenti. E vincere la paura. A volte, si può.



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