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Crossing over

Pubblicato il 28 giugno 2009 da Federica Bianchi


Crossing over

Wayne Kramer, sceneggiatore e regista di Crossing over, si serve di un cast notevole per un’operazione ambiziosa che non appare però completamente riuscita. Il titolo, che cita un’espressione appartenente alla biologia molecolare, rende esplicito l’intreccio "genetico" attorno al quale ruotano le gioie, ma soprattutto i dolori, dei protagonisti della pellicola. Gli Stati Uniti, emblema di un’America ricca, vincente, incarnazione dell’american dream, sono mèta degli spostamenti di numerose anime che lasciano il proprio Paese d’origine in cerca di condizioni di vita migliori; come noto, spesso la lunga e ostacolante burocrazia trasforma i disperati in clandestini, quindi in dei fuorilegge, che come tali devono essere espulsi dal Paese. Qui entra in atto il reparto per cui Max Brogan (Harrison Ford) lavora, l’Immigration and Customs Enforcement, che ha il compito di far rispettare le leggi sull’immigrazione; attraverso un giro di vite tutti i personaggi troveranno un collegamento tra loro condividendo il fine ultimo di salvare o essere salvati. La costruzione troppo classificatoria dal punto di vista casistico e di appartenenza etinica, non permette alla pellicola di costruire una basa empatica ed emozionale da trasmettere allo spettatore; le piccole storie dell’adolescente coreano, dell’attrice australiana, del musicista inglese, dell’adolescente del Bangladesh, di un’operaia messicana, di una ragazza egiziana e di una bambina africana, nel loro alternarsi non lasciano il tempo di entrare in contatto psico-emotivo con i diversi personaggi, lasciando lo spettatore incatenato alla sua poltrona. Un tema così tristemente attuale e profondamente viscerale come l’immigrazione, implica un approfondimento delle cause scatenanti e del dramma interiore che ogni persona costretta a lasciare la propria casa o i propri familiari vive dentro di se; la pellicola, da questo punto di vista, sembra mancare di quella profondità che invece la materia richiede per apparire totalmente credibile e significativa. Così il punto di vista del film appare notevolmente "americanizzante", nel sottolineare le sole difficoltà burocratiche e nel mostrare freddamente come l’Orientalismo o il terzomondismo siano spesso l’incarnazione delle nostre paure occidentali, che ci portano a vedere in una quindicenne musulmana che porta il velo, una potenziale terrorista interessata al jihad e con manie suicide (ovviamente non senza un riferimento alla tragedia dell’11 settembre, per cui la ragazza si dimostra comprensiva). Nonostante il film sia stato distribuito con una durata inferiore di 20 minuti a causa di alcune scene considerate troppo violente dalla casa di produzione, forse a Kramer è mancato qualcos’altro per firmare una buona pellicola.


CAST & CREDITS

(Crossin Over); Regia e sceneggiatura: Wayne Kramer; montaggio: Athur Coburn; fotografia: Jim Whitaker; interpreti: Harrison Ford (Max Brogan), Ray Liotta (Cole Frankel), Ashley Judd (Denise Frankel), Jim Sturgess (Gavin Kossef), Alice Braga (Mireya Sanchez), Cliff Curtis (Hamid Baraheri), Alice Eve (Claire Shepard), Summer Bishil (Taslima Jahangir); musica: Mark Isham; produzione e distribuzione: Weinstein Company; origine: Usa,2009; durata: 113’.


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