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D.N.A - DOCUMENTI NON ARCHIAVIATI

Pubblicato il 18 ottobre 2002 da Michela Carobelli


D.N.A - DOCUMENTI NON ARCHIAVIATI

Dimenticato e spesso sottovalutato dal grande pubblico che in genere gli preferisce il film di finzione e lo associa a noiose serate televisive, il documentario italiano sembra essere divenuto il filo rosso di una prolifica e sotterranea produzione trasversale sia in video che in pellicola. Punto d’incontro tra la grande tradizione del cinema impegnato degli anni sessanta e settanta e testimonianza di nuove tendenze di costume, luogo della memoria da rivisitare o rinnegare, il documentario cambia forma, si appropria di contenuti che non gli appartengono, si insinua in passaggi televisivi e festival internazionali, diviene solida palestra per il debutto cinematografico di giovani registi in cerca di conferme. Proprio questa estrema versatilità (che è anche energia vitale) emerge con forza dalla rassegna del Cinema Documentario “D.N.A - documenti non archiviati”, che si è tenuta al cineclub Detour di Roma dal 7 al 17 dicembre. Accanto all’omaggio a De Seta (di cui sono stati proiettati molti dei documentari girati in Sicilia), alla retrospettiva dedicata a Raffaele Andreassi (autore di una celebre trilogia dedicata al pittore naif Antonio Ligabue), alla personale di Roberto Nanni (di cui è stato possibile vedere tutta la produzione: da L’amore vincitore a Conversazione con Derek Jarman ai super 8 dedicati al gruppo dei Tuxedomoon), tre sono le sezioni in cui sono stati suddivisi i lavori più recenti. Del mockumentary o “finto documentario” - nuovo genere di racconto in cui la narrazione applica i moduli linguistici dell’inchiesta documentaria ad avvenimenti del tutto inventati - accanto ad alcuni lavori dell’iniziatore del genere in Italia, Paolo Caredda, meritano un cenno particolare due delle Fantainchieste di Studio Universal, Franca Stein - L’orrore delle Alpi - e Ninetto Guerra - Il piccolo rambo, dirette da Roberto Pisoni e Roberto Amoroso, in cui realtà, finzione, amore per la storia del cinema e ironia si intrecciano in modo lucido e originale. Della sezione di impianto più tradizionale, attenta ai temi dell’attualità, accanto ai lavori di Scimeca o Nevano, va sicuramente citato il film di Giulio Latini, Lorenza Mazzetti - in the world of silence, dedicato alla vita della donna che, dopo aver toccato con mano la tragedia dell’olocausto, è stata uno dei protagonisti dell’esperienza cinematografica del Free Cinema. Sguardi su angoli del mondo, viaggi di altrove dentro frammenti di storia collettiva caratterizzano il versante antropologico della rassegna di cui I ragazzi del Ghana - la storia di due calciatori adolescenti ghanesi che vengono in Italia per tentare di realizzare i propri sogni, vincitore nel 2000 del Torino Film Festival- e Un cuento de boxeo, dedicato alla vita del grande pugile cubano Teofilo Stevenson, di Alessandro Angelini, sono forse i due esempi più intensi e appassionati. [dicembre 2002]


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