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David di Donatello 2003

Pubblicato il 28 aprile 2003 da Alessandro Izzi


David di Donatello 2003

Inizialmente pensato per la prima serata di Rai uno, la cerimonia di consegna del David di Donatello è stata poi fatta slittare su Rai due per far posto all’anticipazione dello speciale giornalistico (?) messo su in tutta fretta da Bruno Vespa in seguito alla presa di Bagdad da parte delle truppe americane. È stata, questa, un’acutissima scelta dettata da alto tempismo cronachistico, una di quelle mosse di cui sembra essere capace, oggi, solo la RAI che ha ottenuto come unico risultato, televisivamente parlando e fermo restando il valore storico di ciò che è avvenuto in Iraq (e che è stato del tutto ininfluente sulla messa in onda della partita di calcio su Canale 5), il solo effetto di rovinare due prime serate in un colpo solo. La guerra, che non era stata capace, nelle sue fasi iniziali, di toccare il glamour hollywoodiano della notte degli Oscar deve avere qui, in casa nostra, maggiore potere mediatico dal momento che sono sentiti come necessari questi stravolgimenti di palinsesto. Ma lo spostamento di rete è stato solo l’inizio della catastrofe, niente più che il preludio ad una serata che ha fatto acqua da tutte le parti. E non solo perché sul palco, per non si sa quale strana perdita, pioveva davvero su premiati e premiatori, ma anche perché l’intera serata è stata un triste susseguirsi di improbabili problemi tecnici che hanno rivelato un sostanziale dilettantismo organizzativo tipicamente italiano. Oltre ad una regia televisiva incredibilmente piatta e sbagliata (mai una volta che il regista riuscisse a fare uno stacco al momento giusto), gran parte del demerito va al pessimo lavoro sul suono con una gestione dei microfoni che neanche un bambino pigiando a caso sulla consolle... Da qui, oltre all’apertura dei microfoni sbagliati nei momenti sbagliati (giusto per farci sentire le discussioni dei presentatori prima del loro ingresso in scena), anche l’atroce presa del suono, con un incongruo ambientale pieno di echi, del breve concerto al pianoforte di Nicola Piovani (ironia della sorte: il concertino è venuto immediatamente dopo la consegna del premio al fonico di presa diretta assegnato ad Andrea Giorgio Moser per El Alamein)
Sullo sfondo di una scenografia orribile con grandi imitazioni della scultura di Donatello che letteralmente penzolavano sul palco e sulla testa degli spettatori in prima film, facendoci continuamente temere dell’incolumità dei convitati, ha preso corpo una serata che neanche la consumata abilità di Lorella Cuccarini (che, con nostro sollievo, sostituisce la Carlucci della passata edizione) è riuscita a risollevare. Una serata funestata da pesanti punti morti, da misunderstandings di varia natura (specie con gli ospiti stranieri) e da vari numeri di ballo e musica che non facevano che rallentare l’andamento della consegna dei premi con conseguente tripudio di sbadigli per chi seguiva la cerimonia. Che le cose non sarebbero andate per il meglio lo si era, comunque, già intuito vedendo il balletto d’apertura con un omaggio a Sordi pessimamente immaginato. Un orrore proseguito, poi, con il “momento” in cui Massimo Ghini (l’altro presentatore della serata) ha imitato Sordi cantando la celebre canzone tratta da Fumo di Londra. Al di là dei dettagli organizzativi resta da riferire sui premi che, mai come quest’anno, erano di così difficile assegnazione stante l’indiscutibile bravura di quasi tutti i nominati e il numero di pellicole di qualità distribuite nel corso di questa stagione.
Trionfatore della serata è stato La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek che si è aggiudicato i premi per miglior film, migliore musica (Andrea Guerra: un premio dovuto), miglior attore protagonista (Massimo Girotti: un altro premio dovuto) e migliore attrice protagonista (Giovanna Mezzoggiorno, bravissima). I venti di guerra devono aver, paradossalmente, portato bene ad un film dal fondo pacifista come El Alamein che si aggiudica, oltre alla statuetta per il suono, anche i riconoscimenti importanti per il miglior montaggio (Cecilia Zanuso) e per la miglior fotografia (Daniele Nannuzzi). Una conferma, questa, di come la lettura di certi testi possa essere facilmente influenzata dal contesto che la circonda/influenza.
Miglior produttore è stato (manco a dirlo visto che vantava ben tre candidature nella categoria) Domenico Procacci, premiato, qui, per l’opera più coraggiosa tra quelle candidate: Respiro di Crialese. Due i premi per il bel film L’imbalsamatore di Matteo Garrone: il primo per il miglior attore non protagonista ad Ernesto Mathieuz, il secondo per la migliore sceneggiatura a Matteo Garrone, Massimo Gaudioso e Ugo Chiti.
Sostanzialmente sconfitto il bellissimo L’ora di religione di Bellocchio che si porta a casa inspiegabilmente solo il premio per la migliore attrice non protagonista (Piera degli Espositi), mentre il premio alla regia assegnato a Pupi Avati per Il cuore altrove resta l’unico riconoscimento per un film intimo e delicato che, pure, avrebbe meritato di più.
Scontati, ma meritati i premi dal sapore quasi memoriale assegnati a Danilo Donati per Pinocchio (miglior scenografia e migliori costumi): il massimo che si poteva assegnare al brutto film di Benigni (assente alla serata). Miglior regista esordiente è stato Daniele Vicari per il buon Velocità massima, mentre il premio per il miglior cortometraggio è andato ex-aequo a Rosso fango di Paolo Ameli e a Racconto di guerra di Mauro Amura.
Grandissimo sconfitto (grandissima prova di intelligenza da parte dei giurati) il bruttissimo Ricordati di me di Muccino che non si aggiudica neanche un premio.
Infine, ma lo si sapeva già, miglior film straniero è stato Il pianista di Roman Polanski che ha ritirato il premio dedicandolo, con vivido ricordo della sua infanzia, a tutte le vittime della sanguinosa guerra che ha raccontato nel suo film, ma anche agli eroi che hanno portato la libertà.

[aprile 2003]


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