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ECCO UN UOMO LIBERO!

Pubblicato il 19 dicembre 2002 da Alessandro Borri


ECCO UN UOMO LIBERO!

Chi è Riley, l’uomo libero (tratteggiato da Paolo Ferrari con signorile aplomb) di cui condividiamo un week end consueto e memorabile? Da una parte un bravo papà old style pronto a stroncare i sogni della figlia che fa andare avanti la baracca, ma esce con un motociclista infingardo. Ma dall’altra un dispensatore di teorie supposte illuminanti, e invenzioni sicuramente inutilizzabili, costantemente in tentata evasione dalla gabbia borghese e sempre a un passo dall’invenzione decisiva, il rivoluzionario colpo di genio che gli faccia fare bingo. Purtroppo la semplicità è qualcosa di difficile da raggiungere, e Riley - donchisciottesco e farlocco, paranoico e naif, vanaglorioso e charmant - è condannato alla prigionia nella giungla d’asfalto contemporanea. Quel che è certo è che mai si adeguerà al grigiore mortale dei giorni, a quell’”hangin on in quiet desperation” che è l’english way secondo i Pink Floyd. E chissà che prima in poi non imbrocchi quella giusta. Il discorso del lavoro giovanile di Stoppard è chiaro (lotta titanica tra la prosa dell’esistente e la poesia del possibile), ma l’abilità affabulatoria è già pirotecnicamente formata, garantendo un intrattenimento di classe superiore. Quanto allo spettacolo, ha un tono occasionalmente da sit com, ma vale come ulteriore sintomo di apertura su un autore ultimamente in voga nei nostri teatri (vedi la recente prima italiana di Arcadia). La scena - suo punto di forza - fa convivere, sullo sfondo di un nebbioso skyline suburbano very British: da una parte la casa di Riley, ritratto di borghesia con abbondanza di piante e ritratto della regina bene in vista; dall’altra il pub, col bersaglio per le freccette e il jukebox pronto a sparare Beatles e Elton John, dove Riley va a sfogare le sue voglie di fuga immaginativa, accolte dagli altri avventori con scettica rassegnazione, stupita dedizione, canagliesco divertimento. Tanto per far capire che le ricorrenti fughe sono falsi movimenti, circolari e destinati alla sconfitta. E infatti i paralleli rientri alla magione del padre e della figlia sono infine guatati dall’alto dalla madre, immobile custode della stabilità domestica, silenziosa vincitrice della partita.

[dicembre 2002]

Cast & credits:

Teatro Vittoria, Roma, 3-15 dicembre

Regia: Francesco Macedonio traduzione: Filippo Ottoni interpreti: Paolo Ferrari, Maria Paiato, Ariella Reggio produzione: La Contrada - Teatro Stabile di Trieste


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