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Johnny English la rinascita

Pubblicato il 4 novembre 2011 da Enrica Orlando


Johnny English la rinascita

Johnny English è rinato. Esiliato in una regione sperduta dell’Asia, a causa dei suoi errori nella precedente missione in Mozambico, la spia inglese ha imparato le antiche arti orientali del controllo della mente sul corpo. Non senza gaffe e sfortunate passerelle sui carboni ardenti, Johnny impara a controllarsi, a credere in se stesso, a resistere ai colpi bassi dei traditori, ai colpi bassi... al ventre e ai colpi atletici di chi è più agile e giovane di lui: Johnny English ha imparato ad usare l’intelligenza. Inaspettatamente viene richiamato all’ordine dall’ MI 7 per sgominare una banda di criminali, salvare il leader di Hong Kong ed evitare il caos globale. Ma come evitare il caos di Johnny English? Tornato a Londra, la spia più imbranata della storia si perde nelle gag più paradossali. Per inseguire giovani ninja fulminei e agguerriti, Johnny prende l’ascensore; i cancelli che gli altri devono scavalcare in tutta fretta, lui può aprirli comodamente con una camminata elegante non priva di sguardi ammiccanti . Tutto, è chiaro, senza perdere d’occhio la preda . L à plombe britannica è caricaturata alla massima potenza. Immancabili al completamento del quadro della perfetta spia, il compagno di avventure giovanissimo che ha tutto da imparare dall’esperienza di Johnny English, e la bella psicologa comportamentista che perderà la testa per lui. L’ agente English, allora, è davvero rinato? Tecnicamente, il film ha acquistato molto grazie alla sceneggiatura di Hamish Mc Coll che ha creato un thriller soft, diluito con le gag di Rowan Atkinson, spesso indistinguibili dalla goffe situazioni del fanciullesco Mr Bean. Una spy story light, dove l’intento non è solo far ridere, come nel primo Johnny, ma far appassionare lo spettatore e rendere il personaggio di Atkinson più reale, plausibile. Eppure questa commistione non sembra risultare equamente distribuita e il film di Oliver Parker sembra reggersi solo sulle gag di English, sbilanciando il ritmo della storia, soprattutto all’inizio. Infatti, solo quando Johnny English dimostra di non essere cambiato affatto il film riprende tono. Johnny scambia ombrelli spara missili per ombrelli anti proiettile, traditori per amici, saltella imballato in un sacco da obitorio, si infila i pantaloni al contrario e colpisce a vassoiate tutte le anziane donne che gli capitano sotto mano perché le confonde con l’asiatica assassina che lo perseguita. La sua inadeguatezza è esilarante perché inconsapevole, anzi, condita di autocompiacimento. La rappresentazione migliore di questa sua condizione è sicuramente la gag della sedia che si abbassa progressivamente durante una riunione con il primo ministro: lentamente, il povero English si ritroverà quasi sotto il tavolo proprio mentre giura di poter risolvere tutto in quarantotto ore. Ecco il mix comico che funziona: l’espressività di Atkinson stagliata nei contesti più imbarazzanti; l’impassibilità del suo volto nelle situazione di tensione massima; il suo corpo gracile, nelle pose da arti marziali più atletiche. Impossibile omettere la gag della sedia a rotelle. Come da copione, per un imbranato ingenuo e buono che si rispetti, tutti lo vogliono morto perchè vien scambiato per il traditore. Johnny deve scappare e ovviamente deve farlo nel modo più anticonvenzionale: su un sedia a rotelle motorizzata. Anche qui la verve comica già costruita sull’ aspetto surreale della situazione, è valorizzata e accentuata dal viso di Atkinson: serio, deciso, concentrato. Il suo volto sorpreso, caratterizza la ocandina e da senso a tutto il film. La sua comicità è britannica, sottile, paradossale. Johnny è English, di nome e di fatto.

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