X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Fantasticherie di un passeggiatore solitario

Pubblicato il 25 novembre 2015 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Fantasticherie di un passeggiatore solitario

C’era una volta un regista esordiente di nome Paolo Gaudio che, dopo aver deciso di dedicare la sua intera esistenza allo studio e all’apliccazione degli effetti speciali in campo cinematografico in ogni loro forma ed estensione, diede alla luce la sua opera prima, Fantasticherie di un passeggiatore solitario. Buon per lui, oseremmo dire, ma dov’è la novità, la scintilla che graffia la tenebra della monotonia? E’ proprio lì, nel mezzo, o meglio nel cuore dell’opera.

Accade che un giovane di nome Theo (Lorenzo Monaco) , bizzarro nei modi e nell’approcciarsi alla società bigotta, trovi per caso un romanzo incompiuto, dal titolo "Fantasticherie di un passeggiatore solitario", per l’appunto, scritto in un tempo indefinito da un poeta maledetto, Jean Jacques Renou (Luca Lionello). Nel libro vengono narrate, tra le tante fantasticherie (ben 23), le vicissitudini di un curioso bimbetto sulle orme di un vecchio scorbutico a spasso tra boschi tenebrosi. Di cosa narra, in realtà, il romanzo incompiuto di Renou? E cosa accade una volta che si raggiunge Vacuitas, luogo misterioso e onirico?

Fantasticherie è un film fantasy, fantastico. O, per risultare più pertinenti, accoglie in sé tutti i connotati tanto cari alla fiaba classica, riletta in chiave moderna, venata di un horror appena accennato, come capita di vedere al cinema da più di qualche anno. Laureato in filosofia e dedito allo studio della resa degli effetti speciali, sia nell’accezione artigianale (più scolastica), che in quella moderna dall’impronta digitale, Paolo Gaudio si lascia influenzare dai maestri di suddetta arte quali Tim Burton, Phil Tippet e Ray Harryhausen, coadiuvato per sua stessa ammissione da quel Leonardo Cruciano, già considerato un campione di fama nazionale. L’intero film è supportato da un cast “in carne e ossa”, alternato a sparuti personaggi di plastilina animati in stop-motion (il bimbetto e il vecchio nel bosco e il negromante che tormenta il povero Renou), realizzati con tratti grotteschi, pallidi e ossuti, dai grandi occhi e dita affusolate, autentici pezzi di bravura artistica. Tutti loro si muovono, parlano e interagiscono con gli attori reali, vestendo Fantasticherie con tonalità dark e soprannaturali.

A voler esser sinceri, sono i momenti in cui i bambolotti di plastilina fanno capolino, che la pellicola di Gaudio acquista spessore e identità: al giovane regista piace giocare con essi, ma quando le energie devono essere focalizzate sugli aspetti tecnici formali, i nodi giungono al pettine. Se da una parte si capisce come Gaudio desideri costruire un arco narrativo suggestivo e frammentario, occupandosi contemporaneamente di tre filoni differenti ma collegati da un fil rouge invisibile, sfruttando un arzigogolato montaggio alternato, d’altra parte si finisce col ritrovarsi sotto gli occhi un arazzo tessuto con eccessiva foga e noncuranza dei dettagli. Gli stacchi di montaggio non avvengono con pertinenza, ma scalzano un arco narrativo con un altro senza alcuna logica apparente, quasi in modo schizofrenico, destabilizzando in più di qualche occasione l’attenzione. Non ci sono dubbi che Gaudio avverta un desiderio quasi morboso di realizzare una pellicola sperimentale nella forma, quanto nei contenuti, ma l’aritmia di cui soffre Fantasticherie di un passeggiatore solitario finisce col trasformare il film in un racconto confuso, che si perde tra i boschi dell’immaginazione di Gaudio, senza riuscire più a trovare la strada maestra.

L’intera pellicola gioca sul concetto di incompiutezza (incompiuto è il romanzo di Renou, avatar tormentato di Rousseau; incompiuta è la vita di Theo e il viaggio del giovinetto sulle orme del vecchio) e l’obiettivo che il regista si pone fin da subito è quello di cercare di infondere un senso compiuto in tutte le vicende lasciate in sospeso. Questa sembra essere la promessa implicita rivolta allo spettatore fin dall’inizio. Purtroppo Gaudio scivola nell’autocompiacimento troppo in fretta, costruendo un finale circolare (che poi non è uno sbaglio di per sé), accompagnando i tre archi narrativi e tutti i personaggi verso finali altrettanto sospesi: Fantasticherie vorrebbe così essere inteso come un film incompiuto, in un modo originale e manieristico di assimilare storia e simbolismo, ma finisce col rivelarsi tronco, anzi stroncato, in un fragile esercizio di stile. Oltre a non portare a termine nessuno dei tre filoni narrativi presentati e sviluppati a metà, ne risentono tutti i protagonisti, fantasmi sospesi in un limbo di attesa, grotteschi e incompresi, a cui non viene data nemmeno una misera possibilità di rivalsa. Non si parla di finale aperto: qui manca un pezzo di storia, il finale vero e proprio.

Di Fantasticherie di un passeggiatore solitario ci teniamo l’ambizione, l’ardore e il coraggio di Paolo Gaudio, augurandogli un futuro radioso, dopo che avrà raggiunto e valicato il finire del bosco nel quale si è perso con i suoi personaggi, per non lasciare che il suo futuro e l’egregio lavoro artistico rimangano (purtroppo) incompiuti.


CAST & CREDITS

(Fantasticherie di un passeggiatore solitario); Regia: Paolo Gaudio; sceneggiatura: Paolo Gaudio; fotografia: Sandro Magliano; montaggio: Massimiliano Cecchini; musica: Sandro Di Stefano; interpreti: Luca Lionello, Lorenzo Monaco, Nicoletta Cefaly, Domiziano Cristopharo, Fabiano Lioi, Angelique Cavallari, Fabrizio Ferracane, Selene Rosiello; produzione: Smart Brands, Leonardo Cruciano Workshop, Illusion; distribuzione: Mediaplex; origine: Italia, 2015; durata: 83’; Proposta di voto: 2


Enregistrer au format PDF