FESTA DEL CINEMA DI ROMA - CONFERENZA STAMPA DI WU QINGYUAN (THE GO MASTER) - 15/10/06

Sono presenti in sala il regista Zhuangzhuang Tian e il protagonista Chen Chang.
Come mai ha voluto raccontare una storia sul gioco del Go? E cosa significa il gioco per la vostra cultura e cosa voleva dire sul Go?
Z.T.: Wu Qingyuan è ancora vivo: ha 90 anni, ne ha trascorsi 70 in Giappone. Ha dedicato la sua esistenza al Go e alla sua Fede: tutto ciò rappresenta una storia molto commovente. E’ molto apprezzabile il fatto che abbia dimostrato di avere un certo spirito.
Il Go ha avuto origine nella misurazione astronomica; si è poi diffuso in Giappone, dove è diventato un vero e proprio gioco, caratterizzato dalla vittoria e dalla sconfitta.
Il Go viene definito come una versione lenta di un combattimento di arti marziali (la forma di espressione cinematografica orientale che a noi è giunta più facilmente): come ha voluto rendere l’idea di questo combattimento lento?
In Cina appartiene al settore sportivo, in Giappone e Corea del Sud alla cultura. Si tratta di un gioco molto difficile: attraverso il film è impossibile insegnarne al pubblico le regole, e non ho mai pensato di descriverlo nel dettaglio. Ho solo voluto narrare la storia di due giocatori e il loro spirito in un periodo storico molto particolare.
Perché ha scelto Roma per la proiezione?
Non è stata una mia scelta personale: quando un film viene completato, bisogna cercare di promuoverlo e io mi sono affidato al distributore.
Vi sono degli aspetti attraverso i quali si identifica nel protagonista?
Il regista è sempre molto legato alle storie che racconta.
Domanda rivolta a C.C.: Come ha fatto la preparazione? Attraverso cosa pensa di aver dimostrato il grande spirito di questo giocatore?
Mi sono preoccupato di esprimere ciò che provo nei confronti di questo personaggio, perciò prima di iniziare con le riprese ho effettuato una lunga preparazione, consistita nel conoscerlo. E ho comunicato molto spesso col regista, poiché non ho potuto vivere il periodo storico descritto nel film.
Per T.Z.: Lei ha voluto dimostrare che lo spirito del Go è quello del protagonista. Allora per lei qual è lo spirito del gioco? In Corea del Sud, Giappone e Cina l’interpretazione che gli si da è la stessa?
L’aspetto più importante è che quando si ama un’impresa ci si dedica anima e corpo ad essa, andando avanti con perseveranza: soltanto con questo spirito Wu Qingyuan ha potuto superare le difficoltà del suo periodo storico e liberarsi delle limitazioni impostegli. Il suo spirito consiste nel rispetto di sé stesso, degli altri e della società.
Il punto in comune fra i tre Paesi è l’espressione della cultura orientale, che alla fine vede sempre uscire un vincitore e uno sconfitto. Invece nel suo libro Wu dice che vittoria e sconfitta non hanno nessuna importanza e che, per quanto divertente, un gioco deve sempre svolgersi tra due individui: e noi spettatori possiamo notare, durante la partita, chi fra i due possiede una dimensione spirituale superiore all’altro.
Eccellente è stato il contributo dello scrittore Cheng Ah (famoso anche in Italia per la “Trilogia dei re”, in particolare per Il re degli scacchi): come è stata la collaborazione?
Cheng è un saggio, quindi ero io a dover imparare da lui, per cui nessuna collaborazione...E’ la seconda volta che lavoro con lui (dopo Springtime in a Small Town, ndr), mi ha dato molte illuminazioni.
Il Go è diverso dagli scacchi, perché non è vi è nessuna gerarchia fra le pedine, solo bianche contro nere.
Cosa le piacerebbe raccontare sul momento di profondo cambiamento che la Cina sta oggi vivendo?
Nulla a che vedere col Go, allora... Comunque nel mio film c’è qualche nesso con lo stato spirituale dei Cinesi. L’apertura della Cina odierna, sta significando che l’attrazione per le cose materiali sta diventando più importante di quella verso gli aspetti spirituali della vita. Ed io penso che l’Uomo debba avere un qualche Credo.
