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Festival dei Popoli - Apertura: PATTI IN FLORENCE

Pubblicato il 12 novembre 2020 da Matteo Galli
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Festival dei Popoli - Apertura: PATTI IN FLORENCE

Il 1979 è un anno chiave nella storia dei concerti dal vivo in Italia. Dopo anni in cui - in seguito a numerosi disordini nei quali l’evento musicale diventava in prima battuta un pretesto per disputare scontri politici non solo fra chi voleva “sfondare” entrando senza pagare e la polizia ma anche fra diverse frange del movimento – di fatto le band straniere (ma anche italiane) avevano evitato di esibirsi nel nostro paese, si provò timidamente a ricominciare. L’evento che segnò un nuovo inizio e che tutti ricordano fu la mini tournée di Patti Smith che si esibì per due giorni di seguito da prima a Bologna (il 9 settembre del 1979) e l’indomani, il 10, a Firenze. Chi scrive vive nel capoluogo toscano e all’epoca aveva diciannove anni, quel giorno era in Germania (mai andare in Germania, direbbe Alfeo Sassaroli, alias Adolfo Celi, il chirurgo di Amici miei), ma ha sentito tanti amici raccontare di quell’evento divenuto fin da subito mitico, sia per le ragioni appena menzionate, sia perché quel concerto fu quello conclusivo di un lungo tour europeo - e più in generale da allora per la bellezza di 17 anni Patti Smith non si fece più vedere su un palcoscenico.

Poco più di dieci anni fa, nel 2009, Patti Smith tornò a Firenze a celebrare il trentennale di quell’evento, dando vita a una serie di performance, mostre e concerti in giro per la città. In quelle giornate la cantante e poetessa venne accompagnata da una troupe cinematografica. E alla macchina da presa allora c’era Edoardo Zucchetti, fiorentino, che all’epoca aveva ventitré anni e che adesso ne ha trentaquattro e con questo documentario – che apre la 61° edizione del Festival dei Popoli (15-22 novembre 2020) - esordisce alla regia cinematografica, dopo essersi già da tempo dedicato alla regia operistica. Patti in Florence alterna dunque almeno quattro periodi: il 1979, di cui sono rimasti moltissimi ricordi, fotografie analogiche e un audio non esattamente perfetto, ma a quanto sembra niente video; molte sequenze del 2009, queste sì in video, fra le quali Patti che fiera di avere il pass con sopra scritto “Artista di strada” si esibisce in San Frediano, canta e dialoga insieme a giovani band fiorentine al Teatro del Sale di Fabio Picchi, lo chef del "Cibreo", canta Because the Night alla Galleria dell’Accademia accanto al David di Michelangelo, si esibisce in un reading alla Biblioteca delle Oblate, canta e recita Howl di Allen Ginsberg in Piazza Santa Croce nel concertone finale a cui assiste Gino Strada che proprio in quei giorni le fece conoscere “Emergency” di cui la cantante e poetessa di Chicago è da allora una grande ammiratrice e sostenitrice. Interviste a componenti della band e molte sequenze dal vivo risalgono a un ulteriore concerto di Patti Smith, all’Anfiteatro delle Cascine nel 2015. Al 2019/2020 infine sono riservati i ricordi dei testimoni di allora, dell’evento da cui tutto il film scaturisce: da celebri critici musicali come Assante e Castaldo, a membri della PFM, al manager italiano di Patti Smith Stefano Righi, fino a tutta una serie di figure ultranote ai fiorentini (l’organizzatore Claudio Bertini, Michele Ventura, vicesindaco di Firenze e dirigente del PCI toscano, che organizzò il servizio d’ordine di quel concerto, Benedetto Ferrara, giornalista musicale e sportivo di “Repubblica”, etc. etc).

Forse un po’ troppo celebrativa e qua e là stucchevole la parte del 2009, con Patti Smith che si aggira per Firenze come fosse una specie di santa laica. La sezione ambientata ai giorni nostri pecca invece di un certo provincialismo, per un eccesso, anche nel vernacolo, di fiorentinità (torna in mente, com’è ovvio, un celeberrimo passaggio di Boris: “Però c’è un’altra cosa che voglio dirti, che credo sia il vero merito di questa fiction: è che non ci sono toscani, nessuno che dice la mi’ mamma, il mi’ babbo, passami la ‘arne, la ‘arta, perché con quella ‘c’ aspirata e quel senso dell’umorismo da quattro soldi, i toscani hanno devastato questo paese”). Essa resta tuttavia molto interessante come rievocazione dell’importanza storica di quel concerto del 1979, non solo alla luce delle testimonianze orali, ma anche e soprattutto per i documenti giornalistici convocati da Zucchetti; basti pensare che l’arrivo di Patti Smith in Italia venne addirittura annunciato dalle copertine dell’Espresso e di Panorama. L’Espresso accompagnava la foto provocatoria e un po’ inquietante della cantante con il titolone: “Il diavolo Patti Smith. È in arrivo in Italia l’idolo canoro dei giovani, chi è, che cosa significa, su quali stati d’animo agisce”.

Insomma, un evento non solo musicale ma epocale che tutti gli intervistati non omettono di celebrare, rievocazione qua e là nostalgica di un’Italia piena di fermenti, piena di vita e in cui – a differenza di quanto accade oggi, bisogna pur dirlo – i giovani erano molto molto più protagonisti dell’agire culturale, sociale e politico. E c’era anche Enrico Berlinguer che – lo ricorda Ventura – salutò con grande attenzione e rispetto l’entusiasmo dei 150.000 giovani che andarono a Bologna e a Firenze a vedere il concerto di Patti Smith.


CAST & CREDITS

(Patti in Florence); Regia: Edoardo Zucchetti sceneggiatura: Edoardo Zucchetti; fotografia: Simone Cariello, Edoardo Zucchetti, montaggio: Daniele Drovandi; interpreti:Patti Smith, Ernesto Assante, Gino Castaldo, Michele Ventura, Benedetto Ferrara, Claudio Bertini, Franz Di Cioccio, Stefano Righi produzione: Fondazione Sistema Toscana origine: Italia 2020; durata: 97’. Proposta: 3 stelle.


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