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Francesca

Pubblicato il 26 novembre 2009 da Simone Spoladori


Francesca

Nulla di memorabile o di sconvolgente Francesca. L’opera prima dell’esordiente Bobby Paunescu testimonia però le buone condizioni di salute del cinema rumeno, clamorosamente salito alla ribalta un paio di anni fa con lo splendido Quattro mesi, tre settimane, due giorni di Cristian Mungiu, vincitore della Palma d’oro a Cannes nel 2007.
I motivi per ricordare a lungo Francesca, però, ci sono.
Il primo è l’insulto secco e diretto che uno dei personaggi, il padre di Francesca, rivolge all’onoverole Allessandra Mussolini all’inzio del film. Quando la figlia infatti, va dal genitore per chiedergli il permesso di trasferirsi in Italia e per illustrargli il suo progetto imprenditoriale nel nostro paese, il premuroso padre la mette in guardia contro i pericoli che possono incontrare gli immigrati nel nostro paese, in particolare legati a quello che «quella t...a della Mussolini» (cito testualmente dai sottotitoli) inciterebbe a fare. Non si è fatta attendere, naturalmente, la querela della nipote del Duce, pronta a bloccare, risentita, l’uscita del film nelle nostre sale (insieme al sindaco di Verona, Tosi, bollato nel film come «sindaco di m...a). Non male, comunque, come pubblicità gratuita, considerando anche il boato che si è scatenata in sala alla proiezione al Festival di Venezia immediatamente dopo la battuta “incriminata”. Ed è probabile che il film, distribuito da Fandango, possa essere agevolato da questo polverone mediatico che assicurerà quantomeno la curiosità del pubblico.
Legato a ciò, comunque, c’è un discorso ben più importante, che per la verità si perde un po’ nello sviluppo narrativo di Francesca, ed è il riflesso di come il nostro paese, ormai, venga percepito all’estero in materia di immigrazione, come un posto tutt’altro che accogliente, tutt’altro che rispettoso dei diritti degli immigrati, scenario di episodi di violenza e di attacchi spietati e brutali ai clandestini. L’eco degli ultimi raccapriccianti risvolti ideologici (se addirittura di ideologia si può parlare e non di semplice ma ormai radicato ciarpame da balera) e sottoculturali proveniente dai recenti vergognosi proclami istituzionali in materia di immigrazione e degli ultimi spaventosi fatti del canale di Sicilia si fa percepire nelle prime sequenze del film, quando la giovane Francesca si sente da più voci sconsigliare il suo trasferimento in Italia. Non si abbandona alla paura della violenza e ai timori di fallimento del proprio progetto di vita - vuole aprire un asilo in lingua rumena nel nostro paese dopo aver accumulato un po’ di denaro lavorando come badante - e parte alla volta di Milano. Se lo fa comunque è perché la realtà del suo paese, come si evince da quel che vediamo dopo, è ben più drammatica. A farne le spese il fidanzato, che proprio mentre Francesca è in viaggio per l’Italia, va incontro alle tragiche conseguenze di un tentato affare tra politica e malavita, spingendo la giovane a rientrare.
Lo stile gelido, oggettivo, fatto di lunghi e statici piani sequenza, è l’elemento più forte del film, perché raffredda la vicenda, le restituisce oggettività e durezza, impone il ritmo giusto per una narrazione necessariamente antispettacolare come questa. Le pecche risiedono nella sceneggiatura, c’è qualche personaggio che sparisce troppo in fretta e di cui non si intuisce la funzione, c’è un elemento - il dialogo con lo zio - che aggiunge pennellate di tragico e squallido grottesco che paiono fuori tono.
Quel che rimane di Francesca, più di tutto, specialmente ad uno spettatore italiano, è il senso di imbarazzo e di “sporcizia” per quella che inevitabilmente è ormai la considerazione che all’estero si ha del nostro paese.


CAST & CREDITS

(Francesca); Regia: Bobby Paunescu; sceneggiatura: Bobby Paunescu; interpreti: Monica Birladeanu (Francescagio), Doru Boguta (Mita), Luminita Gheorghiu (Ana), Teodor Corban (Ion); produzione: Mandragora Movies; distribuzione:Fandango; origine: Romania, 2009; durata: 96’


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