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Gianni e le donne

Pubblicato il 27 settembre 2011 da Edoardo Zaccagnini


Gianni e le donne

Alla Di Gregorio, più che altro. Con questa Roma calda e svagata, così verde, luminosa e morbida, colorata di un centro che sembra paese. Rumorosa e viva, coi giovani dipinti senza cercare di farli somigliare a paradigmi, ma invece lasciati liberi di esprimere, con la personalità di ognuno, un oggi che viene fuori da sè. E a Di Gregorio questo può anche far piacere, ma non è per niente il punto centrale del suo cinema. Che è fatto di allegra malinconia, di personale delicatamente raccontato. Con un cinema che conosce il cinema di qualità, senza rimanerne prigioniero, che dosa bene la quantità delle parole, che adopera situazioni intelligenti, e qualche gag di simpatica finezza. C’è Sempre Gianni, al centro di tutto, anche in Gianni e le donne, opera seconda che non fa rimpiangere la freschezza della prima, Pranzo di Ferragosto. Osservatore un poco impaurito, attonito nei suoi pensieri, ma veloce a nasconderli di fronte a quelli degli altri. Non giudica, anzi, un pò subisce con la sua buona fede, ingenua, con la costante disponibilità. Si guarda dentro senza piacersi troppo, e senza piangersi mai addosso. Ma piacendo a chi lo vede, perchè rilassa la sua "normale" inadeguatezza, la sua trattenuta passione per la vita. Il suo infilare il viso e il passo silenzioso nel mucchio di vite che incontra. Il Tatì di Trastevere, l’ha definito Steve Della Casa, che soffia le parole più che altro come reazione alla sicurezza presunta, e spesso ridicola, degli altri. Un cinema di bonarietà, di calma malgrado tutto, quello leggero di Gianni di Gregorio. Malgrado il quotidiano non proprio meraviglioso, gli impicci di antica data, il tempo che se ne va. Un bicchiere ancora, se le cose vanno male, e un’altra notte spesa a cercar di vivere la vita. Poi si ricomincia, sempre con garbo, con un’educazione un poco buffa, anche questa, che appartiene alla vita di un autore nato comico senza volerlo, senza che questa sorte lo abbia mai eccitato più di tanto. Sensibile, si vede da come si muove, da come affronta la vita, da come osserva ed esorcizza se stesso prima che il mondo. Gianni Di Gregorio, scoperta quasi casuale del cinema italiano più recente. Atipico, unico, dolce, con gli occhi nascosti dentro due taglietti ed un sorriso costante quasi difensivo. La mamma, che non c’è più nella vita, ma è come se ci fosse ancora, il denaro che invece non c’è mai, Trastevere e qualcosa da bere, sono quattro ingredienti del "giovane" cinema di Di gregorio. Almeno per ora, mescolati dall’autore con una bravura di cui forse non si rende nemmeno conto. Faccia il prossimo film, il terzo capitolo di una trilogia, o anche qualcosa di molto diverso. Faccia lui, ma faccia senza paura, con le tonalità e gli umori che gli sono propri. Qualcosa di buono ne verrà fuori. Come questi due suoi primi film: ponentini romani che accarezzano il viso in un modo che a Roma, e in Italia, non si erano mai visti, nel senso della tradizione. Faccia un cinema alla Di Gregorio, appunto.

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CAST & CREDITS

Regia: Gianni Di Gregorio; Sceneggiatura: Gianni Di Gregorio, Valerio Attanasio; Fotografia: Gogò Bianchi; Montaggio: Marco Spoletini; Interpreti: Gianni Di Gregorio, Valeria de Franciscis Bendoni, Alfonso Santagata, Elisabetta Piccolomini, Michelangelo Ciminale; Produzione: Angelo Barbagallo, Bibì film, Isaria Productions, in collaborazione con Rai cinema; Distribuzione: 01 distribution


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