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GIOVANI

Pubblicato il 18 gennaio 2003 da Edoardo Zaccagnini


GIOVANI

Due storie di un cammino verso se stessi. Due storie sul dolore, sulla vita e sulla morte. Due racconti di passaggio che si perdono nel loro coraggioso sviluppo per ritrovarsi alla fine, con i loro personaggi, forse, più forti. Chi non si perde mai è una telecamera digitale che li pedina, aspetta, insegue, scruta. Un affannoso aggrapparsi alla nuca simile a quello dei Fratelli Dardenne. Una corsa disordinata verso il salto dall’adolescenza alla maturità. Un volo rapido e secco perché forzato dal tragico dilemma vita-morte. Matteo e Juliette non sono i protagonisti di un film generazionale: lontanissimi dai “bambini” di Muccino, sono davanti al dolore con la paura e la forza di chi ha vent’anni. Il primo ha una madre lacerata dalla malattia, la ragazza ha in grembo il frutto di un amore non corrisposto. Entrambi devono scegliere il modo in cui superare la loro afflizione. Meno che mai un film sull’aborto o l’eutanasia. Una presa di coscienza della vita piuttosto. Una scelta subito dopo. Ecco perché è anche difficile valutarlo solo come un film sull’universo giovanile (tipo Velocità massima di Daniele Vicari o Pesi leggeri di Enrico Pau). Il dolore di Matteo è anche il dolore di suo padre. Di un padre che la forza per affrontarlo non ce l’ha più. La differenza forse è anagrafica più che generazionale. Forse suo padre non ha più la forza per saltare. È difficile dire se i giovani di oggi hanno più coraggio o più paura rispetto alle generazioni dei loro nonni o genitori. Forse hanno più confusione e meno indirizzi ma l’irrazionale e la sofferenza sono proprie di ogni esistenza. I fratelli Mazzieri, artigiani parmigiani di un cinema intimo e sincero, saltano con i loro ragazzi. Abbandonano la commedia chiudendo gli occhi e incrociando le dita. Autobiografia e mestiere si mescolano in un punto di ripartenza utile al pubblico ma soprattutto al loro percorso di cineasti. Lasciano a casa tanti metri di pellicola per avvalersi, soddisfattissimi, di un digitale denso che accompagna i due giovani con due diversi colori. La Parma che fa da sfondo al film infatti è celeste e fredda con Matteo, mentre sembra a fatica ritrovare un po’ del suo giallo quando Juliette la attraversa in bicicletta. Diverso è pure il contesto urbano che accompagna le vicende. Dalle aristocratiche architetture del centro chiuse nella loro bellezza, ai dinamici agglomerati popolari in cui si muove il ragazzo. L’ incidente iniziale e l’abbraccio finale sono, quelli si, mera televisione, ma si cancellano, volendo, con le due maiuscole interpretazioni di Lina Sastri e Massimo Wertmuller (due bravi attori italiani) addolorati anche loro in sintonia col contesto.

[gennaio 2003]

regia: Luca e Marco Mazzieri,sceneggiatura: Carlo Fontana, Luca e Marco Mazzieri, fotografia: Roberto Barbierato, interpreti: Davide Pasti, Gallianne Palayret, Massimo Wertmuller, Lina Sastri, Marisa Mantovani produzione: SET 22, distribuzione: Istituto Luce durata: 96’

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