GIU’ PER IL TUBO

A distanza di alcuni mesi dall’Academy Awards aggiudicatosi da Wallace & Gromit: La maledizione del coniglio mannaro e come del resto ci aveva anticipato Nick Park in una divertente conferenza stampa, la Aardman torna a farci ridere di gusto: esce infatti nelle sale Giù per il tubo, primo titolo della nota casa di produzione inglese ad essere realizzato totalmente in Computer Grafica. Una scelta innovativa, ma giustificata come diremo dopo, che potrebbe far storcere il naso ai più, ma che comunque sembra continuare idealmente quel fil rouge di plastilina che contraddistingue i film della Aardman: nonostante il mondo e gli abitanti del film siano totalmente ricostruiti in 3D, il design dei personaggi mantiene una decisa caratterizzazione materiale propria dei pupazzi argillosi usati per l’animazione a doppio fotogramma. Un’idea decisamente intelligente, vista la fortuna che questo stile d’animazione ha riscontrato nel corso degli anni.
La storia di Giù dal tubo inizia a Kensington: lussuoso quartiere residenziale di Londra, a due passi da Buckingham Palace, dove vive Roddy, topo di compagnia d’una ricca bambina. Rimasto solo in casa, per la partenza di padroncina e famiglia al seguito, il nostro amico topo diventerà l’unico padrone della sontuosa dimora. Purtroppo per lui, questa presa di posizione durerà poco, il tempo che entri in scena Sid, topo di fogna dalle apparenze decisamente low class che, spodestato il povero Roddy, s’installerà sul divano di casa in attesa della grande finale di Coppa del Mondo tra Inghilterra e Germania. Nel tentativo di disfarsi del maleodorante quanto sgradito ospite, Roddy finirà nel water: porta privilegiata per il mondo delle fogne. Qui, l’aristocratico roditore scoprirà l’esistenza di una seconda Londra, perfettamente ricostruita da un popolo di suoi simili. Naturalmente questo non è posto per un topo come lui e, nel disperato tentativo di ritornare in superficie, cerca in qualche modo di uscirne: conoscerà così Rita, topina rossa e avventuriera, ed i suoi inseguitori, un manipolo di bravi al soldo di The Toad, un losco figuro anfibio con in mente un piano infernale legato all’intervallo della finale di Coppa del Mondo...
Oramai la Aardman non sorprende più: uno dopo l’altro, i suoi film riscuoto successi e consensi, sia di critica che di pubblico. Bisogna, però, dire una cosa: dopo Wallace & Gromit le aspettative erano molte e il rischio di delusioni decisamente elevato. Fortunatamente non è stato così. Chiariamo, Giù per il tubo per diversi aspetti ci è sembrato inferiore a Wallace & Gromit, a partire dai personaggi e finendo nella storia: in particolare quest’ultima è sembrata troppo in riga con quelle di altri film d’animazione usciti in questa stagione ed in particolare con La Gang del bosco, riproponendo il tema del personaggio solo e della forza della famiglia e delle amicizie. Magari è solo un’impressione, c’è però il fatto che queste si vanno a sommare a due a due ogni autunno cinematografico, presentandosi costantemente con l’uscita dei titoli targati Dreamworks o Pixar. Sarà un caso? Vogliamo sperare di si. Per quanto riguarda i personaggi, è normale che una coppia come quella inventata da Nick Park abbia una forza cinematografica che Roddy e Rita possono solo sognarsi: Wallace e Gromit sono già un’istituzione, una delle migliori aggregazioni duali antropo-canine mai create sinora, un livello di paragone troppo elevato per l’attuale duo di roditori, che fanno comunque la loro discreta figura. Una cosa che invece allontana Giù per il tubo da Wallace & Gromit, e che fa pendere l’ago della bilancia verso il film in CG, è la varietà e la bontà dei personaggi secondari, i quali, rubandosi la scena a vicenda, imperversano sullo schermo, sovrastando quelli che dovrebbero essere i personaggi principali. Uno su tutti: il rospo mimo e la geniale invenzione della video-chiamata recitata, una piccola perla da tenere a memoria. Riprendiamo ora un discorso accennato prima. La scelta della CG è dovuta principalmente a necessità logistiche di realizzazione: nel film sono infatti presenti grandi quantità d’acqua, che avrebbero reso la realizzazione del film in plastilina decisamente problematico. La grafica computerizzata risolve questo problema, mantendosi comunque in secondo piano: come già detto i personaggi sembrano realizzati in plastilina e anche i loro movimenti sembrano seguire questa impressione, in particolar modo nel movimenti della bocca.
Al loro esordio alla regia di un lungometraggio, David Bowers e Sam Fell, gli ennesimi esordienti di casa Aardman, realizzano un film ricolmo di riferimenti filmici (ne citiamo solo alcuni: Wallace & Gromit: La maledizione del coniglio mannaro, il telefilm di Batman e Robin, le comiche di Benny Hill, 007, Terminator) e con un’ottima colonna sonora, vivace quanto basta. Si spazia dalle composizioni di Harry Gragson-Williams, ai Dandy Warhols, passando per i Jets, Tina Turner e Tom Jones, le canzoni dei quali molto spesso performate da un gruppo di lumachine dalla voce stridula: vero e proprio coro d’accompagnamento alle gesta di Roddy e Rita, doppiati da un cast d’eccezione (un classico ormai per questo genere di film) che comprende Hugh Jackman, Kate Winslet, Ian McKellen e Jean Reno.
(Flushed Away) Regia: Sam Fell, David Bowers; soggetto: Sam Fell, Peter Lord, Dick Clement, Ian Le Frenais; sceneggiatura: Dick Clement, Ian Le Frenais, Christopher Lloyd, Joe Keenan, William Davies; fotografia: Brad Blackbourn, Frank Passingham; montaggio: Eric Depkewicz, John Venzon; musica: Harry Gregson-Williams; Production Designer: David James; Art Director: Pierre-Olivier Vincent, Scott Wills; costumi: Jane Poole; interpreti: Hugh Jackman (Roddy), Kate Winslet (Rita), Ian McKellen (The Toad), Jean Reno (Le Frog), Andy Serkis (Spike); produzione: Cecil Kramer, Peter Lord, David Sproxton; distribuzione: UIP; origine: USA, 2006; durata: 84’; web info: sito ufficiale.
