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GIULIO BROGI PER ME

Pubblicato il 20 febbraio 2019 da Fabiana Sargentini


GIULIO BROGI PER ME

Quando Giulio Brogi - interprete meraviglioso di grandi film della storia del cinema e della televisione (I sovversivi e San Michele aveva un gallo dei Taviani, Strategia del ragno di Bertolucci, L’invenzione di Morel di Emidio Greco, Enea nella omonima serie tv anni Settanta) - aveva da poco accettato di recitare la parte di Ettore nel mio esordio nella finzione (dal titolo Non lo so ancora), io e la costumista Lia Morandini, figlia di Morando con cui avevo scritto il soggetto (in parte autobiografico), una mattina di primavera andammo con un freccia rossa in Veneto andata e ritorno in giornata, tre ore e mezza all’andata tre ore e mezza al ritorno, per fare la prova costume. Giulio ci venne a prendere alla stazione di Verona con una macchina sportiva che guidava piuttosto sportivamente. Dopo alcuni tornanti arrivammo in un bosco, in provincia di Negrar. Lì sorgeva la sua dimora che veniva tenuta in piedi da quella piccola donna (dentro un gigante) che era sua moglie Elsa. Erano contenti di mostrarci i loro territori, dove operavano, dove con grande modestia mangiavano in una sala piccola accanto alla cucina: ricordo come una casa di altri tempi, come le case dei nonni nelle foto in technicolor. Provammo a Giulio due o tre completi, vari colori di camice, dettagli, una maglietta a righe blu e bianche un po’ marinaresca, che poi mise durante le riprese. Lui era estremamente malleabile, gentile, disponibile. Anche a tagliare la notevole chioma fluente di capelli grigi che gli incastonava lo splendido viso ancora giovanile. Il personaggio non richiedeva quei capelli lunghi fino alle spalle da zingaro birichino, che però tenne fino all’ultimo giorno prima delle riprese nel maggio 2011, qualche giorno prima che compisse ottant’anni. Quel giorno di primavera a Negrar mangiamo con loro, provammo i vestiti, facemmo un giro nel giardino, nel bosco, nella serra dove facevano piccolo orto, ci mostrarono con fierezza uno spettacolare teatro di pietra immerso nel verde dove d’estate dei giovani attori si riunivano attorno al Maestro per mettere in scena delle rappresentazioni, di cui Giulio andava estremamente fiero. Quella giornata durò un attimo ma segnò qualcosa nel nostro rapporto, come un’intimità maggiorata dalla conoscenza della sua quotidianità, della confidenza con la moglie, questa donna paziente che lo accoglieva, lo accudiva, che se ne era presa cura sicuramente in momenti anche di difficoltà. La moglie infatti lo accompagnò sul set nelle quattro settimane di riprese a Levanto, in Liguria: la produzione gli aveva trovato una bella casa, piccolina ma con vista mare, di cui erano contenti. Entrambi partecipavano alla vita comune del set, il sabato venivano alle cene che facevo per l’intera troupe e gli attori a casa mia sul terrazzo. Ricordo quel periodo come un momento fatato, magico, fuori dal tempo. E Giulio, insieme a Morando con cui si passavano sette anni di differenza, rappresentò in qualche modo il mio incontro con qualcosa che era andato via, un passato forte e potente pieno di sapienza, che non avevo vissuto: facevano parte della storia del cinema. Ora saranno insieme da qualche parte, mi guarderanno, si prenderanno forse gioco di me in maniera affettuosa, perché mi hanno voluto bene come io ne ho voluto a loro.


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