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Grandi classici per nuove regie

Pubblicato il 23 marzo 2017 da Monia Manzo


Grandi classici per nuove regie

Non ci sono dubbi sul fatto che in merito ai maestri del teatro italiano ci sia una sorta di vuoto e che siamo in molti a sentire la mancanza di regie ad altissimi livelli professionali.
Detto questo dobbiamo anche analizzare ciò che il nuovo panorama teatrale offre e a dir la verità sullo stato delle cose non ci si può esimere dall’approfondire alcuni lavori notevoli svolti da quarantenni ormai più che consolidati nel ruolo di registi non più esordienti.

Da considerare in special modo gli spettacoli andati da poco in scena a Roma e ora in tournée in Italia: Casa di bambola con la regia di Roberto Valerio, Le baccanti di Daniele Salvo e Così è se vi pare di Claudio Boccaccini.
Protagonista di Casa di Bambola, testo naturalista hibseniano per eccellenza, è Valentina Sperlì, attrice versatile e ormai in simbiosi con il regista romano Roberto Valerio.
Entrambi sono accomunati da numerose esperienze collegate a spettacoli in cui Umberto Orsini è stato protagonista e anima della compagnia e forse non è un caso che il grande attore dopo tanti anni abbia scelto di farsi dirigere da Valerio in Il giuoco delle parti. L’imprinting di un teatro borghese limitato da scelte che evocano l’ironia brechtiana, sono gli elementi che emergono in maniera più evidente dalle scelte operate per una regia per niente semplice, in quanto soggetta a scadere nella banalità dei richiami tematici più ovvi, visto che Casa di bambola rappresenta, nella storia del teatro occidentale, uno dei primi tentativi di portare in scena l’apparente subalternità della condizione femminile.
Roberto Valerio è stato molto intuitivo e attento nel dare vita ad una donna molto leggera nella consapevolezza di essere lei la parte forte della famiglia, senza mai drammatizzate, grazie ad un’interpretazione divertente e stimolante. Emblematico di questa scelta tendente all’ironizzazione del reale è in particolar modo il personaggio di Torval Helmer, interpretato dal regista dello spettacolo, che dimostra di voler avvicinare alla commedia dell’arte una figura della letteratuta russa. Roberto Valerio conferma la sua visione del teatro attraverso la commistione di più stili, sovrapponendoli in maniera strategica ai fini di una resa più efficiente possibile del suo mondo registico frutto di anni di spettacoli vissuti anche come attore di livello piuttosto alto.

Le baccanti, rivisitazione della classicità greca più impegnata e impegnativa ha dato la possibilità all’attore e regista di stampo ronconiano, di esprimere a tutto tondo la sua "Gesamtkunstwerk".
Daniele Salvo più che una regia ha deciso di realizzare una vera e propria ricerca: fulcro del lavoro svolto da tutta la compagnia è infatti lo studio dei suoni, della voce intesa nell’accezione più primordiale senza mai doverla snaturare.
Il regista si è avvalso anche di uno studioso del settore, il Prof. Podda, noto foniatra: "Questo lavoro passa da tecniche foniatriche sofisticate, dall’analisi e riproduzione di canti etnici del mondo, dalle tecniche riabilitative e rieducative del linguaggio, dallo studio dell’espressione sonora nel periodo prenatale, nel parto e nei primi anni di vita, dall’analisi dei suoni prodotti nelle sedute di trance regressiva e nelle danze tribali, dall’indagine sugli effetti delle frequenze sonore sul cervello umano (Psicoacustica)", dichiara Salvo.
Naturalmente la spinta di tutto lo spettacolo è la figura di Dioniso e ciò che ha rappresentato nel tempo fino ad arrivare a noi.
Il risultato è il volersi far catturare dalla vertigine delle Baccanti, un turbinio di emozioni ataviche, appartenenti alla dimensione del Dio dell’Irrazionale e del Teatro. È come se il suono e la mente dionisiaca agissero in maniera speculare, senza filtri; lo dimostra il tipo di recitazione adottato da Salvo per i numerosi attori che calcano le scene: per niente borghese ma molto legato ad un’antica arte del teatro, laddove le parole suonano fluide nella più assoluta naturalezza.
Un plauso va alle scenografie dello spettacolo firmate da Michele Ciacciofera e ad un cast di attori tra cui vediamo tornare sulle scene anche Manuela Kustermann, impegnata inoltre nella direzione e gestione del fortunato Teatro Vascello di Roma.

Il terzo ma non meno importante spettacolo da noi notato è Così è se vi pare diretto da Claudio Boccaccini e andato in scena al Teatro Ghione di Roma.
I protagonisti sono Felice Della Corte e Laura Lattuada, coppia equilibrata, sobria e soprattutto adatta a ricoprire dei ruoli pirandelliani piuttosto scomodi nelle loro parti di personaggi chiave, collanti di tutta la non-storia.

Tutti i personaggi dello spettacolo fanno i conti con un solo, intricato, rovello: lo svelamento di una verità assoluta. Dei curiosi cittadini, infatti, si trovano spasmodicamente a interrogarsi sul rapporto tra la signora Frola e suo genero, il signor Ponza, da poco arrivati in città: sembra che l’uomo tenga sua moglie chiusa in casa, nascosta alla vista di chiunque, perfino di sua madre. I personaggi iniziano, dunque, a interrogare genero e suocera, ma le versioni dei due sono decisamente discordanti e la soluzione appare sempre più lontana.

Nella regia di Boccaccini, riproposta a vent’anni dal debutto, la messa in scena, che racchiude in un atto unico i tre originali, prende sempre più l’aspetto di un grottesco processo, con i giudici, i cittadini, che circondano gli imputati, a turno la signora Frola e il signor Ponza che, entrando dalla platea, si confessano seduti al centro del palco.

La scenografia scarna e il disegno luci essenziale accentuano il carattere statico della messa in scena: il fondale bianco è costantemente illuminato da una luce azzurrognola, che accompagna un’illuminazione neutra nella maggior parte della rappresentazione. Sono solo due i cambi luce, pressoché schematici: durante le confessioni del signor Ponza e della signora Frola, gli unici a rimanere illuminati, e nel passaggio da una scena all’altra, in cui i personaggi continuano a muoversi sulla scena in silhouette. Esclusi i due protagonisti, gli altri personaggi risultano spesso buffi, con movimenti estremizzati, proprio a enfatizzare la cupa ironia con cui Pirandello vuole ridicolizzarli.
La vicenda si svolge sotto lo sguardo divertito di Lamberto Laudisi, un vero alter ego pirandelliano, interpretato da Riccardo Bàrbera. Sempre in disparte, seduto al pianoforte, non fa che ridere di come i suoi compagni si dannino per trovare una risposta alla loro curiosità corrosiva. La sua è una posizione da osservatore silenzioso e onnisciente, non perché conosca il reale rapporto tra genero e suocera, ma perché consapevole di quanto la verità sia un concetto da non intendere come assoluto, ma continuamente condizionato dalla percezione dell’altro, quindi inevitabilmente soggettivo.

Un Pirandello molto fedele al testo ricco di sfumature e con una regia frutto di anni di esperienza e di direzione di moltissimi attori. Boccaccini si aggiunge ad una nuova serie di artisti su cui bisogna puntare e starli ad osservare con attenzione: attendiamo altri loro nuovi lavori con stima e alte aspettative.


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