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Green zone

Pubblicato il 13 aprile 2010 da Nicola Lazzerotti


Green zone

2003, pochi giorni dalla fine degli scontri in Iraq: l’ufficiale americano Roy Miller (Matt Damon) e la sua squadra hanno il compito di individuare e smantellare i siti di stoccaggio delle ‘famigerate’ armi di distruzione di massa, la cui detenzione fu la causa ‘ufficiale’ del conflitto preventivo contro Saddam. Miller trova però molta discordanza tra i dati forniti dall’intelligence militare e i riscontri sul campo. Così dopo un scontro a fuoco con un gruppo di ex militari iracheni e l’intervento di una non ben nota forza speciale americana comincia ad indagare.

Il cambio di amministrazione americana è stato anche un momento preciso della sua storia, un indicatore di inversione di rotta nell’opinione pubblica non più miope. Gli americani hanno cominciato così a guardarsi indietro, verso la loro storia più recente, rielaborando le due amministrazioni Bush Jr. E’ oggi possibile allora raccontare temi e fatti che fino a qualche tempo fa il popolo non era disposto ad accettare.
Green Zone è un film dai due volti e dai due intenti: riportare onestamente gli eventi narrati e allo stesso tempo confezionare un prodotto di intrattenimento che sia immediato e di facile assimilazione per un pubblico non del tutto preparato. E’ qui che l’operazione ha un ‘crash’: se infatti sotto il profilo della rappresentazione il regista Paul Greengrass fa il suo onesto, sporco e apprezzabile lavoro, fabbricando letteralmente un film adrenalinico e avvincente, a tratti addirittura prepotente nel realismo della messa in scena, allo stesso tempo il tono assunto dagli autori (regista e sceneggiatore Brian Helgeland) appare didascalico e superficiale dove i ‘Buoni’ e i ‘Cattivi’ sono fin troppo distinguibili e non esistono zone d’ombra. A questo va aggiunto un finale semplicistico per la soluzione adottata e quasi impertinente per uno spettatore più attento ed esigente.
Del lavoro del regista va comunque lodata una volontà, che potremmo definire ‘morale’, rispetto ad un certo punto di vista sul mondo, una presa di posizione onesta e, al dire il vero, coerente con la sua filmografia e in particolar modo con il suo film United 93. Il punto di focalizzazione di quest’opera si concentra su una volontà e una necessità intima di rappresentazione della giustizia opposta ad una realtà distopica. E di questo ne va dato atto. Per il resto ottima è l’interpretazione di Matt Damon, particolarmente a suo agio nei film di Greengrass. Ma questa è routine.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Paul Greengrass; sceneggiatura: Brian Helgeland, tratta dal romanzo di Rajiv Chandrasekaran; fotografia: Barry Ackroyd; montaggio: Christopher Rouse; musica: John Powell; interpreti: Matt Damon (Roy Miller), Greg Kinnear (Clark Poundstone), Amy Ryan (Lawrie Dayne),Brendan Gleeson (Martin Brown); produzione: Universal Pictures e Relativity Media ; distribuzione: Medusa; origine: U.S.A., 2010; durata: 115’


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