Habemus papam
Inadeguatezza. E’ ciò di cui soffrono molti protagonisti del cinema di Moretti. Ne soffriva Michele Apicella, in difficoltà a trovare le giuste coordinate storiche e politiche nel riflusso degli anni Ottanta. Ne soffriva il Nanni di Caro diario, alle prese con film mediocri osannati come capolavori, l’astinenza dalla tv e medici che non risolvono il suo prurito. Il disorientamento continua in Aprile, nel doloroso La stanza del figlio e infine nel produttore in declino de Il caimano. In questo percorso oltremodo coerente Moretti giunge ad insinuare il dubbio in una delle massime istituzioni dell’umanità: il Pontefice. E così in Habemus papam un conclave da un’occasione di festa può trasformarsi in una vera e propria tragedia. I cardinali non sembrano molto entusiasti dall’idea di essere eletti, tutti temono di non essere all’altezza. La fumata bianca viene accolta festosamente dalla folla di fedeli a piazza San Pietro. L’eletto è l’anziano cardinale Melville. Tutti si attendono ora il tradizionale discorso e la benedizione, che però tardano ad arrivare. Al classico annuncio “habemus papam” seguono infatti le urla di Melville, in preda ad un attacco di panico. Il discorso non ha luogo, il neopapa non viene annunciato. L’uomo fugge per le sontuose stanze vaticane, in preda ad una crisi di nervi. Il grido morettiano torna anche in quest’occasione, con il suo effetto straniante, sproporzionato rispetto alla causa; porta con sé un seme di follia, paura, lacera lo statuto della cerimonia. I cardinali e il portavoce della Santa sede (Jerzy Stuhr), nel tentativo di aiutare Melville, si vedono costretti a chiamare Brezzi (Nanni Moretti), un laico psicanalista, anzi il “miglior psicanalista sulla piazza”. Tuttavia il conclave proibisce al dottore di affrontare col pontefice argomenti delicati, e impone regole ferree che rendono la terapia del tutto inefficace. Il confronto tra i due dura solo lo spazio di un breve incontro. Intanto la folla trepidante attende l’annuncio. Così il portavoce accetta il consiglio di portare il pontefice dall’ex-moglie di Brezzi (Margherita Buy), anch’essa psicologa. Qui però Melville nasconde la sua vera identità, fingendosi un attore in crisi. All’uscita l’uomo dice alla sua scorta di voler fare due passi, ma girato l’angolo si dilegua. Insomma, chi si aspettava un confronto tra Moretti e sua Santità rimarrà deluso. I due mondi non sono conciliabili, anche perché Brezzi “è” Moretti. Ha il suo stesso cinismo, l’ironia pungente, la stessa passione per lo sport, la mania per l’organizzazione e curiosità morbosa verso gli altri. No, meglio distinguere i due pianeti. Mentre Melville vaga per la città, Brezzi si ritrova recluso in Vaticano, privato del cellulare e di ogni possibilità di comunicare direttamente con l’esterno. Eppure entrambi i personaggi riescono a integrarsi, pure nella diversità: lo psicologo con la sua carica anarcoide gioca a carte con i cardinali, li istruisce sull’uso dei farmaci e li convince infine a partecipare ad un esilarante torneo di pallavolo a squadre. Insomma si impone con attività del tutto estranee alla loro quotidianità. Il pontefice nell’incontro con una compagnia teatrale rivive la sua passione per il teatro, una passione stroncata in gioventù con l’esclusione all’Accademia, dove invece venne ammessa sua sorella. Ma in fondo, ammette Melville, “era giusto così”. Ricorda ancora a memoria le battute de Il gabbiano di Cechov, il testo che la compagnia sta mettendo in scena. Non si è interpreti anche nella vita reale, fatta di cerimonie, ruoli, procedure? Quando i cardinali irrompono nel teatro, il pubblico inizia a battere le mani non per gli attori, ma verso Melville, che è nell’oscuro di una balconata. L’uomo viene dunque riportato dai cardinali al suo ruolo, “designato da Dio”. La partita a pallavolo in Vaticano è finita, di Brezzi non c’è più traccia.
La geniale metafora di Moretti, sottile e sfuggente, poteva certo essere più esplicita, ma nella sua leggerezza è destinata a lasciare il segno, priva com’è di evidenti sovrastrutture politiche e ideologiche. Il tutto viene raccontato con il suo solito stile da striscia dei fumetti, con accensioni improvvise e il contrappunto amaro di Melville che si aggira per una città che poco conosce, nel disperato tentativo di superare le paure che lo attanagliano. Un tono complesso, sostenuto da una recitazione misurata, sospeso tra la solennità degli ambienti vaticani e l’ironia spiccata e diretta del protagonista, in una polifonia di voci e momenti malinconici e brillanti. Habemus papam è un film misterioso sul rimpianto e sull’inadeguatezza che nasconde più di qualche segreto. Così la dolorosa e forse inaspettata scelta finale di Melville, proferita alla folla dei fedeli con serena ma ferma rassegnazione, è un cazzotto nello stomaco che spegne allo spettatore il sorriso facile e lo induce alla riflessione.
(Habemus papam) Regia: Nanni Moretti; sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli; fotografia: Alessandro Pesci ; montaggio: Esmeralda Calabria; musica: Franco Piersanti; scenografia: Paola Bizzarri;costumi: Lina Nervi Taviani;interpreti: Michel Piccoli (Melville), Nanni Moretti (dott. Brezzi), Margherita Buy (moglie Brezzi), Jerzy Stuhr (il portavoce), Renato Scarpa (Cardinale Gregori), Franco Graziosi (Cardinale Bollati), Camillo Milli (Cardinale Pescardona), Roberto Nobile (Cardinale Cevasco), Ulrich Von Dobschutz (Cardinale Brummer), Gianluca Gobbi (Guardia svizzera), Dario Cantarelli (Attore); produzione: Fandango, Sacher Film, Le Pacte, in collaborazione con Rai Cinema; distribuzione: 01; origine: Italia, 2011; durata: 104 min. Sito internet: http://www.habemuspapam.it/