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Harry Potter e la pietra filosofale

Pubblicato il 23 novembre 2001 da Giovanni Spagnoletti


Harry Potter e la pietra filosofale

Al posto di una recensione. S.O.S., chiedo pressantemente aiuto al nostro lettore perché mi soccorra in una situazione di ambascia con dei consigli o degli insulti - insomma con qualcosa. Perché non mi riesce in nessuna maniera di trovare - e senza scomodare il cinema d’autore o categorie del tutto inadeguate a parlare dell’intrattenimento di massa - una qualsivoglia chiave per scrivere una critica su questo film dal punto di vista del prodotto estetico. Per la banale ragione che probabilmente, anzi di sicuro, non lo è e non lo vuole essere, ma questo - mi si obbietterà - non è certo patrimonio del solo film di Chris Columbus ma di tantissimi altri blockbuster americani, ieri come oggi. Sì certo, e allora si può riassumere e commentare la soporifera trama, discettare sul colto concetto di Meraviglioso in tutte le possibili sfumature, ricordare la puntuale resa del romanzo, parlare dei numeri e delle statistiche (costi, effetti, eccetera, eccetera), elogiare l’humour inglese di tanti attori (vedi lo sprecato cast) ma così ci si accontenterebbe dell’impressionismo giornalistico e stop. In questo caso, però, mi è capitato qualcosa di speciale: di uscire dal cinema con un senso di vuoto (e di noia) assoluto/a e di imprecare, come mai prima in trent’anni di onorata cinefilia, per le 2 ore e 31 minuti persi dietro apprendisti stregoni, unicorni, scope volanti, draghi fumanti e tutto il possibile armamentario di un immaginario in polvere per bambini (ma quali??!!), portato con mirabolanti effetti speciali sul grande schermo. Mi sono sentito un autentico deficiente. Così per chiarire uno stato d’animo che non è quello consueto che segue un comune brutto film americano, provo a fare un’ipotesi: Harry Potter è merce ricoperta di immagini, un contenitore pubblicitario che ha del tutto roso la sua natura di cinema - Senso in movimento (falso) a 24 fot./sec. - un esempio di pecora Dolly di sintesi, manipolata geneticamente. Hai scoperto l’acqua calda, mi si dirà ancora: Final Fantasy o Tomb Raider non sono la stessa cosa, anzi peggio? No, perché con Harry Potter abbiamo a che fare con qualcosa che minaccia di essere uno dei massimi successi di tutti i tempi e luoghi, un successo che - azzardo alla grande - forse si potrebbe spiegare, sociologicamente con la disperata voglia di fantasia e di intrattenimento seguito al grande shock della catastrofe del 11 settembre. Insomma il prodotto giusto al momento giusto, ma questo non mi consola minimamente nella delusione di aver di fronte un film (anzi quel cadavere che ne resta) al di sotto di qualunque minima soglia di qualità di intrattenimento. Non certo la saga di Star Wars ma neanche quella più modesta di Jurassic Park o ancora più giù. E neanche i massimi incassi al box-office mondiale da Via col vento a Titanic, dei signori film. Infine - e chiudo le lamentazioni - sono letteralmente terrorizzato all’idea che per i prossimi dieci anni sarò perseguitato dall’occhialuta faccia del buon Harry, dato che sono previsti sette sequel, da qui all’eternità! A meno di una (improbabile) rivoluzione popolare che costringa Mamma Warner a fornirci almeno un altro grande film di fantasy come il recente A. I.

P.S.: Mi assumo tutte le responsabilità di quanto sostengo, anche se tra vent’anni qualcuno scriverà una tesi di dottorato sostenendo che Harry Potter è il Mago di Oz del nuovo millennio. Non credeteci!

Regia: Chris Columbus; sceneggiatura: Steve Kloves dal romanzo di J.K. Rowling; fotografia: John Seale; montaggio: Richard Francis-Bruce; scenografie: Stuart Craig; musiche: John Williams; interpreti: Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, John Cleese, Robbie Coltraine, Richard Harris, Ian Hart, John Hurt, Maggie Smith; produzione: David Heyman per Heyday Films/1942 Pictures/Duncan Henderson; Usa 2001; distribuzione: Warner Bros

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