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Harry Potter tra Cuaron e Newell

Pubblicato il 29 novembre 2005 da Ramon Gimenez de Lorenzo


Harry Potter tra Cuaron e Newell

Con questo quarto episodio della saga passiamo dal messicano Cuaron all’inglese Newell, dal regista di Paradiso Perduto e Y tu mama tambien al regista di Quattro matrimoni e un funerale, Un’avventura terribilmente complicata e Donnie Brasco (dimentichiamoci per un momento di Monna Lisa Smile). Le differenze, nella realizzazione di un film di genere, si notano subito. Durante la visione di questo film siamo allora invitati, usando forse impropriamente le parole di Silente, a “scegliere fra ciò che è facile e ciò che è giusto” raccontare. Una frase che contiene lo spirito del film e l’anima del quarto libro della Rowling sul maghetto inglese alle prese con un’adolescenza che irrompe con le prime pulsioni irrefrenabili sia in campo affettivo che nei rapporti sociali. Ne esce fuori però un Harry Potter ancora edulcorato rispetto al libro. Risulta ancora troppo “ubbidiente”, anche se con qualche avvisaglia di ira trattenuta, che speriamo di vedere finalmente rappresentata nel quinto episodio che si girerà entro il 2007 e che rifacendosi al testo esprimerà per intero l’irrequietezza adolescenziale del protagonista. Il campo di battaglia dei due registi è lo stesso: stessa la scenografia, stessi gran parte degli artigiani dell’immagine messi a disposizione dalla Warner, primo fra tutti il responsabile del montaggio Steven Weisberg. Questo però non deve minimamente preoccuparci perché Mike Newell, a differenza di Cuaron, riesce a mio avviso dove quest’ultimo non è riuscito: trasmettere il vero senso del libro. Così accettiamo comunque di buon grado un Silente troppo debole, meno onnisciente e in balia degli eventi oppure un Lord Voldemort un po’ troppo infantile, ingenuo e frettoloso. Numerosi, a differenza del film di Cuaron, sono i personaggi messi in campo, dal soggetto della Rowling, in questo episodio. Il numero non preoccupa il regista che comunque con poche e giuste pennellate riesce a descriverli quasi completamente e compiutamente (tra i nuovi personaggi perfetta è la resa del falso Malocchio Moody e di Rita Skeeter), ovviamente facendo il confronto con la descrizione che ne fa il libro. Se nel terzo film erano mancati alcuni aspetti importanti nel passaggio dal libro alla trasposizione cinematografica (la presentazione di personaggi che saranno importanti nel quarto libro come Cho e Diggory, l’addio di Oliver Baston ed in generale una leggera confusione nell’ordine temporale degli eventi), nel quarto molte di più sono le parti eliminate: prima di tutto scompare tutta la battaglia di Hermione per i diritti degli elfi domestici con la creazione del CREPA (Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abruttiti), poi diversi personaggi che hanno parti importanti nel libro non appaiono per niente come gli elfi Dobby e Winky, i Dursley, Percy, Bill e Charlie Weasley, la Signora Weasley e Ludo Bagman. Per quanto riguarda gli eventi vi sono anche alcune differenze: durante la seconda prova invece che essere aiutato da Neville, Harry è aiutato da Dobby, la terza prova del torneo non è tenuta nel campo di Quidditch, al Ballo del Ceppo Harry dovrebbe essere vestito di verde e non di nero, mentre Hermione di blu e non di rosa (quest’ultima scelta, insieme alla descrizione del ballo stesso è particolarmente vicina a quello che è, nell’immaginario collettivo, il ballo di fine anno per i ragazzi delle scuole superiori anglosassoni). Ma le differenze non si fermano qui, tra i diversi vistosi errori presenti nella pellicola ricordiamo, solo come esempio, il numero di cavalli alati che trainano la carrozza di Beauxbatons: dovrebbero essere 12 invece di 7! Tuttavia, tutte queste variazioni o esclusioni dal racconto non pesano minimamente sull’economia del film. Lo rendono, per certi versi, addirittura complementare al libro, uno strumento quasi necessario ad una rilettura più attenta, da un punto di vista emozionale, del quarto romanzo della Rowling (un esempio su tutti è la magistale descrizione del personaggio di Neville). Newell ottiene lo stesso risultato della scrittrice in termini di emozioni: i 156 minuti non si avvertono per niente, volano piacevolmente ed intensamente via. Oltre che la scenografia, il regista conserva del terzo film anche l’ambientazione cupa (che a differenza del precedente più si confà alla storia narrata in questo nuovo episodio della serie) e la rafforza con alcune soluzioni leggermente crude (o volontariamente crudeli) che danno corpo alla scena. Forse troppo per i più piccoli appassionati del genere, ma un’ottima scelta in termini di immagine e racconto. Per quanto riguarda poi la descrizione dei personaggi più vicini al protagonista, come Ron ed Hermione, aspetti fortemente negativi, come nel precedente, non ne ho visti. Cuaron ne aveva forzato, banalizzandola, la presenza in diverse scene madri cercando di incentrare la descrizione su una caraterizzazione del personaggio dal punto di vista umano e sentimentale. Newell in modo estremamente leggero e a volte impercettibile ne sottolinea la presenza in scene marginali con pochi ma intensi tratti dandone, con delicatezza, la giusta descrizione utile al racconto. Questo film non ha la presunzione di passare chissà quale morale, ha intenzione di raccontarci una storia fantastica e lo fa senza usare particolari “stregonerie” o furbizie registiche. Ha dalla sua un soggetto bello e una sceneggiatura davvero stringata che non lascia spazi vuoti o buchi narrativi. Newell non ha avuto bisogno, come fece Cuaron, di accelerare il ritmo per ottenere più pathos. Già è presente nella giusta dose, perché aggiungerlo?


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