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HEAVEN

Pubblicato il 16 ottobre 2002 da Giovanni Spagnoletti


HEAVEN

Francamente non sappiamo ancora bene, se preconizzare o meno la continuazione del curioso matrimonio tra la newyorkese Miramax e cinema d’autore europeo che ormai va avanti da qualche tempo. E’ probabile che le cose non filano e non fileranno sempre lisce, che il compromesso sarà la scorciatoia usuale, che sarà necessario sceverare caso per caso, ma d’altro lato non bisogna neppure rassegnarsi a rinchiudersi in una Torre d’avorio né inseguire una purezza anticommerciale poco consona ai chiari di luna del cinema contemporaneo di qualità. Da questo punto di vista Heaven, luminoso esempio di questo complesso incontro di mentalità di fatto antitetiche, che ha aperto in febbraio la Berlinale 2002 e ora appare anche sugli schermi italiani, sembra essere un film rivelatore, una perfetta cartina al tornasole. E personalmente siamo disposti più a riconoscerne i meriti (consistenti) che puntare il dito accusatore contro i difetti (altrettanto numerosi). Con saggezza salomonica spacchiamo in due la mela, anche perché l’ultima fatica del più noto, internazionalmente, dei registi del cinema tedesco contemporaneo, Tom Tykwer, si presta in modo esemplare alla bisogna, dato che il suo film è nettamente diviso in due parti. Nella prima, ambientata in una cupa e drammatica Torino, ritroviamo, infatti, l’impronta e il trademark della sceneggiatura di Krzysztof Kieslowski (e Krzysztof Piesiewicz), le ossessioni del regista polacco sul conflitto tra dovere morale-istituzionale e i casi della vita quotidiana (in questo caso la passione amorosa che nasce d’improvviso tra un carabiniere e una presunta terrorista, anch’essa mossa da motivazioni ideali, che il ragazzo aiuta a fuggire). Ed è quella, senza dubbio, più riuscita. La seconda parte è invece declinata sull’amour fou e la fuga dei due amanti, nei moduli escalati di quel romanticismo estremo ma un po’ fregnone che il regista tedesco aveva già espresso nel precedente La principessa e il guerriero. Con l’aggravante, però, della forzatura turistica, molto irritante almeno per noi italiani, di quell’ambientazione toscana, in un “Chiantishire” da caramella, tutto luce solare e splendori di bellezza che tanto piace agli stranieri (molto, ma molto peggio del Bertolucci di Io ballo da sola). Tuttavia anche in questo caso Tykwer non perde del tutto la bussola, imprimendo alla storia le sue particolari ossessioni: l’ansia della velocità e la passione di volare dentro il sogno di una storia d’amore impossibile. Che diventa credibile soprattutto grazie alla convincente prova dei due protagonisti, i bravi Cate Blanchett e Giovanni Ribisi, attorniati da un folto e ben assortito cast italiano. Insomma da un ermafrodito germano-usa-italiano, sulla carta raccapricciante, né è sortito un film godibile e a tratti riuscito - un punto dunque a favore della Miramax.

[ottobre 2002]

regia: Tom Tykwer sceneggiatura: Krzysztof Kieslowski Krzysztof Piesiewicz fotografia: Frank Griebe montaggio: Mathilde Bonnefoy musica: Arvo Pärt, T.K. scenografie: Uli Hanisch interpreti: Cate Blanchett, Giovanni Ribisi, Remo Girone, Stefania Rocca, Alessandro Sperduti, Mattia Sbragia, Stefano Santospago, Alberto Di Stasio, Giovanni Vettorazzo, Gianfranco Barra produzione: Anthony Minghella, Maria Köpf, William Horberg, Stefan Arndt, Frédérique Dumas per Miramax Film (New York)/X Filme Creative Pool (Berlin) origine: Usa/Rft 2001 durata: 93’ distribuzione: Buena Vista International Italia web info: www.buenavista.it

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