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Hereafter

Pubblicato il 5 gennaio 2011 da Salvatore Salviano Miceli


Hereafter

Pochi registi hanno la capacità di affrontare i temi più disparati, con modi e stili differenti ma sempre con la stessa classe ed eleganza. Uno di loro è senza dubbio Clint Eastwood. Nella sua carriera dietro la macchina da presa ci ha abituato a non dare mai nulla per scontato. Dal western al melodramma classico il suo modo di girare, l’approccio tanto al tema quanto alla struttura, ha fatto sì che ogni nuovo capitolo della sua filmografia non fosse mai esente, per gli spettatori, da quel brivido chiamato stupore. Lo stupore di riscoprire un grande cinema anche nelle storie più intime, in quelle che mettono a nudo miserie e debolezze dell’essere umano, così come negli affreschi più ampi, perfino in un genere, il western, di cui ci viene cantata la morte attraverso gli occhi di eroi decaduti e, ancora di più, disillusi.
E la morte nel lungo elenco di lavori del grande Clint non ha mai mortificato e celato la sua presenza assumendo, film dopo film, lo status di velata protagonista. Mystic River, Milion Dollar Baby, Changeling, Gran Torino, per citare solo le più recenti, sono pellicole in cui la dicotomia vita/morte racchiude, più o meno velatamente, l’essenza delle storie raccontate. Con Hereafter, scritto da Peter Morgan, Eastwood compie il passo successivo decidendo di occuparsi di quello che la morte nasconde, di ciò che effettivamente ci aspetta al compimento finale della nostra esistenza. Lo fa intrecciando tre storie che solo alla fine scopriremo se in grado di congiungersi o meno. Tre esperienze diverse come i protagonisti che le rappresentano, ma con il medesimo sguardo rivolto, ognuno per differenti motivi, già oltre la vita. C’è chi, come Marie (Cécile De France), si imbatte nella morte dopo essersi salvata a stento da uno tsunami in Indonesia, o Jason, ragazzino londinese che non riesce ad accettare la perdita del fratello gemello, o George (Matt Damon), il più importante, cui è toccato il dono, da lui vissuto come maledizione, di entrare in contatto con i defunti.
Le tre storie scorrono in modo assolutamente indipendente l’una dalle altre pur facendo parte di una realtà comune. In ognuna di esse Eastwood si riserva la possibilità di usare stili differenti, ben supportati dalla continua ed incessante mutazione della fotografia del fidato Tom Stern. È un film strano da raccontare Hereafter. Ancora più complesso è cercare di darne un giudizio sia perché la materia in oggetto è affrontata in modo talmente personale da entrarne dentro a fatica, se non si ha una visione assai spirituale della vita, sia perché spiazza questo abbandonarsi da parte di Eastwood ad una narrazione più dolce del passato, meno incline al cinismo, quasi volutamente scontata.
Ci sono attimi, tra loro diversissimi, in cui la regia è grande. L’impatto iniziale è fortissimo con il racconto dello tsunami. Uno tsunami filmato immergendosi nella sua potenza distruttrice resa in modo tragicamente spettacolare sullo schermo cinematografico. Ma dalla violenza espressiva delle prime sequenze si passa poi a vari momenti, disseminati nelle tre storie, di respiro più intimo eppure ugualmente intensi. Splendido il racconto del rapporto tra i due gemelli, così come è magnifico come la mdp. stia addosso a Matt Damon (che si stia creando una nuova coppia dopo Scorsese-Di Caprio?) inseguendone l’inquietudine e la disperata solitudine del suo personaggio. Sono frammenti in un flusso narrativo che nasconde anche troppe insistite dilazioni. Volute, certo, ma indecifrabili. Poi c’è il finale, che ci teniamo ben lontani dallo svelare. Un finale cui il regista non ci aveva abituato considerando i suoi film passati. Quasi una rinuncia alla sofferenza, forse la voglia da parte di Peter Morgan (che ha scritto il film in uno slancio emotivo dopo la morte improvvisa di un caro amico) di gettarsi alle spalle un brutto incubo.
Tanti si commuoveranno davanti ad Hereafter. Altri resteranno, forse, come noi. Se non interdetti, almeno un po’ curiosi di lasciarlo sedimentare. Ma, proprio per la grandezza indiscutibile di Eastwood, bisogna onestamente aggiungere che la sensazione finale è meno entusiasta di quanto era lecito aspettarsi.


CAST & CREDITS

(Hereafter) Regia e musica: Clint Eastwood; sceneggiatura: Peter Morgan; fotografia: Tom Stern; montaggio: Joel Cox, Gary D. Roach; scenografia: James J. Murakami; interpreti: Matt Damon (George Lonegan), Cécile De France (Marie Lelay), Frankie e George McLaren (Marcus e Jason), Bryce Dallas Howard (Melanie); produzione: Kennedy/Marshall, Malpaso; distribuzione: Warner Bros. Pictures; origine: Usa; durata: 129’.


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