X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



"Ho fatto un film di fantascienza"

Pubblicato il 29 marzo 2006 da Alessia Spagnoli


"Ho fatto un film di fantascienza"

Arriva in scivolata Moretti, forse pure a gamba tesa a sentire qualche esponente della destra politica italiana. Certo è che questa entrata in gioco pericoloso sembra preparata ad arte da almeno un decennio: come minimo da quella famosa “discesa in campo” del Premier (anche lui utilizzò il concreto gergo calcistico e ciò non stupisce dato che anche il Cavaliere, come Moretti, è uno che predilige lo scontro). Quest’uscita polemica, quanto mai tempestiva (ma a sinistra già c’è chi fa gli scongiuri temendo un devastante “effetto boomerang” alla Michael Moore) pare piacere a pochi. Moretti-personaggio è una maschera su cui si sono sempre letti evidenti i segni non solo del disagio - che c’è ed è quello di almeno una metà dell’elettorato italiano - ma della più nera insofferenza e ancora una volta da corpo e voce a questa parte del paese.
Moretti l’“Incorruttibile” si è collocato in un periodo di vuoto autoriale per il nostro cinema (corrispondente alla fine degli anni ’70, fino a tutti gli anni ’80) e da solo ha dovuto portare avanti discorsi scomodi e sgradevoli. E’ stato e continua ad essere coerentemente con l’arco sin qui tracciato il regista della crisi: solo che questa crisi nel corso del tempo si è approfondita ulteriormente (“ogni volta pensiamo che voi italiani avete toccato il fondo, invece state ancora un po’ lì e raschiate” ammonisce tra il divertito e lo sconsolato Jerzy Stuhr). In fondo Berlusconi pare incarnare per Moretti nulla più che un effetto collaterale del marcio sistema Italia (come dargli torto?), ma il discorso sul venir meno dei valori morali, sulla disgregazione della coppia (prima ancora che della famiglia), lo porta avanti con altrettanto rigore e vigore fin dai suoi folgoranti esordi.
Nel finale del film si arriva dunque all’ineluttabile corpo a corpo. Moretti vs Berlusconi dunque? Un duello tra l’uomo di cultura-regista e l’uomo politico-imprenditore che negli ultimi trent’anni hanno attraversato parallelamente la scena pubblica italiana e collezionato tanti trionfi? Non pare possibile. Perché non è nella buffa maschera sottoposta a più di un ritocco chirurgico o nel sorriso largo e rassicurante che risiede la reale natura dell’uomo. Berlusconi ne Il Caimano viene raffigurato piuttosto come una sorta di entità, un doppio nefasto che come nell’Invasione degli Ultracorpi penetra le menti dei dormienti e si impossessa della loro volontà. Così diventa Moretti stesso a ripetere passivamente, senza quei sorrisetti o quelle espressioni compiaciute del suo modello di riferimento, come un automa, le stesse trite parole. Ma, proprio come un robot, le pronuncia con un sinistro baluginìo negli occhi che è tutto fuorché rassicurante. La massa plaudente alla povera vittima della magistratura fuori dal tribunale che si scaglia violentemente contro giudici e pubblico ministero, sembra provenire direttamente dal noto classico della fantascienza anni ‘50. Uno dei topoi della science-fiction dell’inner-space (quella ambientata sulla Terra cioè, da contrapporre all’outer-space, più rassicurante paradossalmente proprio perché ambientata nello spazio profondo) è difatti proprio quello della moltitudine che ha smesso di pensare e agisce come un solo corpo telecomandato.
In Bianca Apicella era non a caso un professore di matematica (“mi piace la chiarezza”): questa materia possiede lo stesso grado di astrattezza nel linguaggio che è proprio anche del cinema di Moretti. Quella chiarezza espositiva, quello stile asciutto e lineare (ma nient’affatto semplicistico) che rappresenta una delle più autentiche cifre stilistiche dell’autore lo avvicinano ulteriormente al grado zero intorno al quale, si dice, orbiterebbe il cinema fantascientifico. “Mi sa che io sono uno di quelli schematici!” presentiva in Palombella Rossa.
“Ho fatto un film politico... non ho fatto un film politico” così esordisce negli studi televisivi di rai3 nel corso dell’intervista con Fabio Fazio (il nostro inorridirebbe se definissimo la trasmissione cui ha preso parte un “talk show”...). Poi corregge il tiro: “Ho fatto un film di fantascienza” e qui intervistatore e intervistato si dichiarano felicemente (e ironicamente) d’accordo sulla nuova formula. “Tant’è che per la prima volta ho avuto recensioni preventive” chiosa sornione Moretti. Ma siamo poi tanto lontani dal vero? Quell’epilogo così spiazzante per gli spettatori del film non è in fondo un finale in puro stile science-fiction? Non ricorda davvero da molto vicino quello, analogo, de Il Pianeta delle Scimmie? O le atmosfere post-apocalittiche de La Guerra dei Mondi, direttamente tirato in ballo nel corso del film? Altrettanto oscuro, ambientato nella notte infinita e senza più speranza del presente, dell’epoca buia che siamo costretti a vivere seguendo i percorsi indicati dai nostri folli statisti? Chiamiamola pure fantapolitica, ricordandoci della lezione preziosa e insuperabile del Kubrick di Stranamore. E, ripensando pure a quella immagine altrettanto potente e inspiegabile dell’enorme valigia piena di denaro che piove dall’alto - come il monolite nero di 2001 - Odissea nello Spazio - sulla scrivania del Caimano e da il là alla sua dilagante carriera costellata di successi.
E l’apparizione dell’enorme caravella trainata di notte sulla Cristoforo Colombo e che si rivelerà essere parte di scenografie da fiction targata RAI, non funge anch’essa da elemento potentemente fantascientifico, fra tutti il genere che fa più largo ricorso della metafora? Tutto sembra essere parte del lungo incubo (come già avveniva in Sogni D’Oro, in cui alla fine il protagonista si trasformava addirittura in licantropo) che è diventato la vita del protagonista del film, il produttore Orlando: così che anche Berlusconi potrebbe aver rappresentato per lui - e per noi - un lunghissimo, orribile incubo dal quale sarebbe proprio ora di destarsi?
E’ stato spesso compito della fantascienza risvegliare le coscienze intorpidite prospettando scenari d’incubo e Moretti questo, nel suo ultimo film, lo fa esemplarmente: e se è “sempre il momento di fare una commedia” è pure opportuno, urgente, girare film come Il Caimano, quando il momento lo richiede. Come in anni recenti, durante la presidenza Reagan, ha fatto anche Carpenter con il suo bellissimo pamphlet fanta-politico Essi Vivono, che presenta ulteriori punti di contatto con Il Caimano: per lo meno con il suo potentissimo finale. Speriamo che a Moretti non dispiacerà il parallelismo con uno degli “autori” più bistrattati del cinema contemporaneo, dato l’affetto dimostrato per la figura del produttore di film di genere nell’Italia degli anni ’70...


Enregistrer au format PDF