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Ho voglia di te

Pubblicato il 10 marzo 2007 da Sara Ceracchi


Ho voglia di te

Dobbiamo ammettere di esserci recati a vedere Ho voglia di te un po’ prevenuti, cosa che, sebbene non faccia onore a chi si prende l’incarico di scrivere una recensione, ha comunque le sue giustificazioni: non ultima il nostro sincero disgusto per l’ormai diffusa abitudine nel mondo della comunicazione in genere, e dei media soprattutto, a voler far sembrare qualità la quantità. E’ in virtù di quest’abitudine che chi vende molti dischi in tutto il pianeta è ben presto strillato come gran musicista, e, sempre per questo motivo, chi si vede per una decina di volte in Tv inizia velocemente a convincere di saper far qualcosa di speciale. Allo stesso modo, grazie ai milioni di copie vendute dei suoi libri, Federico Moccia ha iniziato a far parlare di sé come di un letterato di rara sensibilità, e, di conseguenza, i due film tratti dai suoi romanzi sono stati salutati come veri eventi cinematografici.
Detto questo, bisogna riconoscere che Ho voglia di te serba, sorprendentemente, ingredienti drammatici niente affatto male. Volendolo considerare come si dovrebbe, cioè come opera a se stante, indipendente dal prequel (Tre metri sopra il cielo) e dal romanzo omonimo cui abbastanza fedelmente si ispira, il film potrebbe infatti apparire come la malinconica storia di maturazione di due (ancora per poco) teenager troppo legati a un’adolescenza che inesorabilmente fugge via, piena come fu di amori fiabeschi e di sfide forse inutili, ma necessarie a sentirsi vivi. A minacciare il gentile corso della vicenda intervengono tutte le ’falsità’ del mondo, della televisione con le sue stupide maschere, di chi si diverte a provocare violenza, e di chi non sa staccarsi dal proprio benessere per capire un po’ anche gli altri, soprattutto chi si ama. Purtroppo tutti questi ingredienti sono utilizzati in modo molto generico, al punto di ritorcersi proprio contro il discorso narrativo, e a tratti addirittura critico, che vorrebbero proporre. Il quadro: Step (diminutivo di Stefano, Riccardo Scamarcio), è un ragazzo della Roma bene, reduce da due anni di lavoro a New York (chi non ha letto i romanzi non saprà mai di che lavoro si trattasse). Il suo grande dramma è tornare nella Città Eterna, quella del primo suo grande amore, l’angelica Babi (che sta per Barbara, Katy Saunders), la quale, mentre nel primo film spadroneggiava da un fotogramma all’altro, qui pronuncia sì e no dieci battute, tra cui non pochi monosillabi, relegata com’è nel limbo dei più teneri ricordi del bel tenebroso Step. A occupare il suo posto è Gin (cioè Ginevra, Laura Chiatti), una tipa tosta, dedita alle arti marziali, alla fotografia e, assai infelicemente, alla musica. Dopo il primo rocambolesco incontro, Step inizia a frequentare regolarmente Gin grazie al lavoro nella stessa trasmissione televisiva, e presto il loro rapporto si fa infuocato, molto più di quanto non avvenisse tra l’instancabile Scamarcio e la Bellucci nell’arcinoto capitolo del secondo Manuale d’Amore. Intorno ai due piccioncini si muove una girandola di personaggi a volte improbabili, a volte manualistici, a volte dal peso esageratamente irrilevante, i quali tutti insieme contribuiscono a creare un clima da soap-opera a puntata unica, quando forse in realtà avrebbero voluto comporre un articolato mosaico di storie e sentimenti che s’intrecciano, peraltro secondo una formula plurisperimentata dai tempi dei tempi. Ed è proprio partendo dai connotati di questi personaggi secondari che si palesa la principale caratteristica di Ho voglia di te: la superficialità assoluta, imperante, desolante. Che non sta solo nel modo di narrare la storia di una trasformazione che, come già detto, avrebbe potuto andare molto oltre l’immagine della vecchia moto lasciata ingoiare dal Tevere, o in quell’imbarazzante esplicitare pensieri e paure che sono in ognuno di noi, talmente ovvie che diventa ridicolo parlarne. La superficialità sta proprio nel modo di presentare i personaggi principali stessi e la loro semplice e complicatissima vicenda. Passi che le storie di contorno sono appena tratteggiate, tanto per mostrare che oltre ai sospiri d’amore esiste il resto del mondo: ma sono proprio i giovani, Gin e Step in particolare, ad essere astratti nella loro caratterizzazione, con le loro incredibili coincidenze, coi loro lucchetti, con la loro vita fuori dal tempo, con la pioggia che scroscia al momento giusto, con Step che indovina sempre dov’è la lampo del più complicato vestito femminile, col diario di Gin scritto e colorato come se esistesse uno standard per la compilazione dei diari adolescenziali.
Orbene, se dev’essere una favola, favola sia. Di questi tempi, ben venga e tutti vi attingano: ma le favole dovrebbero servire a stimolare la fantasia, a creare nuove realtà, o a calarsi in modo speciale in quelle già esistenti. Ho voglia di te invece non fa che assodare uno stato delle cose quanto mai parziale, a tratti elitario, un po’ squallido e spesso ridicolo, spacciandolo per poesia della vera esistenza. Ed è un po’ triste pensare che l’universo dipinto da Moccia (che è qui anche co-sceneggiatore) sarebbe il ritratto fedele della giovinezza moderna, così come crede chi divora i suoi romanzi, e stando a quel che dichiara Moccia stesso: perché, se anche non lo è di certo, è preoccupante che orde di adolescenti credano di riconoscersi in un mondo dal sapore così scialbamente ’televisivo’, colmo di stereotipie, telefonini trillanti, amori stucchevoli, amicizie approssimative, preoccupazioni ossessive del giudizio altrui. A mancare è proprio quel desiderio di sfida tipicamente adolescenziale, forse inutile, ma indispensabile per sentirsi vivi. E in fondo anche per fare del buon cinema.


CAST & CREDITS

Regia: Louis Prieto; soggetto: dall’omonimo romanzo di Federico Moccia; sceneggiatura: Teresa Ciabatti, Federico Moccia; fotografia: Manfredo Archinto; montaggio: Fabrizio Rossetti; scenografia: Sarah Webster; costumi: Sabina Amelia Maglia; interpreti: Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti, Katy Saunders, Susy Laude, Giulia Elettra Gorietti, Filippo Nigro, Ivan Bacchi; produzione: Cattleya; distribuzione: Warner Bros. Pictures; origine: Italia 2007; durata: 110’; web info: sito ufficiale


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