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Humandroid

Pubblicato il 9 aprile 2015 da Stefano Colagiovanni


Humandroid

C’è un detto che recita: «Chi troppo vuole, nulla stringe». E per quanto possa apparire fuori luogo, anche nel cinema, soprattutto nel cinema di genere frenetico e spettacolare di questi febbrili anni duemila, non c’è da stupirsi di quanto sia maledettamente facile scivolare su una innocua chiazzetta d’olio. A maggior ragione se la chiazzetta d’olio in questione la lascia cadere Neill Blomkamp dal grazioso robot di sua invenzione, Chappie. Un androide dai connotati umani destinato al macero dopo aver riportato diverse ferite che ne hanno danneggiato le funzioni operative e, di conseguenza, gli rendono quasi impossibile continuare a svolgere il suo lavoro: Chappie (o l’unita 22) è uno dei numerosi robot da guerra in dotazione alla polizia per pattugliare e sconfiggere il crimine nelle tumultuose strade di una Johannesburg a tratti distopica, manco fossero le superstrade polverose di Mad Max. Così ci pensa Deon (il Dev Patel conosciuto dagli amanti delle serie tv per The newsroom) il suo creatore, nonchè ingegnere capo della società che li produce, a salvarlo da morte certa, utilizzandolo come cavia per il suo nuovo progetto di un’intelligenza artificiale rivoluzionaria, definitiva. E Chappie può così rinascere a nuova vita e, ovvio, i guai non tarderanno ad arrivare... Già autore degli amati/odiati District 9 ed Elysium, completamente a suo agio con la fantascienza più popolare e mainstream, Blomkamp volge lo sguardo al passato, alla ricerca dei fasti partoriti dai cult movies considerati dai più critici come film di fantascienza di serie b (Corto circuito e Robocop, tanto per citare i primi che emergono dal profondo oceano dei ricordi); al contempo prova, come già dimostrato di saperci provare gusto con District 9, a infarcire Humandroid di una morale di fondo, con tutte le buone intenzioni del mondo, ma non con quel giusto piglio, con quella prepotenza che avrebbe certamente strappato lacrime e gemiti di commozione al pubblico in sala. Alle incertezze e alle difficoltà di apprendimento di Chappie, traviato da un mondo ostile e da squallidi individui senza scrupoli, conseguono (poi manco tanto) solo qualche risata e una manciata di sbuffi di insofferenza. Sorretto da una sceneggiatura asciutta, che punta dritta all’osso, Humandroid perde soprattutto in coerenza narrativa: una (in)coerenza marcata dalla crescita dell’androide-bambino, a volte troppo immaturo, a volte unico elemento in grado di districare il groviglio di cavi e pallottole con trovate visibilmente al di fuori del suo bagaglio cognitivo-intelletuale. Facile che lo spettatore si senta spesso tradito, sentendosi privato dallo sforzo intellettuale dei personaggi principali per giungere alla conclusione dei problemi che li assillano, attraverso scappatoie che sembrano inventate sul momento, senza alcuna razionalità; Humandroid resta un film di fantascienza che si appoggia eccessivamente alle iperbole sregolate di Blomkamp e ciò danneggia in maniera irreparabile l’intero progetto. Intuibile già a partire dalla seconda metà della pellicola come il tutto, al coraggioso regista (questo mezzo punticino va a suo merito), sfuggirà tragicamente di mano: perchè la sezione filmica peggio riuscita resta senza ombra di dubbio quella finale, quando il climax raggiunge livelli adrenalici degni delle sparatorie alla Terminator, ma selvaggiamente trucidato da dozzinali vangate di eccessi trash e inutli, quanto superflui, rallenty e primissimi piani. Il grande peccato di Neill Blomkamp sta proprio nell’aver preteso di poter mescolare critica sociale, arrangiamenti sci-fi tipici dei cult movies di genere tanto in voga nel anni Ottanta/Novanta, e il desiderio di marcare temi e concetti già ampiamenti espressi con maggiore dignità nei suoi precedenti lavori, con lo scopo di confezionare un prodotto intelligente e allo stesso tempo mainstream, quindi adatto a tutti. Ovviamente, senza successo. Chi troppo vuole, nulla stringe. Sta tutto qui Humandroid.


CAST & CREDITS

(Humandroid); Regia: Neill Blomkamp; sceneggiatura: Neill Blomkamp, Terri Tatchell; fotografia: Trent Opaloch; montaggio: Julian Clarke, Mark Goldblatt; musica: Hans Zimmer; interpreti: Sharlto Copley (nei panni di Chappy), Dev Patel, Hugh Jackman, Sigourney Weaver, Ninja, Yo-Landi Visser, José Pablo Cantillo, Brandon Auret; produzione: Alpha Core, Media Rights Capital, Simon Kinberg Productions, Sony Pictures Entertainment; distribuzione: Warner Bros. Entertainment Italia; origine: U.S.A., 2015; durata: 120’


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