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I Care A Lot

Pubblicato il 1 marzo 2021 da Matteo Galli
VOTO:


I Care A Lot

Mai come in questo dannatissimo periodo è entrato nell’uso comune l’acronimo RSA (Residenze Sanitarie Assistite), mai come in questo dannatissimo periodo l’esistenza di decine di migliaia di cittadini anziani che vivono (e muoiono) in questo mondo fuori dal mondo, in questa anticamera della morte ha raggiunto un livello di visibilità che forse senza il CoVid mai avrebbe raggiunto. Ebbene, in questo dannatissimo anno, è uscito e ha riscosso un certo successo un film di genere che non si sa fino a che punto considerare una “semplice” distopia o invece uno scenario dotato di un altissimo grado di realismo e plausibilità. Il film s’intitola I Care A Lot , è stato girato prima dello scoppio della pandemia, è stato presentato al Festival di Toronto ed è poi uscito su Netflix e su Prime Video. Il regista si chiama J (senza punto) Blakeson, è di origine britannica e questo è il suo terzo film. La regia non è niente di sensazionale, buon ritmo ma nulla più, la sceneggiatura presenta qualche incongruenza, sono bravi gli attori (fra tutti la protagonista Rosamund Pike, candidata ai Golden Globe) e, come detto, è interessante l’idea di partenza. Una spregiudicata quarantenne, Marla Grayson decide di “prendersi cura” (il titolo) degli anziani senza famiglia, procurando loro posti in RSA, anche grazie a una serie di complici (medici e giudici) compiacenti che li dichiarano incapaci di intendere e di volere e dunque bisognosi di tutela. Il malcapitato/la malcapitata vengono indotti a lasciare la propria casa, se la persona recalcitra, ci penserà il direttore della clinica a suon di farmaci a produrre artificialmente il rintontimento del poveretto o della poveretta. Questa pratica reiterata, all’insegna del “Never Change Winning Team” (stesso giudice, stessa dottoressa di base, stesso direttore della stessa clinica), subisce un’inattesa battuta di arresto quando si scopre che la paziente di turno non era sola come tutti pensavano, ma aveva un figlio, e che figlio, un efferato e affettuosissimo capo della mafia russa, interpretato da Peter Dinklage, ormai specializzato in ruoli del genere, in ruoli di genere.

Ha inizio a questo punto un braccio di ferro fra la Cattiva e il Cattivo, a chi dei due è più cinico, con alterne e non sempre convincenti vicende, colpi di scena e un finale che non riveleremo ma che dopo tanto proliferare di malvagità e cinismo finisce per produrre una qualche paradossale catarsi. Il valore aggiunto del film è quello che si diceva all’inizio, un film di genere che in realtà tocca una potenziale evidenza sociale, un valore forse involontario nelle intenzioni di chi il progetto lo ha concepito ma dato il progressivo invecchiamento della popolazione, il business rappresenta un tesoretto su cui, forse, qualcuno ha già messo gli occhi, non solo nel film. Altro valore aggiunto, oltre a Rosamund Pike, è la stupenda Dianne Wiest nel ruolo della vecchia, così sorniona. Poi però ci sono tanti, tantissimi cliché, fra cui il rapporto lesbico fra Marla e la compagna, la rappresentazione della mafia russa e tante altre cose ancora.


CAST & CREDITS

I Care A Lot, -Regia: J Blakeson sceneggiatura: J Blakeson; fotografia: Doug Emmett; montaggio: Mark Eckersley; interpreti: Rosamund Pike (Marla Grayson), Peter Dinklage (Roman Lunyov), Elza González (Fran), Dianne Wiest (Jennifer Peterson); produzione: Black Bear Pictures, Stxfilms,origine: USA 2020; durata: 118’.


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