Il caimano
Togliamo subito dal campo ogni possibile equivoco: Il caimano, ultima fatica di Nanni Moretti, preceduta da un montare di aspettative e polemiche, non è assolutamente un film su Berlusconi, anche se di Berlusconi parla.
Ma Il caimano non è neanche, come si potrebbe pensare da un certo punto in poi della proiezione, un film sull’italietta becera e decerebrata nella quale tutt’oggi viviamo anche se questa Italia, questa triste repubblica delle banane dove il sogno televisivo ha ormai preso il sopravvento sulla realtà, resta, comunque uno sfondo non certo inerte del discorso.
Se proprio dobbiamo dirla tutta, ci pare di dover affermare che la pellicola appena uscita nelle sale non sia altro che un dolente, sofferto, spesso narcisistico (ma non è una sorpresa per un film del nostro Nanni nazionale), spesso contorto canto sul senso di impotenza che attanaglia l’intellettuale italiano di fronte al suo mondo contemporaneo.
Quello che abbiamo di fronte non è, infatti, un film sulla realtà italiana, non è il tentativo di documentare (sia pure in modo polemico e con lo sguardo offuscato o obbligato dall’ideologia) il mondo nel quale ci sentiamo costretti a vivere, ma la visione dall’interno, dal chiuso della propria coscienza di quello stesso mondo.
E forse i segni di quest’intima condizione del filmare, di questo ripiegamento autoriale la troviamo in una serie di spie che sono ben più nascoste e complesse del semplice artificio del metacinema, del film nel film, che appare ormai desueto e destituito di ogni possibile funzione critica e catartica.
La troviamo nel fiammeggiante finale, nel Götterdämmerung conclusivo che ribalta, con colpo di coda inaspettato e luciferino (che non possiamo raccontare per non rovinare il piacere della visione a quei lettori che ancora non hanno visto il film) tutto quello che avevamo visto fino a quel momento, ma che ha, inaspettatamente, anche il sapore di un ultimo Visconti ugualmente fiammeggiate e tragico nel raccontare l’orrore della Storia.
Ma soprattutto lo ritroviamo nelle citazioni felliniane, nella nave che risale il corso delle strade di Roma o nella ruspa che sfonda il muro di una prova d’orchestra (che è anche la prova di un film) e che non può dare realmente fine ad un’anarchia che è al tempo stesso sociale e personale.
Come Fellini, ci pare, Moretti voglia abbandonare il campo del cinema come mera documentazione di un mondo, e si fa, di colpo, con questo suo film per molti versi estremo, definitivamente lontano da vocazioni neorealiste, ma ugualmente distante anche da opere d’impegno civile, da un cinema di denuncia sobrio e intelligente (lo stesso citato da Placido che pure abbandona il set per cercare fortuna altrove, sulle spiagge di un film in costume, coprodotto, tanto per far ironia, da una Rai sempre più fiacca che cerca nel passato una definitiva fuga dagli orrori del presente).
E il film di Moretti, in ultima analisi, sembra essere proprio la documentazione di una fuga che non può mai essere davvero una fuga. Un chiudersi nel privato che non può impederci di continuare a guardare l’orrore intorno a noi perchè resta indelebile (nel regista come nello spettatore) l’idea che quello stesso privato è stato ormai definitivamente colonizzato dall’azione invasiva della realtà televisiva.
Il caimano, da questo punto di vista, sembra essere una resa rabbiosa, una sorta di commiato da una lotta politica che ha perso, ormai, ogni senso, un ultimo atto di orgoglio da parte di un intellettuale che non si piega anche se sembra aver compreso che il suo sguardo stoico non ha più alcuna funzione per il pubblico che è rimasto in sala. E non si capisce, a questo punto, sinceramente, il perchè si sia fatto di tutto affinchè questa pellicola potesse uscire proprio a ridosso delle prossime elezioni politiche.
Si pensava davvero che quest’opera così introversa potesse agire come uno schiaffo sulla cattiva coscienza degli italiani? Era davvero concepibile che Il caimano potesse convincere l’elettorato fluttuante a barrare una casella invece che un’altra?
Noi crediamo di no anche perchè Il caimano, nel demistificare definitivamente il mondo berlusconiano, raccontato a sketch, e con un linguaggio spesso desunto dall’odiato cinema di serie B italiano, finisce per coinvolgere, nel crollo finale di ogni possibile valore, anche la sedicente sinistra che brilla, nel film, proprio per la sua completa assoluta ed indiscutibile assenza.
Come un monolito kubrickiano, il film di Moretti cade a macigno nella nostra italica valle di lacrime. E cadendo finisce per scontentare tutti. La destra potrà parlare male del film senza neanche averlo visto, la sinistra raccoglierà qualche coccio dallo schianto e tiererà via qualche frammento tentando di spacciarlo per un discorso politico.
Ma, e lo ribadiamo, Il caimano non è un film politico, ma un film sull’impossibilità di compiere scelte politiche nel mondo italiano contemporaneo.
Un film che è molti film insieme, spesso inconciliabili e in cui proprio la parte su Berlusconi finisce per essere quella apparentemente più gratuita, meno stilisticamente controllata, più sacrificabile. E si ha spesso l’impressione che a tagliarla il film non potrebbe che trarne giovamento.
Certo la storia personale del regista che si risveglia alla coscienza della propria condizione, dopo il sonno/sogno di una famiglia (e quindi di un’Italia) che non c’è rientra naturalmente, almeno sulla carta, nel piano ideale di un discorso complessivo sull’Italia contemporanea. Ma superati questi limiti angusti, questa parte del film, innestandosi su un piano anche più spiccatamente autobiografico, apparendo più sincera ed urgente, si stacca dal resto del film e comincia a brillare di luce propria avverando sprazzi di poesia tipicamente morettiana.
Si viene così a creare uno squilibrio interno tra i diversi piani del film che ne attutisce ogni possibile urto polemico e fa aumentare quel senso di ripiegamento poetico di cui abbiamo già parlato.
Il Caimano non è, dunque, quel film polemico che noi stavamo aspettando (e che, comunque, sembra dirci Moretti non servirebbe più a niente). Ma resta, comunque, un ottimo film da vedere e su cui discutere.
[Marzo 2005]
(Il caimano); Regia: Nanni Moretti; sceneggiatura: Nanni Moretti, Federica Pontremoli, Heldrun Schleef; fotografia: Arnaldo Catinari; montaggio: Esmeralda Calabria; musica: Franco Piersanti; interpreti: Silvio Orlando (Bruno Bonomo), Jasmine Trinca (Teresa), Michele Placido (Marco Pulici), Jerzy Stuhr (Jerzy Sturovsky), Margherita Buy (Paola), Paolo Sorrentino (Marito Aidra), Giuliano Montaldo (Franco Caspio), Tatti Sanguineti (Peppe Savonese), Paolo Virzì (Dirigente Maoista), Anna Bonaiuto (Pubblico Ministero), Carlo Mazzacurati (Cameriere), Valerio Mastandrea (Cesari), Tony Bertorelli (Giornalista), Stefano Rulli (Presidente del tribunale); produzione: Nanni Moretti, Angelo Barbagallo per Sacher film, Bach Films, Stephan Films, France 3 Cinema, Wild Bunch, Canal +; distribuzione: Sacher distribuzione; origine: Italia, 2006; durata: 112’