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Il fuoco degli uomini

Pubblicato il 20 ottobre 2018 da Alessandro Izzi
VOTO:


Il fuoco degli uomini

Italia, 1960.
Nelle campagne si sente appena l’eco del boom economico. Lo percepiscono più di tutti i ragazzi. Quelli che portano ancora i pantaloni corti e che, nei pigri pomeriggi di stagioni più gentili, un poco sognano la vita di città e la possibilità di un lavoro, magari come metalmeccanico.
La sentono, forse, anche gli adulti. Quelli che stanno dietro le bancarelle a vendere ninnoli nella piazza del paese. O i contadini che cercano di mantenere forte il senso di una tradizione, ma sentono che scivola via dietro a modelli di vita più allettanti.
La cosa che più colpisce delle prime inquadrature de Il fuoco degli uomini di Gaetano Maria Mastrocinque, prima che prenda corpo la storia del conflitto generazionale che divide i padri dai figli, è il senso di una perdita.
La intuisci nelle parole della chiacchiera svagata di quattro amici in mezzo al bosco. Sta nei gesti desueti di adolescenti d’altri tempi ricalcati con una cura che non ti aspetti all’interno di un corto. Sta tra le case, in mezzo ai muri del cascinale, tra i piatti di una minestra troppo asciutta. Soprattutto sta nella difficoltà di dirsi che in Pietro, il protagonista del racconto, assume contorni incomprensibili per chi gli gira intorno.
Pietro non si riconosce nel sistema patriarcale del mondo contadino. Non sa nemmeno se cercarsi tra le possibilità della città che per lui restano le chiacchiere di amici meno importanti: un mero sottofondo. Il padre, che certo ama come può farlo un figlio che sente montare dentro un bisogno di rivolta, gli è distante forse più che la madre che resta fuori di racconto, figura assente, morta prima del tempo dovuto. Gli è vicina solo la sorella più piccola con cui divide una solidarietà che non dovrebbe esserci in un contesto maschilista come quello del paese. È a lei che regala un piccolo cannocchiale a metà tra oggetto d’uso e giocattolo da fiera perché lei rappresenta in fondo un ponte tra quel che Pietro era stato fino a quel momento e il potenziale indistinto che gli balugina davanti agli occhi.
Del resto un cannocchiale rende vicine allo sguardo le cose lontane, accorcia le distanze tra l’adolescenza e la certezza del futuro. E non è un caso che sia il padre a romperlo in un gesto di rabbia inconsulta, scagliandolo contro la solida realtà del suolo, della terra che reclama in sacrificio più che il sangue dell’innocenza dell’agnello ogni sogno di speranza del suo lavoratore.
Regalo metaforico, il cannocchiale è l’oltre del sacrificio rituale che il padre pretende dal figlio: l’agnello da sgozzare davanti al fuoco che illumina la prova di coraggio con cui si smette di essere bambini e si diventa uomini.
Novello Abramo al ragazzo non viene concessa scelta. O obbedisce all’ordine che il mondo contadino sente come naturale o accetta l’"esilio senza un dove" di chi rinuncia alle radici. Del resto il sessantotto è un passo, ma ancora troppo lontano perché il malessere possa convertirsi in autentico gesto di rivolta. Ne Il fuoco degli uomini piuttosto è la fuga che diventa quasi un patricidio. Se non nei fatti, almeno nelle intenzioni.
Il corto sembra invocare una lettura più antropologica che storica, ma si presta ancor meglio a una lettura metaforica che vede nel conflitto generazionale la chiave di volta per pervenire ad una qualche forma di autoconsapevolezza individuale.
In questo modo una vicenda circoscritta riesce ad assumere un valore universale che colpisce in primo luogo per la sua notevole riuscita formale.
Gaetano Maria Mastrocinque lavora, in fondo, con poco, ma riesce, con una regia asciutta e per nulla pretenziosa, a dare alla vicenda i tratti decisi dell’apologo. Lo aiutano gli attori, quasi tutti ottimamente in parte, e la fotografia di Stefano Grilli capacissima di evitare l’effetto cartolina (tanto comune ai corti di ambientazione storica) e di calarsi nel vissuto dei personaggi con millimetrica precisione.

Tweeting: Un corto sul rapporto padre-figlio e sulla difficoltà di capire fino in fondo chi siamo veramente.

Where to: Visto al Festival Filoteo Alberini di Orte


(Il fuoco degli uomini); Regia: Gaetano Maria Mastrocinque; sceneggiatura: Michele Grossi; fotografia: Stefano Grilli; montaggio: Gaetano Maria Mastrocinque; musica: Marco Lazzeri; interpreti: Jordi Chieselli, Gloria Perani, Alberto Fasoli, Riccardo Vicardi, Claudio Lobbia; produzione: Moovie Srl; origine: Italia, 2017; durata: 17’


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