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Il mio domani

Pubblicato il 13 novembre 2011 da Simone Isola
VOTO:


Il mio domani

Monica vive e lavora a Milano come consulente impiegata presso una società di formazione aziendale. Ha un’esistenza molto regolare, riempie il tempo libero frequentando un corso di fotografia e nel week-end fa solitamente visita all’anziano padre, rimasto nella loro vecchia casa nella bassa padana. E’ un uomo che non ha più niente da chiedere alla vita, che attende la morte da ardente cattolico costruendosi da solo una bara di ciliegio. In quella zona vivono anche il nipote, un adolescente difficile, e la sorellastra. Questo equilibrio instabile si rompe appunto con la morte del padre di Monica, un evento che costringe la donna a reagire ai vuoti e alla nevrosi staccandosi dal passato e ricostruendo la propria vita su nuove basi.

Fieramente distante da qualsiasi moda cinematografica, Marina Spada sviluppa uno stile dove l’ambiente è la perfetta sintesi dell’interiorità dei personaggi. Cinema di poesia, secondo quanto teorizzato negli anni Sessanta, che si affida alle immagini e al loro ritmo sincopato per far emergere stati d’animo, sensazioni. Lo stesso nome della protagonista (un omaggio alla Vitti?) richiama alcune figure del cinema antonioniano, riprese in spazi architettonici che le inchiodano ad una realtà in rapida trasformazione. La nevrosi sembra la stessa, così come le costruzioni della città per l’EXPO segnano un processo di cambiamento che richiama lo sfrenato boom edilizio degli anni sessanta. La protagonista ha un’esistenza grigia e priva di particolari guizzi, chiusa in spazi architettonici asettici, metallici, nel vuoto di una vita che gira su se stessa e che sembra priva di direzione. Persino la campagna della bassa padana ha perso i connotati giocosi, densa com’è dei dolorosi ricordi della protagonista. E’ uno stile che lavora sulla sottrazione e sull’essenzialità, uno stile complesso che va maneggiato con cura ed attenzione, che rischia di scivolare da un momento all’altro nel vuoto. Si susseguono raggelanti silenzi, una freddezza espressiva che a tratti sfiora l’astrazione, rotta qua e là dalla straziante tromba di Paolo Fresu. Non tutte le tessere di questo complesso mosaico concorrono a formare un concreto quadro d’insieme; alcune inquadrature vengono involontariamente percepite come “esercizi di stile”, senza aggiungere nuove sensazioni o dettagli rivelatori a quelle che le precedono. Le lezioni aziendali, ad esempio, rendono esplicito un discorso portato avanti esclusivamente attraverso le immagini e che forse tale doveva restare. Nei momenti migliori, come nella scena della morte del padre di Monica, questa essenzialità giunge densa, precisa. Al di là del giudizio critico con riserva, da evidenziare la buona prova di Claudia Gerini, attrice vera che si avventura in una prova dolorosa, anni luce dalle figure precedentemente interpretate. I suoi occhi spalancati verso il vuoto aiutano il film a ergersi dalle secche del manierismo e a toccare in pochi ma significativi momenti risultati espressivi davvero convincenti.


CAST & CREDITS

Regia: Marina Spada; sceneggiatura:Marina Spada, Daniele Maggioni, Maria Grazia Perria; fotografia: Sabina Bologna, Giorgio Carella; montaggio: Carlotta Cristiani; musica: Paolo Fresu, Bebo Ferra; interpreti: Claudia Gerini, Raffaele Pisu, Claudia Coli, Lino Guanciale, Paolo Pierobon, Enrico Bosco; produzione: Film Kairòs, Rai Cinema, con il contributo del MiBAC; distribuzione: IRISFILM; origine: Italia, 2011; durata: 88’.


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