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Il nome del figlio

Pubblicato il 22 gennaio 2015 da Antonio Napolitano
VOTO:


Il nome del figlio

“Nostro figlio si chiamerà Benito!” È questa la frase con cui Paolo (Alessandro Gassmann), figlio di Lele Pontecorvo, celebre parlamentare ebreo della sinistra italiana, sconvolge la cena a casa di sua sorella Betta (Valeria Golino), del marito Sandro (Luigi Lo Cascio) e in presenza dell’amico di sempre Claudio (Rocco Papaleo). Paolo è agente immobiliare di lusso, con clienti che gli regalano bottiglie da mille euro, mentre Sandro, cognato e suo miglior amico, è un professore universitario di sinistra, inamovibile dalle sue idee che costantemente racchiude in centoquaranta caratteri su Twitter. Betta invece è una professoressa precaria alle medie che prova a vincere le sue insicurezze facendo ginnastica mentre serve i piatti a tavola. Claudio è semplicemente un musicista che combatte la crisi del mondo discografico registrando un album di Franco Califano in salsa jazz. In ultimo arriva Simona (Micaela Ramazzotti), borgatara moglie di Paolo, che ha appena pubblicato un romanzo alla Melissa P. (chiamato infatti Le notti di F.) e che sta riscuotendo enorme successo, tra le irrisioni degli altri commensali. In breve quella che doveva essere una semplice cena si trasforma in una resa dei conti.

Il nome del figlio, prodotto tra gli altri da Paolo Virzì, è il ritorno alla regia di Francesca Archibugi che, insieme a Francesco Piccolo, riadatta il film Le prenom (in Italia Cena tra amici), a sua volta rifacimento della pièce teatrale degli stessi registi francesi, Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte. La forza di un remake risiede in primis nell’universalità del tema originale, a prescindere dal luogo o dall’epoca che va a riadattare (solo per restare ai giorni nostri si potrebbe citare l’omologa operazione del film Benvenuti al Sud rispetto all’originale francese Giù al Nord). Ma poi, e qui sta il difficile, quello stesso abito va riadattato sul corpo dell’epoca o del Paese del remake. E la scelta nel caso de Il nome del figlio, partendo dal fascismo e le segregazioni, finisce sempre lì a parlare di politica e cultura italiana in questi anni che dal Dopoguerra ad oggi non sono mai cambiati. Dietro i temi del fascismo o della ribellione si nascondono nient’altro che differenti facce delle stesse accezioni, dell’egocentrismo e della fragilità, del successo e dell’insicurezza, della gloria e dell’inutilità. Non a caso, come ha ammesso lo stesso Piccolo, il massimo punto di riferimento per il film è stato La terrazza di Ettore Scola. Ma ci potrebbe essere anche Natale in casa Cupiello, perché a prescindere dallo status sociale, dal Paese, dal periodo storico o dai temi culturali, lo spaccato di famiglia ha sempre un valore universale perché è in famiglia o tra gli amici che accade il meglio ma anche il peggio. Migliori amici e peggiori nemici infatti hanno lo stesso significato.

Il nome del figlio è un film molto complesso dietro la sottile linea comica, con una grande prova della coppia Gassmann-Ramazzotti sugli altri e che riesce a far sorridere e commuovere soprattutto quando crea parallelismi tra presente e passato (con i flashback di un’adolescenza felice nella villa di campagna della famiglia che ha fatto la lotta di classe a tavola e vestendo bene). Ma aspetti sempre che il film ad un certo punto riesca a rompere gli schemi e possa volare più in alto come l’elicottero dei bambini che chiusi in camera da letto lo fanno volare per tutto il tempo sulla testa dei grandi, osservando le loro reazioni in un bianco e nero che non preannuncia un futuro roseo. E allora resta l’annosa e irrisolta domanda, siamo noi che non riusciamo più a volare o ci hanno chiuso le linee aeree? O forse semplicemente dobbiamo smetterla di farci dei processi o di cercare di capire perché abbiamo perso, perché in fondo la vita non è una partita, ma semplicemente un mistero? E quel mistero si manifesta ogni volta che nasce un bambino e allora proprio “il nome del figlio” diventa una scelta importante. Perché, come nel caso di Pin e Scintilla (i figli di Sandro e Betta), i bambini già partono con un handicap a causa della scelta narcisista dei padri, mentre alla fine la vera scelta di Paolo e Simona si rivelerà molto più saggia e profonda di quello che sembra.


CAST & CREDITS

Regia: Francesca Archibugi; sceneggiatura: Francesca Archibugi, Francesco Piccolo; fotografia: Fabio Cianchetti; montaggio: Esmeralda Calabria; musica: Battista Lena; interpreti: Alessandro Gassmann, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo, Micaela Ramazzotti; produzione: Indiana Production, Lucky Red, Motorino Amaranto, Sky, Rai Cinema; distribuzione: Lucky Red; origine: Italia, 2015; durata: 94’; webinfo: Sito Ufficiale


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