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IL PIANISTA

Pubblicato il 16 novembre 2002 da Giovanni Spagnoletti


IL PIANISTA

In un ping-pong immaginario tra due grandi cineasti che hanno saldato al recente Festival di Cannes un loro personale conto con i tragici fantasmi della Storia - per essere espliciti: Egoyan e Polanski -, non c’è dubbio che il buon vecchio Roman ne esce sicurissimo vincitore. E non soltanto per il banale motivo che, rievocando autobiograficamente l’universo concentrazionario di cui sono state vittime i genitori e a cui lui stesso è scampato in modo miracoloso, si è portato a casa una prestigiosa Palma d’oro, ma perché alle prese con gli alti costi e gli inevitabili problemi di una produzione “europudding”, è riuscito a dribblare, a differenza dell’Egoyan di Ararat, la gran parte degli ostacoli che l’impresa nascondeva. Siamo comunque onesti: non che Il pianista sia la miglior opera del grande regista franco-ebreo-polacco, né che sia del tutto scevra dagli impacci e dalle semplificazioni della narrazione mainstream, inevitabili in un “filmone” del genere (in originale, ad esempio, tutti parlano bellamente l’inglese, dall’ebreo del ghetto all’ultimo nazista). Ma il compromesso offertoci è onorevole, anzi, a tratti, anche qualcosa di più che onorevole. Non è facile, infatti, dopo quanto abbiamo visto per mezzo secolo in tutte le salse e in tutti i paesi raccontare la tragedia degli ebrei durante la II° guerra mondiale (in questo caso le vicende della costruzione e della distruzione del ghetto di Varsavia) senza cadere nella retorica di un facile umanismo o nell’effetto ricattatorio e buonista della “lacrima facile”. Tramite il transfert dell’autobiografia del celebre pianista Wladyslaw Szpilman da cui, grazie alla sceneggiatura di Ronald Harwood, viene raccontata un’odissea antihitleriana, la rocambolesca vicenda di sopravvissuto allo sterminio, Polanski, però, ci ha consegnato non solo una stringente e spettacolare ricostruzione della storia del Ghetto che non ha niente a che invidiare a quella compiuta a suo tempo da un altro grande filmmaker, Andrzej Wajda, per altro uno dei primi mentori del giovane Roman promettente attore e cineasta. Ma anche ci accosta alle paradossali vicende, a tratti velate da un pallido e sotterraneo umorismo, di un destino che proprio un nemico (un ufficiale tedesco meno inumano degli altri) si incaricherà di salvare. Consentendo così ad un pur imperfetto Pianista di iscriversi trai i più significativi film che sino ad oggi ci hanno trasmesso la tragedia epocale dell’Olocausto.

[ottobre 2002]

regia: Roman Polanski sceneggiatura: Ronald Harwood fotografia: Pawel Edelman montaggio: Hervé De Luze musica: Wojciech Kilar interpreti: Adrien Brody, Thomas Kretschmann, Frank Finlay, Maureen Lipman, Emilia Fox, Ed Stoppard, Julia Rayner, Jessica Kate Meyer produzione: R.P. Productions origine: Polonia/Francia/Germania/Gran Bretagna 2001 durata: 2h 28’, distribuzione: 01 web info: www.01distribution.com

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