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Il prossimo tuo

Pubblicato il 18 giugno 2009 da Simone Isola


Il prossimo tuo

Il secondo film di Anne Riita Ciccone (dopo l’esordio di L’amore di Marja, 2004), affronta il “male del vivere”, inteso come difficoltà di avere rapporti sinceri e sani con altri individui. Roma, Helsinki, Parigi sono teatro per tre drammi privati, allo stesso tempo intimi e rivelatori di un malessere diffuso.
Eeva è una hostess di terra che vive isolata in sulle rive di un lago; traumatizzata da una violenza sessuale subito durante il soggiorno in Italia, la donna si è allontanata dal consesso civile, mantenendo i soli rapporti di lavoro. Il vicino di casa è un vecchio professore di storia in pensione, Usko, che non si è mai spostato dalla Finlandia e che attende da tempo una visita di sua figlia. Tra i due il rapporto, inizialmente di profonda diffidenza, sfocia in una profonda amicizia, anche per la comune volontà di trovare una sponda e una figura cui confessare i propri turbamenti.
Il protagonista dell’episodio parigino, Jean Paul, è un giornalista di guerra scampato ad un attentato terroristico. Separato dalla moglie e dai figli, l’uomo si chiede ogni giorno perché sia rimasto in vita. Incapace di vivere con naturalezza la storia d’amore con la giovane collega Caroline, Jean Paul si rifugia nei propri istinti e cade nell’ossessione per la pornografia. L’idea, elaborata in fase di scrittura dalla Ciccone, è molto interessante e ricca di rimandi psicologici; le fantasie sessuali dell’uomo fungono da valvola di sfogo alla sua tensione sostituendosi alla corretta convivenza sociale.
E infine c’è la pittrice romana Maddalena, incapace di credere nei sentimenti e negli uomini, chiusa a guscio nella propria arte come a proteggersi da una realtà fisica intollerabile. Le vicende si evolvono in un clima di sospetto, con una tensione di fondo malcelata. Questi tre personaggi sono sull’orlo del precipizio; perdendo i contatti con le altre persone si avviano verso l’autodistruzione. Il sesso diventa ossessione, l’elemento catalizzatore di questo malessere vissuto tra le mura domestiche, la paura di affrontare il “prossimo tuo”, la violenza di un trauma non superato. Sono storie lontane tra loro, che si toccano fugacemente con piccoli pretesti, con incontri casuali o fortuiti.
Ciccone non cerca un pretesto che leghi narrativamente le vicende, come avviene ad esempio in Babel di Inarritu; l’autrice lascia scorrere le vicende parallelamente, con un montaggio alternato secco ed efficace. Purtroppo non tutti i personaggi del film si sviluppano compiutamente, anzi i loro caratteri restano per lo più abbozzati, resi approssimativamente da un racconto molto sfuggente. Eeva è il personaggio più coinvolgente, seppure le sue vicende non siano particolarmente originali; l’ambientazione perfetta, tempi di recitazione e una costruzione narrativa accurati concorrono a trasferire sullo schermo il malessere del personaggio, vittima di una violenza sessuale e bloccato in una sorta di “ipnosi” sociale che non gli permette alcun rapporto con il prossimo. Il giornalista francese piomba invece nell’autoerotismo, che non ha bisogno che del suo corpo e di quattro mura per consumare il proprio istinto. Il filo che lo legava ai suoi figli, spezzato dall’astiosa ex moglie, lo ha reso impotente e privo di calore umano. Le divisioni familiari agiscono negativamente sui singoli componenti, che lentamente scivolano nella depressione.
La regia è piacevole, molto equilibrata e attenta a captare singole sfumature negli interpreti. L’equilibrio si spezza inesorabilmente nell’episodio italiano, girato approssimativamente e privo di un particolare guizzo di scrittura; a tratti risulta anche poco credibile, come quando Elena, la ragazzina allieva della pittrice, si lancia in altisonanti sentenze sull’Arte. Così come è opinabile che una pittrice romana lasci la porta del suo laboratorio sempre aperta. Stride, poi, il doppiaggio effettuato sui personaggi stranieri, mentre tutti il resto del film è in presa diretta. Un episodio davvero incomprensibile nei suoi risvolti, che sembra essere stato scritto non perché realmente sentito, ma per completare il quadro tracciato e trasmettere con forza l’idea alla base del film. Ovvero che ogni uomo, per superare le proprie paure e i traumi, deve aprirsi al prossimo, confrontare le proprie storie con un’umanità piena di differenze ma che prova sentimenti comuni. Un’ispirazione profonda che solo di rado nel film trova espressione compiuta.


CAST & CREDITS

(Il prossimo tuo); Regia e sceneggiatura: Anne Riita Ciccone; fotografia: Fabio Cianchetti, Pasquale Mari, Fabio Zamarion; montaggio: Marco Spoletini, Luigi Mearelli; musica: Franco Piersanti; interpreti: Jean-Hugues Anglade, Maya Sansa, Laura Malmivaara, Solvei Peltola, Massimo Poggio, Matti Ristinen, Romani Hadzovic. produzione: La Trincea Cinematografica; origine: Italia, Finlandia, Francia 2008; durata: 124’


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