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ILARIA ALPI: IL PIU CRUDELE DEI GIORNI

Pubblicato il 18 aprile 2003 da Edoardo Zaccagnini


ILARIA ALPI: IL PIU CRUDELE DEI GIORNI

20 marzo 1994, periferia nord di Mogadiscio. L’inviata del tg3 Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin vengono assassinati barbaramente da un commando armato in una imboscata. Esattamente 9 anni più tardi un film si propone di far luce, ricordare, informare sull’intricato e tuttora irrisolto andamento dei fatti. Punto di partenza dell’operazione compiuta dal Regista Ferdinando Vicentini Orgnani, in collaborazione con lo sceneggiatore Marcello Fois, è la convinzione che la protagonista (ben interpretata da Giovanna Mezzogiorno) avesse scoperto un’internazionale traffico di rifiuti tossici e armi per la guerriglia. Che avesse ficcato il naso in affari sporchi e pericolosi. Perciò eliminata. Da questa ipotesi muove l’inchiesta dell’autore italiano, in equilibrio tra una lucida, vibrante ricostruzione cinematografica, e un intenso ritratto della audace giornalista della Rai. La sensazione è che si cerchi di smascherare l’intrigo non rinunciando a colpire il cuore dello spettatore. Un film politico sul modello di Rosi (o Petri) dunque, per il rifiuto della narrazione lineare e per la trasformazione del fatto di cronaca in una oscura questione di sporcizia internazionale dove si illuminano responsabilità e omissioni. Dove si esplicitano verità taciute, sparizioni di materiali, interrogatori mancati. Ma anche somiglianze col Marco Tullio Giordana di Pasolini un delitto italiano e soprattutto de I cento passi, dove l’estremismo individualistico e romanzato del protagonista devia in parte verso una concezione idealistico romantica dell’eroe. Durante il film vengono scoperte la bellezza e la purezza di una donna in prima linea contro l’ingiustizia. La sua caparbietà, l’essere giornalista in quel modo. La sentenza del regista Vicentini Orgnani è inequivocabile, anche se a molti anni di distanza non è stato individuato nessun mandante. Ma il film su Ilaria Alpi diviene anche un viaggio (avanti e indietro) nella guerra, proprio ora che la cronaca martellante della televisione racconta in diretta la folle quotidianità di un conflitto in corso. Mogadiscio come Baghdad o Sarajevo. Ilaria Alpi come Antonio Russo e Maria Grazia Cutuli. L’occhio ormai allenato dello spettatore vede scorrere immagini di repertorio, forse oggi più vere di ieri, più vicine anche se viste dalla solita poltrona. Così gli elicotteri e i soldati tra la polvere di Mogadiscio rendono tutto ancora più credibile e feroce. Il film si apre e chiude con la stessa scena (l’uccisione dei due reporter) per concentrarsi nello sviluppo sulle dinamiche che hanno portato alla agghiacciante esecuzione. Il ritmo è tenuto alto da un montaggio affannoso e da salti temporali che portano dalla Somalia a Roma alla Jugoslavia, secondo una scrittura che narra, irregolarmente, l’ultimo mese di vita delle vittime. Delle vittime, perché nell’agguato morì anche Miran Hrovatin, raccontato attraverso la bravura indiscutibile di Rade Sherbedgia, che ne evita con la sua forza il ruolo di comparsa. La speranza di molti adesso è che questo film smuova le coscienze e possa favorire la riapertura delle indagini.

[aprile 2003]

regia: Ferdinando Vicentini Orgnani sceneggiatura: Ferdinando Vicentini Orgnani, Marcello Fois, Fotografia: Giovanni Cavallini, musica: Paolo Fresu, interpreti: Giovanna Mezzogiorno, Rade Sherbedgia, Erica Blanc, Angelo Infanti, origine: Italia 2003

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